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Governance partecipata per l’impresa culturale nelle ‘Raccomandazioni’ di Ravello Lab

  • Pubblicato il: 15/10/2018 - 00:03
Autore/i: 
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Claudio Bocci, Direttore Federculture – Consigliere delegato Comitato Ravello Lab
Presentate a inizio ottobre, presso la sede del Cnel a Roma, sono state presentate le Raccomandazioni dell’edizione 2017 di Ravello Lab-Colloqui Internazionali, frutto del lavoro di un gruppo selezionato di esperti ed operatori che ogni anno si riuniscono nella località della Costiera Amalfitana per i Colloqui Internazionali su Cultura e Sviluppo, promossi congiuntamente da Federculture e dal Centro Universitario Europeo per i beni culturali. Ne scrive Claudio Bocci, Direttore Federculture – Consigliere delegato Comitato Ravello Lab.  Con l’occasione è stata presentata la prossima edizione, dal titolo “Investing in People,.investing in Culture”, in programma dal 25 al 27 ottobre prossimi, di cui il Giornale delle Fondazioni è partner. In una rotonda su Le politiche europee per la cultura e la Convenzione di Faro e in due panel distinti si tratteranno: “Audience engagement, Audience development: la partecipazione dei cittadini alla cultura”, “L’impatto economico e sociale dell’Impresa Culturale”.[1]

La risoluzione del Parlamento Europeo ‘Verso un approccio integrato al patrimonio culturale per l’Europa’ coniugata con i principi ispiratori della Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa sul diritto di partecipazione dei cittadini alla cultura, hanno rappresentato le grandi coordinate di riferimento per i Colloqui Internazionali dell’edizione 2017 di Ravello Lab. L’originale Laboratorio di analisi, riflessione e proposta che, sin dal 2006, si svolge nella splendida località della Costiera Amalfitana, si conclude ogni anno con il rilascio di specifiche ‘Raccomandazioni’ frutto del lavoro di esperti, accademici e amministratori, nell’intento di fornire utili indicazioni agli operatori che, ai vari livelli istituzionali e in ambito pubblico e privato, si confrontano sul rapporto che lega cultura e sviluppo. L’edizione 2017 di Ravello Lab ha proseguito la traccia del lavoro svolto negli anni precedenti e che ha già portato frutti copiosi favorendo l’introduzione, da parte del Mibac, di misure dirette a rinnovare la qualità progettuale per lo sviluppo dei territori (Capitale italiana della Cultura, bando Progettazione per la cultura). Il Laboratorio dell’edizione 2017 ha, quindi, preso spunto, da un lato, dalla specifica metodologia dei Piani di Gestione Unesco come modello di riferimento per affermare un approccio di pianificazione strategica e di progettazione integrata e partecipata, e, dall’altro,  dalla necessità di introdurre una nuova formula di impresa culturale, innovativa, sostenibile e in grado di tenere insieme risultati economici e valore sociale, quale esito di una sempre più consapevole governance interistuzionale di ambiti territoriali omogenei. Il gruppo ristretto ed interdisciplinare di panelist che si è ritrovato a Ravello nell’ottobre 2017, in particolare, è stato invitato ad approfondire due tematiche fortemente interconnesse, in grado di favorire lo sviluppo locale a base culturale:
Panel 1: Pianificazione strategica e progettazione partecipata
Panel 2 : L’impresa culturale tra risultato economico e valore sociale
 
Dalle riflessioni del Laboratorio di Ravello sono quindi emerse le seguenti Raccomandazioni:
 
Panel 1 – Pianificazione strategica, progettazione e valutazione
In continuità con la precedente edizione di Ravello Lab, i lavori del Panel 1 sono stati focalizzati sui modelli e sugli strumenti oggi disponibili per la tutela, valorizzazione e gestione del patrimonio culturale in grado di  favorire uno sviluppo sostenibile ed inclusivo dei territori. In questo contesto i numerosi interventi hanno seguito alcune specifiche linee di riflessione riconducibili a:
  • Trasferibilità, con opportuni adattamenti, del modello di Piano di Gestione dei Siti Unesco nei processi di valorizzazione e gestione delle risorse locali secondo approcci di progettazione integrata e territoriale;
  • Metodi, strumenti ed esperienze di pianificazione strategica per la valorizzazione del patrimonio culturale;
  • Rafforzamento dei processi valutativi di piani, programmi e progetti per la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale individuando appropriati metodi e strumenti di misurazione dei risultati;
  • Esigenze formative e di incremento della capacity building.
 
