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Ogni segno è un progetto: questione di etichetta

  • Pubblicato il: 16/06/2017 - 19:24
Autore/i: 
Rubrica: 
SAPER FARE, SAPER ESSERE
Articolo a cura di: 
Catterina Seia

La filiera agroalimentare, di cui il vino è espressione emblematica di successo per l’Italia, è in crescita e in forte cambiamento. Numerosi i driver che stanno guidando le trasformazioni. Ne parliamo con il prof. Luca Fois del Politecnico di Milano, ideatore del corso di alta specializzazione “Wine and system design”, perché il ripensamento strategico parte dal prodotto per toccare tutta la sfera immateriale, dell’esperienza, del sistema territoriale, pensando a pubblici sempre più globali, con cultura di progetto e competenze di team sempre più interdisciplinari. Va in questa direzione la nuova MasterClass ”Questione di etichetta”, parte del ciclo Arti-Texture, varato dalla Fondazione Exclusiva, “un innovativo strumento di formazione e  un’opportunità di inserimento professionale per i giovani creativi.” Call on air fino al 5 luglio.
 


  
La filiera agroalimentare, di cui il vino è punta di diamante per l’Italia, è in crescita e sta vivendo un periodo di forte cambiamento.
Numerosi i driver che stanno guidando le trasformazioni; tra questi la necessità di orientare i processi di crescita verso nuovi modelli di business capaci di includere l'enoturismo, i servizi e le esperienze; le scoperte scientifiche e le tecnologie (anche ICT) che stanno facendo evolvere i processi produttivi, distributivi e di consumo (Smart Agriculture), le professioni a partire da un nuovo ruolo dell’imprenditore (più strategico e capace di gestire modelli di business contemporanei, sempre più complessi), degli operatori (che possono avere un ruolo attivo nei progetti di innovazione), dei consulenti (che devono poter gestire progetti multidisciplinari e di sistema a livello locale e globale) e delle istituzioni che devono contribuire a facilitare il rafforzamento di reti locali e globali (promuovendo i consorzi e le aggregazioni).
 
I più recenti dati di crescita dei mercati internazionali confermano la tendenza positiva. Oggi una bottiglia su cinque esportata è made in Italy, con un aumento del 575% rispetto a 30 anni fa, epoca dello scandalo del metanolo[1]. In termini di fatturato il primo mercato di esportazione è rappresentato dagli Stati Uniti che hanno sorpassato la Germania, davanti al Regno Unito. Negli ultimi anni si sono aperti nuovi mercati, in primis gli euro-asiatici, partendo dalla Cina, paese in cui l’import dall’Italia è cresciuto di 300 volte in dieci anni (80 milioni di euro nel 2015. +15% nel primo quadrimestre 2017). La Russia - che nell’ultimo biennio ne aveva contratto le importazioni a causa della crisi economica che pare oggi superata - nel primo trimestre del 2017 ha aumentato di oltre il 50% l’import di vini dal nostro paese (Fonte: Nomisma-Wine Monitor su dati GTI, Dogane).
Lo scenario internazionale che apre a nuove opportunità di collaborazione e distribuzione, presenta allo stesso tempo  criticità, rischi e incertezze gravide di conseguenze. I consumatori stanno aumentano la loro consapevolezza specialmente nei paesi cosiddetti sviluppati e affrontano l’acquisto e il consumo in modo sempre più critico.
I mercati eurasiatici in rapida crescita presentano importanti opportunità commerciali unite ai rischi connessi al particolare contesto di mercato, regolato da gusti, sensibilità, normative e richieste molto diverse da quelle europee. Internazionalizzare il prodotto non è esportare, ma è costruire una presenza e un dialogo nel paese straniero, studiando le caratteristiche del consumatore. In Italia il vino si beve a tavola o negli aperitivi. In Cina è goduto in molte altre occasioni, è un momento sociale.
L’Unione economica euroasiatica sta lavorando all’approvazione del Codice unico del Vino e dell’Alcol, una normativa sistemica per la circolazione dei prodotti alcolici nei cinque Paesi dell’Unione: Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia, Kirghizistan. Una sola porta di accesso per un mercato di 180 milioni di consumatori.
La sostenibilità ambientale e sociale è il nuovo parametro di valutazione e orientamento dei processi di innovazione e di sviluppo di modelli di business: nella scelta di consumo sono rilevanti i materiali, la loro origine, come e dove vengono distribuiti.
 
La comunicazione si sta evolvendo attraverso nuove modalità di storytelling capaci di fare emergere i valori immateriali e culturali che sottendono ai prodotti. Assume una crescente importanza il rapporto di fiducia tra produttore, distributore e consumatore.
 
