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Culturability 2017: per nuove architetture sociali

  • Pubblicato il: 15/03/2017 - 08:40
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Giangavino Pazzola e Neve Mazzoleni

Avviato a Milano dalla nuova sede della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli il tour nazionale di presentazione e confronto territoriale  della quarta edizione del bando di Unipolis per la riattivazione di spazi sottoutilizzati. Obiettivo: riqualificare luoghi nei quali stabilirsi con progetti culturali e creativi a forte impatto di innovazione e coesione sociale. La call è aperta dal 16 febbraio al 13 aprile 2017 con un monte in palio superiore a 400mila euro. Il lancio milanese di culturability  – rigenerare spazi da condividere in zona Pasubio, il quartiere di Milano al centro di un processo di rigenerazione urbana e forti investimenti strutturali, è simbolico: l’area è– emblema di forte vivacità sociale e culturale sui temi della sostenibilità dello sviluppo e della qualità della vita delle persone. Coraggio, innovazione e prospettiva nel lavoro collaborativo; rapporto tra pubblico e privato come paradigma sistemico; ecologia degli attori culturali e altro ancora per parlare di un nuovo sviluppo economico basato sulla cultura – tenendo assieme gli aspetti di natura economico, sociale e ambientale
 

Milano – Dopo il Concorso Periferie, che aveva inserito il tema della “riattivazione culturale” nell’agenda dei policy makers. si torna a discutere di sviluppo socio-economico a base culturale in un posto che si alimenta di luce, e che sembra essere un tutt’uno con l’ambiente esterno. Una contaminazione e connessione continua tra chiuso e aperto, dove le grandi vetrate volute dallo studio Herzog & Demeuron per la nuova sede della Fondazione Feltrinelli rivelano la strada della possibilità e del dialogo. Se ne torna a parlare consapevoli che le strategie di sviluppo urbano culture-led incentrate su grandi eventi e istituzioni culturali tradizionali hanno spesso prodotto disuguaglianza sociale ed economica. Quasi come una reazione endogena, in tutta Italia si sono generati nuovi processi in maniera capillare da parte delle giovani comunità creative che promuovono cultura nei propri territori, rivendicando un diritto alla città (e/o alla realtà) ed evidenziando un nuovo ruolo sociale della pratica creativa: trasformare la cultura in una condizione sociale diffusa e accessibile a tutti i cittadini. Se ne torna a parlare grazie alla giornata promossa dalla Fondazione Unipolis, momento che unisce teoria e pratica, in cui è stato presentato il bandoculturability per il 2017, i cinque progetti vincitori del bando scorso e un convegno che tematizzato su cultura, inclusione sociale e sviluppo territoriale.
Il bando culturability ha ormai una storia consolidata, nato per sostenere progetti innovativi in ambito culturale, puntare su attività creative rivolte a giovani under 35, favorire processi di recupero e rivitalizzazione del patrimonio dismesso e generare una crescita sociale positivo per le comunità in cui i progetti ricadono. Culturability è stato pensato nello specifico con l’obiettivo di riqualificare luoghi nei quali stabilirsi con progetti culturali e creativi a forte impatto di innovazione e coesione sociale. La call è aperta dal 16 febbraio al 13 aprile 2017 con un monte in palio superiore a 400mila euro. Le prime quindici proposte selezionate parteciperanno a un percorso di formazione, mentre saranno cinque i progetti finalisti che riceveranno 50 mila euro ciascuno. Altri due progetti verranno selezionati e ai quali sarà attribuita una “menzione speciale” e assegnato un contributo  di 10 mila euro ciascuno.
Una nuova idea di sviluppo sociale a base culturale testimoniata dai 5 progetti vincitori di Culturability3 con la presentazione dei loro percorsi di trasformazione, in risonanza con i territori e le comunità di appartenenza (Cascinet, CasermArcheologica+Art Sweet Art, Mufant, Lab+, Hostello delle idee) e come modelli di nuove economie. Per la quarta edizione la vera novità è stata la presenza del MIBACT. Grazie alla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane, culturability infatti riconoscerà due ulteriori menzioni speciali di 10mila Euro ciascuna, oltre ai premi per i finalisti. La DG ha annunciato la sua partecipazione come effettiva presa in carico del tema della riqualificazione, e come impegno verso una più ampia accessibilità dei progetti dal basso a favore dell’innovazione culturale sul mercato, annunciando un convegno su questo tema destinato alle amministrazioni pubbliche programmato per l’8 e 9 giugno a Roma.
Alla presentazione dei progetti vincitori della scorsa edizione è seguita la conversazione su Cultura e inclusione sociale. La sfida della rigenerazione urbana, coordinata da Walter Dondi – Direttore Fondazione Unipolis, con ospiti Filippo Del Corno – Assessore alla Cultura Comune di Milano, Mario Cucinella – Architetto Studio MCA, Pier Luigi Sacco – Economista della cultura, Università IULM, Pierluigi Stefanini – Presidente Gruppo Unipol e Fondazione Unipolis.