  1. I Piani di Gestione dei Siti Unesco come strumento di progettazione integrata e partecipata e come riferimento di metodo
 
Il modello di Piano di Gestione (PdG) dei Siti Unesco costituisce un valido riferimento di metodo nell’impostazione di processi di valorizzazione integrata di contesti territoriali connotati dalla presenza di dotazioni culturali.
È necessario assumere una visione strategica di medio-lungo termine nei processi di valorizzazione territoriale orientati alla salvaguardia del patrimonio culturale ponendoli in diretta relazione con gli strumenti di pianificazione territoriale e locale e in specifica corrispondenza con la pianificazione paesaggistica
Lo stretto legame tra cultura materiale, immateriale e contesto ambientale determinano le specificità e il valore dei luoghi. La salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio immateriale deve rappresentare una componente dei piani di valorizzazione e gestione, così come sancito dalla Convenzione Unesco del 2003 e sostenuto dalla più recente Convenzione di Faro,
  • Dovranno essere definiti quadri di governance calibrati sulle specificità del progetto e dei contesti locali intesi in termini di componenti istituzionali, economiche e della società civile, per assicurare l’applicazione di meccanismi di partecipazione lungo tutto il ciclo del processo (pianificazione, attuazione, monitoraggio e valutazione);
  • È necessario assumere un modello operativo che declini strategia, obiettivi e risultati attesi in azioni puntuali, identificando soggetti attuatori, risorse umane, fonti finanziarie, tempi di realizzazione, indicatori di risultato;
  • Deve essere diffusa ed acquisita una nuova cultura della valutazione, applicata a tutte le fasi del processo di programmazione ed attuazione e alle diverse scale dell’intervento, che consenta dapprima di individuare i fabbisogni e definire le relative priorità e gerarchie e quindi di valutare il conseguimento dei risultati attesi:
  • Tra gli strumenti efficaci che hanno accompagnato le attività di gestione dei Siti Unesco, va annoverata  la legge n. 77 del 2006 che ha consentito di realizzare nei vari Siti Unesco non solo interventi di restauro ma anche attività di comunicazione, animazione, didattica e, in alcuni casi, una gestione innovativa che ha qualificato l’offerta culturale.
  • Pianificazione strategica e approccio territoriale per la valorizzazione del patrimonio culturale
Il tema della pianificazione strategica, dei dispositivi normativi e degli strumenti che accompagnano la sua definizione e implementazione è stato al centro di numerosi interventi che hanno ampliato la riflessione dall’ambito Unesco ad altre esperienze nazionali, portando alla luce risultati conseguiti, criticità riscontrate, nodi irrisolti. Un’attenzione particolare è stata rivolta all’istituzione dei Poli Museali regionali, di cui alla Riforma del MiBACT, e alla loro operatività. In questo contesto sono emerse le seguenti raccomandazioni:
  • E’ necessario promuovere e accompagnare processi di pianificazione strategica culturale, già intrapresi in diversi contesti regionali e locali, sostenuti anche da innovative leggi di settore, valorizzando il ruolo degli strumenti a disposizione maggiormente orientati a favorire il confronto e l’integrazione interistituzionale per la definizione di scelte condivise che pongano al centro il territorio e le comunità locali. I Piani strategici di sviluppo culturale, collegati agli Accordi di valorizzazione di cui all’art. 112 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, costituiscono strumento privilegiato cui dare nuovo impulso anche alla luce delle competenze attribuite ai Poli museali regionali dalla Riforma del MiBACT;
  • Nonostante l’avvenuta istituzione dei Poli Museali regionali, il “sistema museale integrato” a scala territoriale risulta oggi un aspetto incompiuto della riforma. E’ necessario, dunque, rendere pienamente operativi i Poli Museali regionali per consentire attraverso gli opportuni confronti istituzionali la definizione di quadri di pianificazione di ampio respiro e di medio-lungo termine.
  • Sul piano operativo è opportuno dare continuità ad alcune preziose iniziative quali:
  •  Il progetto “MuSST”, promosso dalla Direzione Generale Musei, finalizzato a creare le condizioni per la costituzione del Sistema Museale Nazionale integrato, sostenendo l’avvio di un dialogo fra le diverse realtà museali pubbliche e private del territorio, incoraggiando i Poli Museali regionali esistenti nella promozione di reti locali che favoriscano la valorizzazione partecipata;
  • Il bando per il sostegno alla progettazione integrata di scala territoriale/locale per la valorizzazione culturale rivolto alle amministrazioni comunali delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, promosso dal Segretariato del MiBACT in collaborazione con l’ANCI nell’ambito del Piano di Azione e Coesione (PAC) 2007-2013;
  • Progetto operativo MiBACT a valere sul PON Governance e Capacità istituzionale 2014-2020. In continuità con i progetti del MIBACT finanziati nei precedenti periodi di programmazione, è opportuno che la nuova edizione del progetto sia indirizzata, tra l’altro, verso azioni di rafforzamento della capacity building in materia di progettazione integrata delle amministrazioni di diverso livello istituzionale coinvolte nei processi di valorizzazione territoriale su base culturale.
 