Da questo scenario è nato al Politecnico di Milano il corso di Alta Formazione in “WINE & System design”, riti oggetti e territorio per far sistema intorno al vino, tra i pochi a livello internazionale,  pensato per formare una nuova generazione di  professionisti, imprenditori, startupper, consulenti, tecnici, operatori del settore e appassionati, interessati ad esplorare come il progetto possa mettersi al servizio dell’intera filiera del vino e dei suoi territori, in grado di gestire processi di progettazione complessi. Ne parliamo con il codirettore, il prof. Luca Fois, che al Politecnico di Milano è docente del corso di “Design degli eventi” della facoltà di Design del Politecnico di Milano, un industry lab per le industrie culturali e creative.  “Il vino è  il miglior social media 2.0 non digitale: accompagna, si condivide, si dona,  è portatore di relazioni per avere buone relazioni. E’ esempio emblematico di un sistema complesso: racchiude elementi intrinseci del prodotto (come qualità, salute, genuinità, tipicità) ma è anche il fulcro di elementi di servizio (packaging, distribuzione, logistica, conservazione, scarti ecc.) e di elementi immateriali (storytelling, brand strategy, ritualità, tradizioni, culture locali). A rendere ancora più complesso il progetto di valorizzazione della filiera del vino contribuisce lo scenario internazionale che richiede progettualità strategiche, gestionali e comunicative in grado di legare il locale al globale.  Si stima che i valori culturali e simbolici di cui il vino è portatore, valori immateriali, emotivi e intellettivi, rappresentino mediamente il 75% del valore economico del prodotto.
L’Italia è prima in Europa per numero di vini con indicazione geografica. La grande quantità di prodotti e produttori, che ci differenzia rispetto alla Francia, impone una comunicazione strategica, la capacità di “rompere il rumore di fondo”, raccontare i valori immateriali specifici, immateriali, il territorio, concetto che  supera il  terroir francese, la vigna, per connettersi alle peculiarità di un paese che è “museo diffuso”.  Al centro di ogni strategia va posta “la user experience. I clienti vogliono sulle loro tavole la narrazione. Se visitano, vogliono sentirsi esploratori e non turisti, con esperienze che lasciano il segno. Nei luoghi della produzione, ogni elemento fa la differenza: il modo in cui vengono accolti, i percorsi locali,  gli accessori, sono parte della creazione di immaginari, premessa delle scelte di consumo“.
 
L’Italia può trarre vantaggio competitivo se sviluppa il concetto di sistema, andando alle radici del prodotto “a tutto ciò che lo riguarda prima che nasca, le materie prime, fino alla fine, il suo riuso e smaltimento, passando dall’uso.” La sfida, “connessa anche al ritorno di nuove generazioni alla campagna”,  coinvolge viticultori che vogliono migliorare la propria impresa, superando un  meccanismo verticale agroalimentare di produzione e vendita, per diventare un brand,  avere anche  una autonoma presenza sul mercato e vendere al di fuori del proprio circuito, ma nel contempo si apre a “nuove  professioni che si nutrono dell’innovazione tecnologica che cambia in meglio processi e anche  relazioni umane”.
 
Il primo contatto visivo tra il prodotto e il consumatore avviene attraverso l’etichetta, un vero e proprio storyteller: carta d’identità del vino e biglietto da visita con il quale il produttore si rivolge al suo cliente, lo attrae per l’acquisto.  Se l’etichetta deve trasmettere correttamente i dati tecnici previsti dalla legge e relativi al prodotto destinato al consumo, deve soprattutto  comunicare il sistema di valori nel quale il prodotto è nato. Nonostante la crescente attenzione che il mondo del vino presta allo storytelling e al marketing tradizionale, la traduzione dell’etichetta e il suo adeguamento ai mercati esteri, però, si limita generalmente ai soli aspetti tecnici e di legge, trascurando spesso il valore della comunicazione visiva, che possiede codici e canoni propri da cultura a cultura, da Paese a Paese.
 
“Design inteso come progettualità creativa al servizio di strategia di crescita e qualificazione aziendale e territoriale.” Il prof Fois è referente scientifico della nuova MasterClass lanciata da Fondazione Exclusiva, ”Questione di etichetta”, call per giovani creativi, parte dell’originale ciclo Arti-Texture ideato dall’ente, espressione dell’omonima impresa di design (opportunità di iscrizione aperta  fino al 5 luglio).  “Per competere su un mercato sempre più agguerrito e presidiato da numerosi competitor, occorre pensare a etichette diverse per i mercati diversi, così come indossiamo vestiti diversi in base ai contesti e alle occasioni. Simboli e riti cambiano di paese in paese e la comunicazione “emozionale e razionale” deve essere studiata e progettata sulla base di una conoscenza specifica: ogni segno è un progetto.
L’innovativo progetto formativo ARTI_TEXTURE che  si fonda sulla trasversalità dei saperi con la metodologia del design thinking, consente ai giovani creativi di esprimere il proprio spirito di innovazione ed entrare in relazione con le imprese interessate a realizzare i loro prototipi,  qualora esistano le condizioni,  creando opportunità di inserimento professionale. “Nell’immaginario collettivo è ancora diffuso il pensiero che creatività e  innovazione  siano  sinonimo di big idea. L’idea geniale. Credo invece che oggi non esistano idee geniali, ma la  possibilità concreta di innovare spostando l’attenzione dall’output finale, prodotto o servizio che sia, al processo che conduce a esso. La creatività come espressione di un genio collettivo che predilige, l’intelligenza del gruppo rispetto al talento del singolo” commenta Giorgia Turchetto, segretario generale della Fondazione.
 
In occasione del progetto (Arti-Texture parte da Roma per toccare Ostuni; due workshop, più un programma intenso di appuntamenti seminariali rivolti sia a produttori che a professionisti, figure trasversali, dagli  architetti alla grafica, che lavorino in team, con metodo di progetto)  la Fondazione Exclusiva ospita presso la propria sede romana, conosciuta per format di confronto interdisciplinari,  una raffinata e originale  mostra di arte applicata che racconta il design italiano dell’agroalimentare in 60 etichette, comprendenti vini, birre, spiriti e alimenti, eterogena nei linguaggi, stampate su speciali carte adesive prodotte da Arconvert-del gruppo Fedrigoni, leader mondiale del settore. La mostra si propone di fornire suggestioni, ispirazioni e occasioni di approfondimento sul rapporto tra label e brand.
Una filosofia che parte dal vino, ma si può estendere a tutto il settore dell’agroalimentare. “Anche all’oliva ascolana, oggetto di valore e di consumo”. Aprendo praterie di opportunità ci saluta il prof.Luca Fois.

 
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[1] ”Accade domani. A 30 anni dal metanolo, il vino e il made in Italy verso la qualità”. Coldiretti e Fondazione Symbola