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L’ARTE DEL RACCONTO PER FAVORIRE L’INTEGRAZIONE DEI RIFUGIATI

  • Pubblicato il: 18/07/2017 - 18:16
Rubrica: 
CULTURA E WELFARE
Articolo a cura di: 
Valentina Montalto

Come la cultura e le arti possono contribuire a promuovere  il dialogo interculturale tra i migranti e i rifugiati e le comunità ospitanti? Continua il nostro viaggio alla scoperta delle iniziative culturali supportate dall’Unione Europea come veicolo d’integrazione.  Il focus di questo numero è sui 12 progetti finanziati dal programma Europa Creativa.
Rubrica di ricerca in collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo.
 


 
«Fa più rumore un albero che cade che un’intera foresta che cresce» scriveva un antico filosofo cinese, Lao Tzu. Ed è proprio cosi, lontano dai riflettori, che migliaia di rifugiati e di migranti ogni giorno cercano di rifarsi una vita. Sono i compagni dei nostri figli, le baby sitter che si occupano dei nostri piccoli o i vicini della porta accanto. Solo che spesso ci dimentichiamo che sono in fuga da una realtà che è stata un po’ meno generosa della nostra.
Ma le storie di vita non possono essere taciute. Abbiamo bisogno di raccontarci per comprendere noi stessi ma anche per capire come relazionarci con gli altri. In fondo, è l’arte del racconto che ha permeato le nostre comunità sin dalla notte dei tempi.
La narrazione delle storie dei rifugiati – storie di donne, uomini e bambini, come noi – è in effetti al centro di molti dei 12 progetti culturali finanziati dal programma Europa Creativa della Commissione europea, a seguito di un bando uscito nel 2016. L’obiettivo dello storytelling è proprio quello di permettere ai rifugiati di creare un legame empatico e quasi naturale con la comunità ospitante, superando i pregiudizi. Riprendendo le parole di Neil Beddow, direttore artistico dell’Acta Community Theatre a Bristol e coordinatore del progetto REACT «È molto difficile odiare qualcuno quando ti immedesimi nelle loro storie, o ridi ai loro scherzi..».
I 12 progetti mettono a sistema competenze diverse, sia artistiche che digitali, per raggiungere l’obiettivo. « A Million Stories », per esempio, mira a realizzare una piattaforma digitale in cui i rifugiati potranno raccontare la loro storia e loro esperienze, anche con l’ausilio di immagini se non conoscono la lingua del paese ospitante. Il progetto « FUTURE - Fostering The integration of Unaccompanied Refugee minors », invece, combina l’esperienza di due organizzazioni (una specializzata in assistenza di rifugiati minori e un’altra specializzata in alfabetizzazione visiva per bambini) per aiutare i minori ad integrarsi tramite la produzione di materiale video con cui raccontare la propria storia. O ancora, il progetto «REACT – Refugee Engagement And integration through Community Theatre» vuole introdurre il metodo del Teatro di Comunità come strumento per promuovere un dialogo interculturale tra i rifugiati e la società ospitante senza essere soggetto alle barriere culturali o linguistiche. Il progetto prevede due fasi principali: a) durante il primo anno, in ogni paese si terranno delle performance teatrali nelle comunità locali che coinvolgeranno i rifugiati; b) durante il secondo, si condivideranno i risultati raggiunti e i modelli educativi utilizzati, insieme a un toolkit da usare nel lavoro di supporto all’integrazione dei rifugiati. Molto interessante anche il progetto «Orpheus XXI - Music for Life and Dignity» che, sotto la direzione artistica di Jordi Savall, prevede di formare circa 30 giovani rifugiati musicisti che andranno a loro volta a formare 100 bambini di tutte le nazionalità in modo da creare un’orchestra che si esibirà in almeno 10 concerti nelle principali città europee. Una breve panoramica video di tutti i 12 progetti si trova qui.
È lodevole che la Commissione europea stia cercando di perseguire un approccio all’integrazione multi-disciplinare, che passa non soltanto dall’istruzione, lo sport e il lavoro, ma anche dall’arte e dalla cultura. I progetti finanziati sono molto interessanti e senz’altro ambiziosi. Tuttavia, resta da vedere se e come questi riusciranno nel loro intenti.
D’altronde, se non tutto ciò che vale può essere misurato, è anche vero che una buona valutazione è necessaria sia a regolare la spesa pubblica sia a far tesoro delle esperienze di successo. Il prossimo passo potrebbe proprio essere quello di stabilire a priori un programma di valutazione che costituisca parte integrante di ogni futuro progetto culturale d’integrazione. 

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Ph: Garry Knight – licenza CC BY 2.0
 
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