  1.  Valutare gli investimenti in cultura
Numerosi interventi hanno espresso una diffusa esigenza che i piani e i progetti di valorizzazione e gestione sia di scala territoriale/locale siano accompagnati da analisi valutative in grado di dare riscontro degli effetti dell’investimento e di orientare correttamente l’utilizzazione delle risorse pubbliche.
  •  In particolare, si riconosce la necessità che venga promosso, nelle sedi più opportune, un confronto pubblico e partecipato dedicato alla definizione di una metrica valutativa idonea a rappresentare in modo esaustivo le politiche di tutela, valorizzazione e gestione innovativa dell’offerta culturale. Non soddisfano pienamente, infatti, gli indicatori tradizionalmente utilizzati per valutare gli effetti degli investimenti in cultura, prevalentemente rappresentativi della fruizione turistico-culturale e in parte della dimensione economica, mentre è del tutto trascurata la dimensione sociale che pure appartiene profondamente alle politiche culturali;
  • Anche nella valutazione dei più tradizionali interventi di manutenzione e restauro,  consapevoli dell’esistenza di una specificità culturale, sarebbe opportuno introdurre criteri di premialità nella selezione di progetti di investimento in restauro di opere, purchè saldamente agganciati a piani di valorizzazione e gestione.
 
  1.  Capacitazione territoriale e nuove competenze
La necessità di mettere in campo un’azione diffusa e sistematica di aggiornamento delle competenze degli operatori pubblici e privati che operano nel settore E’ stato segnalato, in particolare, un vero gap di competenze nella “cultura dell’interdisciplinarietà” che è determinante per affrontare e gestire processi di progettazione integrata territoriale a fronte invece di eccellenze dei nostri sistemi formativi in discipline settoriali. Ne sono emerse le seguenti raccomandazioni.
  • E’ necessario colmare il deficit di formazione e competenze idonee ad elaborare politiche integrate di valorizzazione. Né le amministrazioni pubbliche né il territorio sono al momento preparati ad affrontare e gestire progetti integrati. E’ urgente individuare forme e modalità per integrare la formazione oggi rilasciata dalle scuole e dalle università affinché possano essere costruite “competenze trasversali” in grado di gestire progetti di sviluppo territoriale. Di un tale indirizzo dovrebbe tener conto anche la Scuola del Patrimonio del Mibac che si appresta ad entrare a regime;
  • Va incoraggiata una nuova qualità di attività di formazione/sensibilizzazione deputate alla formazione di nuovi profili professionali in grado di gestire complessità interdisciplinari e intersettoriali proprie dei progetti di sviluppo territoriale. Altresì, sarebbe assai utile l’istituzione di una Scuola di governo locale per lo sviluppo a base culturale, rivolta in primo luogo ad amministratori e funzionari pubblici chiamati a declinare correttamente il rapporto tra cultura e sviluppo;
  •  Il 2018, Anno Europeo del Patrimonio Culturale, può essere l’occasione per il lancio di programma speciale promosso dal MIUR e dal MiBACT per spingere le scuole a scoprire il patrimonio culturale delle proprie città e territori.
 
