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PER UNA NUOVA PEDAGOGIA DEL PATRIMONIO

  • Pubblicato il: 14/12/2016 - 19:04
Rubrica: 
CULTURA E WELFARE
Articolo a cura di: 
Massimiliano Zane

“Cultura e arte sono fondamento di una crescita equilibrata: la sola che garantisce coesione, senso di appartenenza alla società, fiducia e rispetto per l'ambiente e per gli altri [...] non è soltanto il Pil la misura della felicità delle persone e delle comunità”, ha affermato il Presidente Sergio Mattarella, intervenendo a Mantova al convegno “Città d'arte 3.0 - Il futuro delle Città d'Arte in Italia”. Un richiamo forte al ruolo di sviluppo sia personale che civile che il nostro patrimonio culturale può e deve svolgere quotidianamente, per stimolare una coscienza diffusa e condivisa. Ma l'attuale proposta didattico-scolastica nazionale è davvero in grado di suscitare e trasmettere attenzione, stupore, meraviglia e rispetto nei riguardi del nostro patrimonio culturale? Lo considera una risorsa? Un ruolo politico, ancora troppo spesso implicito e sottinteso nella nostra formazione, soprattutto dall'attuale proposta didattica ed educativa

Un’immensa risorsa identitaria, capace di incentivare processi di facilitazione sociale, di comunicazione e mediazione; ma anche vettore per una partecipazione responsabile alla definizione e al perseguimento del bene comune. Ecco cosa può essere il patrimonio storico-artistico nella visione che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha presentato a Mantova al convegno “Città d'arte 3.0 - Il futuro delle Città d'Arte in Italia”. I luoghi della cultura qui sono riconosciuti portatori “sani” di elementi formativi, di trasformazione, interpretazione e trasmissione di sapere, valori e strumenti di relazione. Elementi imprescindibili di un'esperienza critica di cittadinanza, di opportunità e di dinamicità sociale fondamentale, come esprime UNESCO nella sua “New urban agenda: a global standard for sustainable cities” ( bit.ly/newurbanagenda ) ed ancora nell'ultimo “Global report on culture for sustainable urban development” ( http://www.unesco.org/culture/culture-for-sustainable-urban-development/pdf-open/global-Report_en.pdf. ).

Ma perchè queste necessarie piattaforme di coesione, possano concretamente tradurre il loro valore di capitale collettivo e di cittadinanza, contribuendo a un nuovo welfare, possano essere capaci di favorire benessere e coesione, occorre un modello educativo e formativo che si basi su una nuova proposta valoriale. Pensato e praticato per e con il patrimonio. Un paradigma progettuale che parta dal coinvolgimento, dalla partecipazione attiva. Patrimono storico e artisto come testo e contesto identitari, di lettura e apprendimento della e dalla complessità.
Obbiettivi di una nuova “cura educativa” che ritroviamo esplicitati, tra l'altro, nei bandi “Le pietre e i cittadini” di Italia Nostra ( http://www.italianostraedu.org/?page_id=367 ) ed in quelli aperti in seno al “Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile”, di cui Francesco Mannino parla ampiamente qui: http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/appello-alle-comunit%C3%A0-educanti.

Formazione continua che si articola sul piano temporale con diversi livelli di relazioni socialmente determinate, acquisite ed interpretate, e non solo in ambito scolastico. Pierre Gougelin individuò quattro “poli semantici” riconducibili al concetto di formazione, ma tra loro molto discosti nell’essenza di senso: Educare: nutrire, ma anche nella radice etimologica educere, “far uscire”; un piano terminologico riconducibile ad un ideale innalzamento di livello. Insegnare: segnare, che determina “il metodo”; il campo è quello dell’operatività istruttiva, dell'educazione intenzionale esercitata da un’istituzione. Istruire: instruere, disporre, inserire, equipaggiare; una sorta di organizzazione degli strumenti mentali/intellettuali utili e decisivi per il soggetto da istruire. Infine Formare: dare l’essere e la forma a una “cosa” che non ce l’ha; formare evoca un’azione mirante ad un profondo cambiamento nella persona, una trasformazione totale, un’azione globale. Formare, dunque ci appare un qualcosa che implica processi notevolmente strutturati, complessi e intrecciati tra loro in cui ci sono in gioco l’essere di chi è formato e l’essere di chi forma, ma anche il dove ed il quando avviene la formazione.
Formare non è insegnare, ma indurre ad un cambiamento profondo che è (e sarà) determinato da processi comunicativi emozionali, di co-sviluppo e co-creazione comune delle esperienze, anche attraverso il rapporto con gli oggetti che le interpretano e rappresentano.

Oggi occorre una posizione verso soggetti e oggetti definiti “culturali” che vada ben al di la del riconoscimento dato dall'istituzionalizzazione o meno di una collezione museale. Serve una pedagogia del patrimonio che miri a far ri-vivere l’héritage inteso come retaggio storico culturale personale ricevuto e da trasmettere, attuata attraverso il riconoscimento del valore personale (non economico) del bene comune e della responsabilità che questo comporta.