Filippo Del Corno ha raccontato tale processo dalla prospettiva di chi cerca di costruire le politiche per interpretare questo cambiamento, declinandole al caso milanese. Il rapporto tra pubblico e privato è il primo tema ad essere indicato come nodale, in un’ipotesi di sviluppo di questo tipo. Nasce nella città meneghina dalla volontà politica dell’amministrazione Pisapia di inscrivere tale processo in un quadro di norme trasparenti e tracciabili. Dal punto di vista della rigenerazione di spazi, «l’atto fondativo è una delibera sperimentale firmata dagli Assessorati del Demanio e della Cultura, che riconoscevano la possibilità di un canone agevolato per la concessione di spazi a fronte di una valorizzazione sociale da parte di soggetti privati che concorrevano ad un bando di evidenza pubblicaQuesto passaggio ha determinato un modello di sostenibilità incentrato sull’assunzione di responsabilità del soggetto privato nel rischio di impresa sulla riqualificazione di spazi inutilizzati». Le esperienze scaturite da questa fase politica - Santeria social club e Mare culturale urbano – si sono focalizzate sull’azione culturale, nella quale riconoscevano un enorme potenziale in termini di aggregazione, di dialogo e di sviluppo occupazionale nelle industrie culturali e creative collegate. Sebbene questa azione di policy sia esaurita, dal punto di vista amministrativo, il Comune di Milano sta lavorando per avere una versione definitiva dell’azione guardando verso tre questioni cruciali: la partnership tra pubblico e privato per la riqualificazione degli spazi dovrà essere sempre più concertata, la sostenibilità economica dei progetti culturali dovrà essere perseguita anche per mezzo l’espressione di funzioni commerciali, la questione delle periferie dovrà essere affrontata con piani strategici capaci di accompagnare una visione caratterizzata da funzioni culturali e aggregative.
Un’azione sistemica ormai ineluttabile e richiamata anche da Pierluigi Sacco, quando descrive una cornice di crescita produttiva assente ormai da 15 anni. Se siamo un’anomalia assoluta rispetto a tutta l’Europa, il problema è da ricercare in altre sedi – «e magari in casa propria dove assistiamo al collasso di un modello di sviluppo che non trova un’alternativa reale. In questa prospettiva, il movimento intercettato da esperienze come Culturability ci racconta un mondo che costruisce dal basso un progetto di crescita del Paese. Un progetto che superi le formule e sia costruito su un modo di lavorare concreto, che cerca di raggiungere obiettivi e renderli sostenibili e – nel tempo – ampi scalarmente». Sacco avvisa che tale movimento di innovazione sociale a base culturale sia unico a livello europeo, considerata le caratteristiche antropologiche, l’assenza del supporto istituzionale e la molteplicità di iniziative singole. Come è possibile integrare questi due ragionamenti? Ci sono una serie di questioni chiave, la prima delle quali è quella delle aree interne. Attualmente in Italia si sta configurando un dualismo tra urbano e rurale che genera spopolamento delle aree interne, con ricadute negative nella sostenibilità ambientale, nelle economie e nelle società future di questi territori. Lavorare sull’innovazione sociale con un progetto strategico reale permetterebbe di rifondare un patto sociale con quelle popolazioni. Una modalità organizzativa orientata all’impresa sociale permetterebbe di mobilitare risorse e aggregare incentivi non solo economici, ma motivazionali
Ragionando sul tema della cultura e dello sviluppo, questi attori culturali dimostrano un cambio punto di vista sullo sviluppo culturale: non più una visione “petrolifera ed elitaria” della cultura, ma capacità di riutilizzare il patrimonio facendo leva sull’innovazione per permettere al patrimonio stesso di sostenere una precisa architettura sociale. In questo quadro, il ruolo delle metropoli è centrale: più una città vibrante come Milano sarà capace di trainare il sistema Paese, e di redistribuire lavoro in tante altre città e metropoli italiane, più lo sviluppo sarà inclusivo. Un piano strategico che deve considerare anche le reti di lavoro europee e internazionali, dalle quali capire che le idee non possono essere sostenute solo nelle fasi di lancio, ma soprattutto nella fase intermedia dove la maggior parte dei soggetti che fanno parte di questa ecologia si trovano al bivio tra fine del progetto e salto di qualità dell’esperienza. Altri paesi europei offrono supporto non necessariamente finanziario, ma di progettualità, connettività e capacitazione. Non seguire una linea simile condanna a un grande spreco di energie, di risorse e di speranze che si riflette negativamente nella propensione a lavorare in questo tipo di ciclo produttivo. 