Panel 2 - L’impresa culturale tra risultato economico e valore sociale
La figura giuridica dell’impresa “culturale e creativa” è stata introdotta nell’ordinamento italiano, riconoscendole possibili benefici di natura fiscale (Legge di Bilancio L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, cc. 57-59), quale impresa o soggetto il cui oggetto sociale consiste in via esclusiva o prevalente nell’ideare, creare, produrre, sviluppare, diffondere, conservare, ricercare e valorizzare o gestire “prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei, nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati”.
Il Codice che disciplina gli enti del Terzo Settore, di recente adozione, prevede che soggetti non profit possano svolgere attività nel quadro di interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio o con riferimento all’organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura o di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso.
La recente riforma del Sistema Camerale prevede che le Camere di Commercio possano svolgere, singolarmente o in forma associata e nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, funzioni relative alla “valorizzazione del patrimonio culturale nonché allo sviluppo e alla promozione del turismo, in collaborazione con gli enti e organismi competenti
Le Industrie culturali e creative (ICC) rappresentano un comparto che negli ultimi anni in Italia ha ottenuto riconoscimento, visibilità e attenzione, guadagnando un ruolo di tutta evidenza nelle politiche di investimento settoriale e di sviluppo territoriale.
Questo ampio quadro normativo apre importanti spazi al fare impresa in cultura, sia con finalità profit che non profit, che se adeguatamente sostenuta dalle policies pubbliche (statali e regionali), potrebbero determinare importanti riflessi sullo sviluppo di nuove imprese e nuova occupazione, con particolare riferimento al Mezzogiorno.
Nel più ampio contesto dell’Industria culturale e creativa, In particolare, lo scambio di opinioni e il dibattito tra i partecipanti al Panel 2 hanno prodotto una sostanziale convergenza sulla specificità dell'impresa culturale orientata alla pubblica fruizione; un’impresa, innovativa e sostenibile, non orientata al profitto economico ma al dividendo sociale
Un’impresa:
  • immersa nello spazio pubblico - ed ha quindi necessariamente a che fare con la politica - che necessita di essere inserita in un flusso decisionale strutturato (strategie, programmi, piani, risorse dedicate);
  • che si confronta responsabilmente con i principi e gli impegni della tutela - che dunque devono trovare adeguato spazio nell'organizzazione e nei bilanci - e della fruizione, cui può fornire notevoli innovazioni, sia sul piano dei servizi, che dei linguaggi e delle relazioni con l'audience, soprattutto con riferimento alle persone che non hanno contatto tradizionale con i prodotti culturali;
  • in grado di produrre valore sociale, culturale ed economico, con importanti riflessi sullo sviluppo di nuove imprese profit-oriented e di nuovi bacini di occupazione;
  • In tal senso la natura giuridica pubblica o privata, il profilo profit o no profit dei soggetti, o la sola reddittività finanziaria dell’attività o del progetto, non dovrebbero costituire (gli unici) elementi discriminanti;
  • L’approfondimento intorno alle attività più proprie e caratterizzanti l’industria culturale e creativa deve necessariamente integrare gli enti del Terzo Settore (che non sono solo le imprese sociali);
  • Occorre affinare il bagaglio metodologico sia per identificare sia per valutare lo spazio delle attività proprie dell’impresa culturale, soprattutto sul piano qualitativo, e introducendo criteri di efficienza e di qualità rendicontabili (accountability) ad una governance evoluta, in grado di assegnare e valutare corretti obiettivi di partecipazione e di integrazione sociale oltreché di sostenibilità economica.
