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La vera risorsa dei musei italiani sono le sue persone perché il denaro segue le idee

  • Pubblicato il: 13/05/2016 - 17:26
Rubrica: 
MUSEO QUO VADIS?
Articolo a cura di: 
Francesca Panzarin

Secondo James Bradburne, guidato dalla visione della Grande Brera di Franco Russoli, la chiave della rinascita dell’istituzione sono il decentramento e la valorizzazione dei dipendenti, a partire dai custodi.  Le risorse economiche sono importanti, ma non urgenti

 
Milano. Durante la sua prima uscita milanese dello scorso settembre, davanti agli studenti della SDA Bocconi, il neo direttore generale della Pinacoteca di Brera aveva parlato del management as gardening: «le persone sono come fiori, se una rosa non cresce forse è perché noi l’abbiamo messa in una situazione in cui non può farlo. La responsabilità di chi gestisce è capire le singole condizioni che permettono a ciascun fiore di svilupparsi».
 
Ripartiamo da questa metafora per approfondire quale strategia Bradburne sta mettendo in atto per trasformare la Pinacoteca di Brera in un museo di primo piano a livello italiano e internazionale. La notizia dei 40 milioni stanziati la settimana scorsa dal Cipe per il riavvio del progetto Grande Brera è un importante segnale di attenzione da parte del Mibact.
 

Quale è la chiave della riforma Franceschini dal suo punto di vista?
E’ una doppia rivoluzione copernicana: se vogliamo fare valorizzazione, dobbiamo mettere il visitatore e la sua esperienza al centro del nostro lavoro. Fondamentale è quindi la decentralizzazione, ossia il dare autonomia non solo al museo, ma anche a ogni dipendente del museo.
La tutela e la gestione centralizzata di Roma sono un modo di rendere “infantile”  la gestione della cultura in Italia, con il risultato di demotivare tutti. La promessa dell’autonomia della riforma è di responsabilizzare il museo in modo che ciascuna istituzione possa decidere chi è il suo pubblico e costruire attorno il proprio progetto di rinascita che si basa su una reale autonomia delle struttura e delle persone. Chi fa qualcosa in autonomia non deve poi essere bastonato perché la circolare del momento non lo prevede.
 
 
 
Quali sono stati i primi passi del suo percorso verso una nuova Brera?
Il primo passo è ascoltare i dipendenti per capirne le passioni e le competenze. Idealmente, per fare crescere le persone si dovrebbe affidare loro le attività che danno più soddisfazione e per cui hanno le capacità. Il sistema statale top-down è completamente contrario al principio del gardening perché spesso le persone si ritrovano a fare il loro lavoro per dovere, senza il piacere di farlo. Ciò è controproduce e alla fine il lavoro viene fatto male. Il mio obiettivo è aiutare a rilasciare il loro potenziale attraverso un’organizzazione intelligente e agile.
 
 
 
Quali sono gli elementi chiave del suo progetto di rinnovamento?
Come manager la mia sfida è far crescere le persone con cui il pubblico si interfaccia, a partire dai custodi. Dei 180 dipendenti attuali della pinacoteca, i funzionari sono solo 35. Il resto sono custodi, alcuni dei quali con un dottorato. Mentre i funzionari lavorano alla scrivania, i custodi lavorano in museo e si interfacciano  con i visitatori, ma sono spesso poco rispettati…
 
 
 
Di Brera è purtroppo nota per la storica tensione tra direzione e sindacati. come sta affrontando questa criticità?
Per far sviluppare questo museo dobbiamo superare la polemica che si è creata tra i sindacati e Roma. Il mio lavoro è far crescere questo giardino con amore e rispetto di chi lo rappresenta al di fuori. Mi interessa che i visitatori siano accolti da persone  sorridenti, informate, orgogliose dell’istituzione in cui lavorano. Perché è questo che poi trasmetteranno al visitatore.
 
Da un paio di mesi sono già visibili le prime novità del suo progetto di rinnovamento. quali sono i prossimi passi?
La logica della valorizzazione pone il focus sul visitatore e sulla cura della sua esperienza. Abbiamo un progetto molto articolato che parte dalla comunicazione (la nuova identità grafica “Brera a occhi aperti” a cura di F.M. Ricci, un’attività di ufficio stampa, un sito web completamente rinnovato, la newsletter periodica, il servizio “Brera Ascolta”) passando per il riallestimento delle 38 sale in 2 anni (nuova illuminazione, colori alle pareti, wi-fi, sedute e apparato di didascalie informative) a nuove tipologie di eventi (l’apertura serale del giovedì, una serie di dialoghi con pubblicazioni ad hoc e riletture per restituire nuova vita alle collezioni permanenti) per arrivare a nuovi servizi e kit per famiglie e bambini.
Il mio obiettivo è riprendere il controllo su tutte quelle parti del museo che ne creano l’identità (pubblicazioni, mostre, accoglienza, biglietteria, didattica) e che sotto un governo precedente sono state esternalizzate dandole in concessione. Non possiamo creare un marchio di qualità se non abbiamo il controllo di ogni aspetto dell’interfaccia con il pubblico.
 
 
 
Com’è strutturata la nuova attività di fundraising?
Il denaro segue le idee, prima dobbiamo sviluppare le idee, poi raccogliere i soldi. Il problema non è la mancanza di soldi in se, ma di progettualità su cui investirli.  Il primo passo della riforma Franceschini è stato dotare Brera di strumenti operativi come un conto corrente e un cda. Operativamente non è però ancora cambiato molto perchè la legge sulla spesa pubblica è complicata: io posso portare denaro, ma non posso spenderlo, oltre i 40 mila euro devo fare una gara di appalto. 
Per quanto riguarda gli strumenti, oltre al supporto degli Amici di Brera, stiamo creando l’Associazione di Partner Brera e l’Associazione American friends of Brera per raccogliere fondi negli USA.
 
 
 
Quale è il suo obiettivo a lungo termine per brera?
Franco Russoli (Soprintendente a Milano negli anni ’70) nei suoi scritti parla di museo come “arma di cultura attiva”,  come “luogo dove si va per alimentare i propri problemi di conoscenza”.
La nostra missione è rendere Brera all’altezza delle aspettative dei milanesi in modo che ne possano andare fieri. La collezione è di primissima qualità ma bisogna migliorare l’esperienza. Brera deve diventare un visitor-centred museum e il più grande museo family friendly di Milano. La famiglia è infatti il focus e il locus dell’emozione che lega l’esperienza del museo alla vita e alla cultura di ciascuno di noi.
 
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 Foto: Dr. James M. Bradburne Direttore Generale Pinacoteca di Brera e Biblioteca Braidense © Martin Riese