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Ottobre. All’insegna della crescita economica globale

  • Pubblicato il: 11/10/2017 - 10:18
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SCENARI DI INVESTIMENTO
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Classis Capital
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Dopo le elezioni in Germania e la crisi della Catalogna, è lecito dubitare sulla possibilità che lEuropa approfitti della Presidenza Trump per prendere la leadership del mondo occidentale. Il dollaro ha interrotto il percorso di indebolimento, aiutato anche da dati di occupazione e crescita salariale forti: è quasi certo lintervento sui tassi FED entro lanno. I tempi sono maturi in Europa per la fine del QE e, quindi, riteniamo inevitabile un rialzo dei tassi a lungo termine e degli spread sui corporate bond. Per quanto riguarda lo spread del BTP, i mercati stanno sopravvalutando limportanza dellincertezza elettorale. Se leconomia mondiale si riprende con forza, anche leconomia italiana seguirà. Indipendentemente dalla coalizione che governerà nella prossima legislatura
 


Le elezioni in Germania e la crisi catalana hanno purtroppo ridotto la speranza che l’Europa possa fare da contraltare agli Stati Uniti negli anni della Presidenza Trump. Quest’ultima purtroppo ha aggiunto nel corso del trimestre estivo altri primati negativi. La crisi nordcoreana raggiunge livelli di tensione sempre più elevata. Le parole roboanti non hanno fatto altro che suscitare una preventiva dimostrazione di forza da parte della Corea del Nord, rendendo sempre più palese l’inadeguatezza della Presidenza USA nel gestire il complesso scacchiere delle relazioni internazionali. Ancora più preoccupante è l’intenzione di stracciare l’accordo nucleare con l’Iran, senza avere chiara l’alternativa.

Mentre la Presidenza Trump si conferma come il fattore di maggiore destabilizzazione a livello globale, i prossimi trimestri vedono riemergere i rischi geopolitici in Europa. Le elezioni in Germania hanno registrato un fortissimo arretramento dei due partiti, CDU-CSU e SPD, della coalizione che ha governato il paese. La SPD, al minimo storico del secondo dopoguerra, ha già annunciato il passaggio all’opposizione. Questo costringe la CDU-CSU ad una coalizione con i Liberali e i Verdi.

La premiership di Angela Merkel non è ovviamente in discussione, ma non è affatto chiaro se quello che emergerà dalle trattative sarà un governo convintamente europeista. Il fatto che il carismatico ministro delle finanze, Wolfgang Schauble, lascerà il posto ad una personalità espressione del partito liberale potrà essere salutato positivamente da chi ha visto la gestione della crisi greca solo dal punto di vista di un osservatore mediterraneo. Ma, a parte il fatto che i liberali tedeschi sono su posizioni molto più rigoriste della CDU/CSU, l’Europa perde uno dei suoi paladini, come ebbe a riconoscere lo stesso Varoufakis.

Il progetto di rilancio della costruzione europea del Presidente francese Macron potrebbe pertanto venire seriamente ridimensionato nelle sue ambizioni. Per quanto riguarda i paesi “periferici”, Spagna e Italia presentano nuovi rischi ed espongono la debolezza istituzionale di un’Europa che vuole superare le dimensioni nazionali ma finisce inesorabilmente per esserne condizionata. La situazione catalana è forse quella che desta maggiore preoccupazione. Non tanto per i rischi di guerra civile o di repressione autoritaria che alcuni osservatori paventano. Piuttosto per l’incapacità delle istituzioni europee di governare i tanti eventi imprevedibili che possono colpire un continente così eterogeneo. Per quanto riguarda l’Italia, i mercati si preoccupano forse in maniera eccessiva delle prossime elezioni. Con il sistema elettorale attuale, qualunque governo dovrà essere necessariamente di coalizione e guidato da personalità senza una forte leadership. La debolezza intrinseca del prossimo governo italiano non sfocerà in dinamiche anti-europee. Al contrario, sarà più semplice per le istituzioni comunitarie controllare il rispetto ad esempio dei piani di consolidamento fiscale.

Le previsioni di Classis sulla direzione della politica monetaria all’inizio del III trimestre (v. articolo di luglio) sono state sostanzialmente corrette, tempistiche a parte, in quanto si pensava ad una decisione in merito al tapering del QE già a settembre da parte della BCE rispetto alle indiscrezioni emerse successivamente che lasciano intendere una dilazione di un solo mese. Anche il dollaro ha seguito il sentiero di rafforzamento indicato, fatto salvo per il riemergere a fine trimestre di timori sulla tenuta politica dell’Europa legati all’esito delle elezioni tedesche e alla repressione violenta delle istanze indipendentistiche della Catalogna.
Fortunatamente, in questo scenario politico incerto, la crescita economica si conferma più forte del previsto ed estesa a tutte le regioni del mondo con un tasso di crescita del commercio e dell’economia mondiale molto vicino a quelli che si registravano prima della crisi Lehman, quando il livello del 4% era considerato lo spartiacque tra crescita ed espansione.

Come conseguenza quindi di questa crescita robusta, non sorprende che le probabilità assegnate dal mercato al fatto che la Fed aumenti ancora i tassi d’intervento prima della fine dell’anno siano passate da zero ad oltre l’80% nel giro di poche settimane con un dollaro che ha prontamente reagito, tamponando la caduta nei confronti dell’euro e riportandosi a quota 1,17-1,18.

In Europa invece il mercato si aspetta l’annuncio del tapering del QE da parte della BCE prima della fine dell’anno fine di una politica monetaria ultra-espansiva senza senso, perché anche se il ciclo economico è più indietro rispetto a quello USA e le pressioni inflazionistiche più modeste, la BCE sta ancora pompando 60 miliardi di euro al mese come se l’economia fosse in crisi di liquidità o in profonda recessione che non è.
Cosi anche l’instabilità politica italiana desta poche preoccupazioni sui mercati, in quanto   se l’economia europea e mondiale cresce, anche la nostra seguirà indipendentemente, da una situazione più o meno stabile a livello governativo. Al contrario, un governo debole, espressione di un Parlamento fratturato, rende più semplice per l’Europa imporre la direzione desiderata al nostro Paese.

Previsioni rosee per gli investimenti nell’ultimo trimestre dell’anno dove vista la crescita economica in essere e la conseguente normalizzazione delle politiche monetarie, si sconsigliano le obbligazioni governative e investment grade, drogate da anni di QE, mentre le azioni rimangono la scelta preferibile senza distinzioni particolari di area valutaria. Grazie infatti alla globalizzazione, per le multinazionali, le oscillazioni dei cambi non dovrebbero più determinare grossi sconvolgimenti a livello di bilancio ed anche se la diversificazione valutaria non ha molto pagato in quest’ultimo anno, ed il dollaro è ancora in un trend di medio termine di indebolimento, attraverso le azioni è bene mantenerne comunque una quota, come altrettanto è bene mantenere una certa esposizione ai paesi emergenti.

Invece a livello settoriale le scelte corrette potrebbero favorevolmente incidere sui rendimenti e chi fortemente penalizzato negli scorsi anni, ora in recupero, potrebbe rafforzarsi ulteriormente se i tassi dovessero salire. Uno su tutti il sistema bancario che, pur rimanendo schiacciato dal peso di una regolamentazione talvolta eccessiva, dovrebbe beneficiare di un recupero di redditività attraverso il margine d’interesse. 
 
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