Ma l'attuale proposta didattico-scolastica nazionale è davvero in grado di suscitare e trasmettere attenzione, stupore, meraviglia e rispetto nei riguardi del nostro patrimonio culturale? È in grado di evitare e superare la progressiva riduzione nei livelli di partecipazione e la conseguente disaffezione al bene comune, anche a livello europeo? E i dipartimenti educazione dei musei sono usciti dalla loro posizione ancillare rispetto a curatela e conservazione? Sono strumento a “monte”, nella declinazione della strategia delle istituzioni culturali o arrivano ancora a “valle”, per mettere al lavoro programmi di ricerca decisi ed elaborati su altri tavoli?

Dal punto di vista del sistema scolastico, sortunatamente, ad oggi, ancora troppo spesso pare di no. E questo nonostante alcuni tentativi meritori di rivedere in meglio la situazione, come ad esempio il progetto europeo transnazionale HEREDUC ( http://www.hereduc.net/ ); o il nostro “Piano nazionale per l’educazione al patrimonio culturale” ( http://www.dger.beniculturali.it/getFile.php?id=129'educazione%20al%20patrimonio%20culturale ) , in cui per la prima volta in Italia si parla concretamente di “accessibilità cognitiva” al patrimonio culturale visto quale “obiettivo e strumento formativo” ed anche come “contesto ideale per promuovere l’apprendimento informale”. Un‘importante passo in avanti nel riconoscimento del ruolo educativo del patrimonio culturale, ma che ancora fatica a trovare il proprio corretto spazio di applicazione nelle condizioni d’esercizio per l'avvio un circolo virtuoso scuola – enti culturali a causa di una pluralità di soggetti racchiusi una cornice di riferimento estremamente ampia.

Ma come far si che il nostro patrimonio diventi (torni ad essere) una vera “rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale” (art. 131 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio)?

Le indicazioni individuabili dalle voci e dal confronto “sul campo” non mancano e tutte, tanto di referenti pubblici quanto dei privati, a cominciare ad esempio dalle Fondazioni Agnelli e Golinelli in primis, convergono sull'urgenza / occorrenza di ri-disegnare la funzione educativa in chiave maggiormente sistemica, anche attravrso il patrimonio, cominciando dal riconfigurarne le modalità di dialogo tra la pluralità di attori chiamati in causa:

  • revisionando i collocamenti normativi ed operativi scolastici, articolando assieme teoria e pratica, anche quotidiana e riproponendoli come centralità del POF;
  • prevedere nel DUP degli enti locali l'obbligatorierà di una sezione dove definire un piano strategico della cultura, con lo scopo di stabilire una sinergia fra politiche di sviluppo locale ed iniziative culturali;
  • promuovendo i paternariati stabili e continuativi tra istituzioni scolastiche ed istituzioni culturali verso attività formative programmatiche e non occasionali, con approcci condivisi e partecipativi sul medio e lungo periodo;
  • proponendo incentivi a supporto delle stesse e, con interventi mirati del legislatore, una puntuale definizione condivisa degli indicatori di risultato (impatti) e delle metodologie di applicazione e valutazione;
  • proponendo un metodo formativo “conoscitivo” piuttosto che nozionistico-informativo, che varchi i limiti degli ordinari argomenti scolastici e dei consueti impegni didattici progettando ed attuando percorsi didattici trasversali per tutelare il genius loci;
  • aprendo la comunità scolastica al territorio favorendo la didattica ed il lavoro sul campo in favore di modelli di educazione partecipativa, ridefinendo gli equilibri tra pubblico e privato profit e non profit;
  • sviluppando i tratti del laboratorio didattico, rivedendo ed aggiornando un glossario condiviso dei termini e dei significati della cultura e coinvolgendo le comunità e gli ecosistemi creativi dei territori;
  • elaborando una nuova narrativa creativa secondo un registro di dialogo e di racconto della memoria e dell'identità, tra rigenerazione, fruizione e interazione promuovendo il protagonismo dei ragazzi;
  • avviando una costante ricerca su valore e significato dei centri storici, che superi i modelli didattico-pedagogici “tradizionali”, scolastici e museali, per promuovere l’apprendimento collaborativo e l' “appaesamento culturale” emotivo.

E se la strada da fare è ancora molta, oggi più di ieri la sensibilità sociale, se correttamente orientata, è abbastanza “matura” per attivarsi concretamente in questo senso, incoraggiando i giovani, e non solo, alla riflessione e all'esperienza per la conoscenza e la comprensione del patrimonio e del territorio come proprio habitat; per far si che tutti noi si diventi (ritorni ad essere) parte attiva nella conservazione della nostra stessa memoria.

© Riproduzione riservata

Massimiliano Zane è Progettista Culturale, consulente strategico per lo sviluppo e la valorizzazione del patrimonio.

Biografia
S.Moscovici (a cura di), La Relazione con l'Altro, Raffaello Cortina Editore 1997
I.Padoan, L'agire Comunicativo – Epistemologia e Formazione, Armando Editore 2000
B.Sibilio Parri (a cura di), Definire la missione e le strategie del museo, Franco Angeli 2004
L.Cataldo, Dal Museum Theatre al Digital Storytelling, Franco Angeli 2011
Hopper-Greenhill, Education, Communication and Interpretation: towards a critical pedagogy in museums, Routledge, 1999
 
Foto: Borgo di Manarola 
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