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Museum 2026. TECNOLOGIA, PARTECIPAZIONE E INNOVAZIONE: I MUSEI DEL FUTURO

  • Pubblicato il: 12/07/2016 - 12:02
Autore/i: 
Rubrica: 
MUSEO QUO VADIS?
Articolo a cura di: 
Sendy Ghirardi

La Fondazione Torino Musei   in collaborazione con la Singularity University di Ginevra apre una finestra sullo scenario futuro dei musei. Manager culturali e esperti delle nuove tecnologie da tutto il mondo si sono riuniti a Palazzo Madama per interrogarsi e confrontarsi sul ruolo delle istituzioni museali del futuro proiettando lo sguardo ad un decennio da oggi. Come saranno i musei nel 2026? Come influiranno direttamente sulle componenti sociali ed economiche della società?
 

 
 
Viviamo in un contesto di profonde mutazioni sociali, antropologiche e urbane portate dalla quarta rivoluzione industriale con  un’epoca di accelerazione tecnologica che favorisce non solo l’aumento della fruibilità di contenuti da parte degli utenti, ma ne consente l’aumento della produzione.
Nell’era della Cultura 3.0  gli individui non si limitano a esperire passivamente cultura ma utilizzano le proprie competenze per ri-utilizzarla, si immergono nelle regole che la generano, carpendone i codici alla base del significato. Nella complessità in cui viviamo è necessario inserire nuove forme di comunicazione che possano consentire a qualunque di visitatore di accedere ad ogni tipo di museo.
 
Il tavolo di lavoro nasce da una collaborazione tra la Fondazione Torino Musei, il primo sistema in Italia che coordina quattro musei, e la Singularity University di Ginevra, un chapter fondato nel 2016 da Nicoletta Iacobacci. La Singularity University ha come obiettivo quello di «educare e ispirare una nuova generazione di leader che possano comprendere e usare le tecnologie per guidare l’umanità nelle sfide che la attendono nel suo futuro». È stata istituita nel 2008 da Peter Diamandis and Ray Kurzweil nel NASA Research Park nella Silicon Valley in California, dando la possibilità agli ex alunni di creare Community Chapter dell’Università in città di tutto il mondo.
 
MUSEUM: VISION 2026, ideato da Patrizia Asproni, Presidente della Fondazione Torino Musei, e da Nicoletta Iacobacci, ha monitorato e analizzato gli scenari esistenti evidenziando le tendenze: i TRENDS delle nuove frontiere tecnologiche per l’informazione e la produzione, i MAKERS che costruiscono e generano contenuti nei lab-museum e i CROWD, musei al servizio della comunità.
 
Nella prima sessione è emersa la convergenza tra comunicazione, tecnologia e scienza.
Dale Herigstad , SeeSpace Advanced Interaction Consultant, Creative Director for motion graphics in TV and Film, ha sottolineato il potere della gestualità nella realtà aumentata, mostrando come presto i gesti sostituiranno i dispositivi nell’interazione con le nuove interfacce tecnologiche. Durante il suo intervento ha inoltre presentato il Google Project Soli, un prodotto quasi pronto per il lancio sul mercato, che potrebbe portare a una rivoluzione degli spazi inutilizzati tra utente e macchina.
Chloé Jarry di Camera Lucida Productions, Interactive digital publisher, ci ha raccontato Enemy Project, un progetto ideato da Karim Ben Khelifa, photojournalist di guerra, che si pone l’obiettivo di umanizzare i combattenti, dando loro voce. Un esempio di come l’arte abilita la tecnologia e la tecnologia sfida l’arte. Attraverso lo storytelling, le neuroscienze e l’intelligenza artificiale c’è la possibilità di espandere l'immaginazione morale schierando nuovi strumenti di narrazione per far si che ciascuna delle parti si possa identificare con l’altra.
Giovanni De Niederhausern, Direttore operativo della Carlo Ratti Associati, ha mostrato come le nuove tecnologie influiscano sull’architettura generando spazi sensibili che agiscono sulle nostre modalità di informazione, di interazione e di adattamento. I beni culturali attraverso la tecnologia possono stimolare la partecipazione.
Marcela Sabino ha presentato il Museo del Domani di Rio De Janeiro,  dedicato a ecologia, biodiversità, salvaguardia dei beni naturali e del paesaggio. Un luogo avveniristico in cui ci si pongono nuove domande e si scoprono realtà dove i visitatori sono guidati da un sistema digitale e interagiscono con scienza e tecnologia. In riferimento a quanto affermato da Walter J. Ong, infatti «I media permettono all’uomo di fare nuove cose con il suo mondo intellettuale, di dare forma, conservare, recuperare e comunicare il sapere in forme nuove e quindi pensare in modi nuovi».
 