Costruzione e implementazione di politiche per le ICC
  • Una visione condivisa a livello nazionale ed una più approfondita conoscenza del settore può favorire la costruzione di politiche fiscali unitarie e l’avvio di politiche “industriali” solide e strutturate dotate di adeguati strumenti e meccanismi attuativi;
  • Serve dare risposte concrete e coerenti ai fabbisogni di alleanze, collaborazioni, partenariati tra pubblico e privato nella filiera della valorizzazione e della gestione di beni e servizi collegati al patrimonio culturale, e alla cultura più in generale (a partire dalle previsioni dell’art. 151 del Codice degli Appalti), favorendo relazioni tra amministrazioni e imprese, solide, durature e affidabili, assicurando contesti politico-amministrativi stabili, regole chiare e prevedibili, parametri di intervento predefiniti;
  • Occorre individuare meccanismi e favorire l’applicazione di strumenti per la co-pianificazione e la co-progettazione partecipati dai soggetti titolari/detentori di beni e servizi in ambito culturale e dai soggetti coinvolti nella loro gestione (concessionari e oltre), nell’ottica della sostenibilità dei progetti gestionali e del perseguimento di obiettivi comuni di  incremento del valore culturale e sociale;
  • Serve trovare spazi di sperimentazione per forme gestionali nuove, come il caso della Fondazione di Partecipazione, che configura una formula interessante per la gestione di beni culturali di appartenenza pubblica, con particolare riferimento ai casi di patrimonio culturale diffuso appartenente a diversi livelli istituzionali, in grado di garantire un equilibrio tra la natura pubblica del patrimonio e una sua efficiente gestione, partecipata con il coinvolgimento dalla comunità di riferimento secondo l’ispirazione della Convenzione di Faro;
  • Deve essere definito il ruolo delle Camere di Commercio ed il loro possibile contributo nell’ambito dei processi indicati, in considerazione delle nuove potenziali funzioni ad esse assegnate in materia di valorizzazione del patrimonio culturale e di sviluppo e promozione del turismo, e in collaborazione tra pubblico e privato.
In occasione della presentazione delle Raccomandazioni di Ravello Lab 2017, è stato presentata la prossima edizione in programma dal 25 al 27 ottobre p.v. che, sotto il titolo Investing in People, Investing in Culture, prevede una tavola rotonda su Le politiche europee per la cultura e la Convenzione di Faro e due panel distinti che tratteranno:
  • Audience engagement, Audience development: la partecipazione dei cittadini alla cultura;
  • L’impatto economico e sociale dell’Impresa Culturale.
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[1] Il 2 ottobre scorso, presso la sede del Cnel a Roma, sono state presentate le Raccomandazioni dell’ultima edizione di Ravello Lab-Colloqui Internazionali. La presentazione, dopo l’indirizzo di saluto del Presidente del Cnel, Tiziano Treu, è stata curata dal Presidente del Comitato Ravello Lab, Alfonso Andria e dal Presidente di Federculture Servizi, Umberto Croppi. Alla tavola rotonda che ne è seguita sono poi intervenuti: Vito Borrelli, Vice Capo Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Paolo De Nigris, Sociologo della Comunicazione, Anna Misiani, del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio, Luigi Paparoni, Direttore Brand Identity di Confindustria e Fabio Pollice dell’Università del Salento. Le Raccomandazioni di Ravello Lab 2017, frutto del lavoro di un gruppo selezionato di esperti ed operatori che ogni anno si riuniscono nella località della Costiera Amalfitana per i tradizionali Colloqui Internazionali su Cultura e Sviluppo, promossi congiuntamente da Federculture e dal Centro Universitario Europeo per i beni culturali.