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COME I RIFUGIATI CI RENDONO VICINI MIGLIORI

  • Pubblicato il: 14/04/2017 - 22:21
Autore/i: 
Rubrica: 
CULTURA E WELFARE
Articolo a cura di: 
Marina Sorbello

Il 9 maggio ad Amsterdam, l’artista berlinese Marina Naprushkina di Berlino riceverà il premio  ECF Princess Margriet Award for Culture della European Cultural Foundation per il progetto Neue Nachbarschaft (“nuovo vicinato”), un centro culturale che rende possibile l'incontro e lo scambio fra vecchi e nuovi Berlinesi: fra gli abitanti del quartiere di Moabit e i rifugiati che a loro volta vi vivono sistemati in alloggi provvisori, arrivati in massa negli ultimi anni in Germania grazie alla politica di accoglienza dei rifugiati portata avanti dalla Cancelliera Merkel. Si tratta di un'iniziativa che parte dal basso, che non riceve finanziamenti pubblici, che funziona grazie all'impegno di numerosi volontari e a donazioni private.
 


 
La Neue Nachbarschaft, che letteralmente significa “nuovo vicinato”, è un'iniziativa che si basa sull'impegno di un gruppo eterogeneo di volontari che offrono tempo e risorse per contribuire a migliorare la qualità dell'ospitalità offerta ai rifugiati, che sono iniziati ad arrivare in massa in Germania a partire dal 2014, e in generale la qualità della vita della comunità del quartiere.
Le due cose, la qualità della vita dei nuovi vicini, adesso i rifugiati, e la qualità della vita della comunità vanno insieme: è qui, nell'incontro, che si instaura un nuovo tipo di vicinato, solidale, basato sullo scambio e sulla condivisione.
Da tre anni la Neue Nachbarschaft è anche un luogo fisico, situato nel quartiere multiculturale di Moabit, dove vecchi e nuovi Berlinesi possono incontrarsi, interagire, imparare gli uni dagli altri, conoscersi e superare reciproci pregiudizi. È un luogo dove si condivide, si mangia e si beve insieme, si canta, si balla, si impara il tedesco in formato tandem, si insegnano arabo e persiano, ci si aiuta a vicenda, e i rifugiati ricevono assistenza per le pratiche burocratiche della nuova vita in Germania. Il centro offre anche una classe di arte, Studio 26, dove chiunque può imparare a disegnare, dipingere, fare film. Vari artisti vi insegnano gratuitamente. Tutte le attività del centro si basano sul volontariato e le donazioni, e sono auto-organizzate. La Neue Nachbarschaft non riceve finanziamenti pubblici.
 
Per l'artista Marina Naprushkina (Belorussia, 1981), iniziatrice, volto pubblico e anima del progetto, si tratta di “un modello decisamente ed esplicitamente controcorrente rispetto alle iniziative istituzionali rivolte ai migranti e ai rifugiati: si tratta di un progetto di self-empowerment basato sulla partecipazione e non sul paternalismo assistenzialistico delle istituzioni statali”. Si basa sulla convinzione che l'impegno per un mondo migliore e una comunità più solidale inizia nel proprio cortile, nella propria strada, nel proprio quartiere. Naprushkina, che nel 2015 ha pubblicato un libro sulla esperienza di impegno con i rifugiati nell'ambito della Neue Nachbarschaft (Neue Heimat? Wie Flüchtlinge uns zu besseren Nachbarn machen, Europa Verlag Berlin, 2015), è convinta che – citazione dal titolo del libro – “i rifugiati ci trasformano in vicini di casa migliori.” Il libro è un resoconto non sentimentale dell'impegno dedicato ai rifugiati dal 2013: inizialmente azioni di pressione e di denuncia in merito alle condizioni di ospitalità dei nuovo arrivati in edifici trasformati in fretta e furia in centri di accoglienza, assistenza a migranti per disbrigare pratiche burocratiche e risolvere problemi, fino alla realizzazione del centro nella Beusselstrasse 26 nel quartiere di Moabit.
 
All'inizio abbiamo fatto molta pressione presso i ministeri e le istituzioni affinchè i soldi che lo Stato investiva nell'assistenza dei migranti veramente arrivassero a loro invece di venire assorbiti dagli enti privati incaricati di gestire gli alloggi” – spiega Naprushkina. “Il gruppo iniziale di circa venti persone che eravamo è cresciuto rapidamente. Per noi è importante essere e rimanere indipendenti, pertanto non abbiamo mai chiesto fondi pubblici e non abbiamo intenzione di farlo. In questo modo possiamo agire velocemente e non abbiamo vincoli burocratici. Da noi ogni giorno succede qualcosa: c'è una sala dove si fa musica, insegnamo tecniche artistiche e l'uso di nuovi media, abbiamo manifestazioni letterarie, ci sono corsi di lingua tedesca, araba e persiana, corsi di musica per bambini, si cucina, si mangia, si beve insieme. C'è una enorme dinamica e movimento intorno a questo posto. Tutte le attività vengono offerte da volontari, e fino a quando avremo persone che vengono da noi per le manifestazioni che proponiamo continueremo ad esserci... Il centro genera i fondi necessari per il suo funzionamento, grazie al bar serale, i corsi, le azioni di solidarietà, la vendita dei prodotti artistici di Studio 26, donazioni di privati, e adesso il premio della European Cultural Foundation. Non è facile ma come dimostra la nostra esperienza, è possibile... Non siamo Madre Teresa. Questo è un progetto di formazione in cui tutti impariamo delle cose.”
 
Originaria della Belorussia, Naprushkina stessa è una migrante in Germania. Arrivata negli anni 2000 ha studiato alla Staedelschule di Francoforte nella classe di Martha Rosler. Fra i temi ricorrenti della sua produzione artistica ci sono l'impegno per cambiare la società e l'ampliamento del pubblico dell'arte contemporanea
Nel 2007 ha creato il Büro für Anti-Propaganda, ufficio anti-propaganda, un progetto che investiga l'uso di manipolazione e controllo per mantenere il potere, in riferimento alla situazione politica in Belorussia. Progressivamente, negli ultimi anni, ha diminuito il suo coinvolgimento nel mondo dell'arte: “Dopo anni nel sistema dell'arte non voglio più perdere il mio tempo. Ho ridotto i viaggi. Quando mi arrivano inviti per partecipare a mostre non mi entusiasmo più di tanto. I miei amici mi vedono quasi come assistente sociale. Ma non è l'arte che non funziona, è il sistema intorno ad essa che per me non funziona più. Se le grandi mostre non vengono visitate, se, uguale in quale paese o continente ci si trova, si incontrano sempre gli stessi 'art professionals', se l'arte viene usata come mezzo per migliorare l'immagine di multinazionali e regimi corrotti, se gli artisti non fanno che imitarsi a vicenda e i curatori usano lo stesso vocabolario vuoto ed elitario, allora si va veramente indietro. Un'amica curatrice, impegnata in un progetto artistico sulla conflittualità sociale e politica, sostiene che l'arte è sempre stata un lusso. No, l'arte non è un lusso. Né materiale, né intellettuale. Sono rimasta un'artista: ogni giorno faccio uso pratico della mia esperienza di artista. Questo per me ha senso, e in questo modo ho continuato a svilupparmi. E con questa esperienza della Neue Nachbarschaft sono convinta di essere diventata un'artista migliore.”
 
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Ph: Marina Naprushkina, Neue Nachbarschaft