Altro tema è l’inclusione sociale nelle trasformazioni urbane. Come possiamo usare la cultura per fare un lavoro di integrazione sensato con i migranti – per esempio – e non agire come fosse una questione di ordine pubblico? Operando dal basso – secondo Sacco – si riescono a trovare delle soluzioni che le politiche non prendono in considerazione e recepiscono a livello istituzionale. Il trait d’union è la cultura che tiene insieme la dimensione sociale e l’innovazione. 
Una vivacità di idee e progetti che non cela solo un aspetto tecnico, ma un amore di quelle persone per i territori di appartenenza, mista a coraggio e capacità di accettare sfide realizzabili. Secondo l’architetto Mario CucinellaMilano è l’unica città italiana ad aver accettato la sfida della contemporaneità. L’idea di riqualificazione è originata sia dall’impatto estetico degli edifici, sia dalla conoscenza e capacità di interpretare relazioni quotidiane. L’architettura è portatrice di educazione, di cultura e – nella voglia di rappresentarsi dell’uomo - racchiude la tensione delle relazioni sociali che un luogo è capace di accogliere. La consapevolezza di rappresentare valori riallaccia la cultura a una storia secolare, in uno scenario che presenta problemi normativi strutturali. I nuovi attori culturali sono una reazione ad un sistema faticoso, la creatività serve per superare ostacoli altrove ormai incomprensibili. Il pubblico non può essere l’unico soggetto che promuove tali progetti di riqualificazione urbana e – in quest’ottica – il privato diventa strumento utile per muovere delle leve altrimenti inutilizzabili a causa della rigidità del quadro normativo. È, inoltre, utile rilevare come la creatività sia stata l’ingrediente fondamentale in gruppi di lavoro multidisciplinari che hanno trovato delle soluzioni innovative nel campo della mobilità sostenibile, nelle politiche sociali e della gestione del patrimonio architettonico dismesso. Guardando all’Italia da altri paesi del mondo, l’impressione è che l’Italia goda ancora di una grande stima per la cultura e la creatività, ma  è prioritario riattivare un meccanismo fondato sul nostro patrimonio. Come innestare un seme che può determinare un cambiamento nel futuro delle periferie? Come saranno le aree interne nel futuro? L’architetto sostiene che sia necessario pensare ai software, invertendo l’attitudine al costruire senza una funzione territoriale specifica
In questo percorso, il gruppo Unipol, con la Fondazione Unipolis ha cercato di contribuire ad alimentare un’idea diversa di sviluppo economico, partendo dall’idea che i processi economici odierni debbano essere basati su conoscenza, qualità, creatività, aggregazione, cultura, solidarietà e capacità di rigenerare i luoghi. Il rischio è fare tanta fatica e non rispondere alla ricerca di senso e di soddisfazione di bisogni materiali e immateriali delle persone. Pierluigi Stefanini, presidente Unipolis e Fondazione Unipolis, facendo riferimento al progetto sviluppato insieme all’Università di Roma Tor Vergata l’anno scorso, descrive il progetto avviato  come risposta:  l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, network a cui aderiscono 142 tra le più importanti associazioni, fondazioni e reti della società civile – di cui abbiamo scritto nei mesi scorsi. «Il termine sostenibile è ormai abusato. L’idea di sostenibilità è una chiave fondamentale per trovare un modello alternativo a quello che abbiamo conosciuto sino ad ora. Promuovere sostenibilità è difficile, i modelli di sviluppo a base culturale promossi sino ad ora vanno da altre parti rispetto alle idee di armonia, connessione, inclusione insite nello sviluppo sostenibile. Costruire consapevolezza è importante perché abbiamo difficoltà a connettere la visione di mondo che vorremmo avere con le azioni concrete». La funzione di bandi come culturability – rigenerare spazi da condividere  è quella di far capire senso, possibilità e stabilità, includere e rendere le realtà culturali durature nel tempo. Bisogni materiali, emancipazione e conoscenza sono componenti dello stesso coraggio, avere determinazione per agire e realizzare nuovi percorsi e – eventualmente - avere attenzione delle agende pubbliche per allargare questo ecosistema per uno sviluppo dinamico e di opportunità che ormai da troppo tempo mancano nella nostra nazione.  
La natura della cultura e della partecipazione in ambito culturale sta cambiando: ciò che rende interessante è il fatto che si è annullata la distinzione tra produttori e fruitori culturali. Questo ci restituisce delle possibilità straordinarie per coinvolgere le persone in percorsi di co-creazione, per sviluppare competenze e accedere a strumenti per la produzione di contenuti culturali che un tempo erano riservati a pochi. Questa prospettiva potrebbe avere un impatto economico e sociale forte. La cultura è l’infrastruttura centrale, non lo strumento.

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