La seconda sessione, dedicata ai Makers,  la riflessione è stata portata sul panorama del museo del fare, che crea insieme ai suoi visitatori il futuro delle istituzioni culturali.
Gianmarco Veruggio, Honorary President  della Scuola di Robotica e Director of Research CNR-IEIIT  ha individuato un nuovo paradigma della rivoluzione dell’uomo legato alle nuove tecnologie, descrive i nuovi artigiani del digitale.
Ian Brunswick, Programme Manager Science Gallery International di Dublino ha visto il museo del futuro come un luogo in cui vivere, partecipare a una storia attraverso molteplici sollecitazioni, in cui esperire, non solo percettivamente ma anche fisicamente.
I musei del 21° secolo saranno piattaforme creative e partecipative, dei luoghi di incontro, di ricerca e di innovazione nel saper fare, come ha sottolineato Mario Nanni, Presidente di Viabizzuno.
Nella sessione Crowd, Carlotta Margarone, Head of Communication, Marketing and Web della Fondazione Torino Musei, attraverso un excursus ha presentato le caratteristiche dei musei partecipativi, che coinvolgono le proprie comunità nella costruzione di significati e strutture culturali.
Dalle sue origini a oggi, la storia del museo può essere considerata secondo la prospettiva dello spostamento graduale del visitatore dalla periferia al centro della pratica museale.
La funzione civica e sociale del museo è sentita come necessaria. Ciò che spesso si è criticato a questa istituzione culturale è la scarsa rilevanza nella vita contemporanea. Oggi siamo in un’epoca in cui è un dato di fatto che il visitatore non voglia limitarsi a contemplare oggetti nelle vetrine, ma sia sempre più disposto ad una partecipazione attiva. Sono gli individui stessi a volersi sentire protagonisti e ad avere una propensione all’attività.
James Davis, Programme manager Google Cultural Institute, ha raccontato come la tecnologia possa moltiplicare le superfici e i dispositivi partecipativi con cui fruire l’arte e renderla accessibile.
Ciò che hanno in comune questo tipo di esperienze, insieme a molte altre che stanno nascendo, è anzitutto la riformulazione del paradigma dell’offerta che non si focalizza più, come da tradizione, sulla conservazione da parte delle istituzioni e la fruizione da parte del pubblico, ma su una relazione in cui il museo chiama all’azione e alla partecipazione i suoi visitatori.
Il futuro diventa elemento di contenuto intorno al quale costruire anche una filosofia espositiva.
Così si va a definire il nuovo ruolo del museo all’interno della società, quello che si sta sviluppando oggi e che fiorirà domani con una maggiore consapevolezza.
 
Nel pomeriggio che ha seguito la conferenza, tre gruppi di lavoro a porte chiuse hanno rielaborato gli stimoli e le informazioni presentate ed esplorato nuove prospettive. Sono stati immaginati progetti che intrecciano al loro interno educazione, interazione e partecipazione. Si ipotizza l’utilizzo di tecnologie convergenti e socializzatili e personalizzabili che consentono di segnalare relazione tra l’opera d’arte e il vissuto del visitatore, generando un legame di appartenenza che facilita l’apprendimento. Grazie alla realtà aumentata, si pensa alla possibilità di rendere protagoniste di un processo performativo e di comunicazione le opere conservate nei depositi del museo, dopo un lavoro di costruzione di significato con la comunità. Viene aperta la scena ad un museo universale, un database condiviso e open data di opere d’arte, in cui le collezioni vengono riordinate e presentate rispondendo ai bisogni dell’utente, sia su postazioni fisse che mobile, sia con l’uso di strumenti tecnologici che mixano la realtà aumentata e virtuale. Tecnologie olografiche permetteranno di esplorare le opere del museo nelle loro stratificazioni storiche e di significato.
Siamo nella terza rivoluzione nella storia dell’accessibilità dei musei, che oltre a una maggiore fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale permettono anche la produzione di contenuto, la partecipazione, l’identificazione. Il museo è tempio e forum insieme, valorizza il patrimonio di ieri e di oggi e crea quello di domani. Il Museo 3.0 è laboratorio del sapere dove innovare e sperimentare, dinamico dove il visitatore diventa propulsore di conoscenza e protagonista. È un domani user-generated quello che sta scuotendo anche le istituzioni culturali verso un nuovo dinamismo.

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