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C’è un grande prato verde dove nascono speranze? Bandi e innovazione culturale nelle parole dei project manager dei maggiori progetti italiani

  • Pubblicato il: 15/07/2015 - 16:19
Autore/i: 
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni
Murales di Blu, particolare

Un coro a cinque voci: Niessen, Rubini, Gariboldi, Franceschinelli, Petrini. Il quintetto degli attuali massimi esperti del mondo dell’innovazione culturale emergente che, a diverso titolo, supportano tanti progetti italiani di creatività emergente. Intervistati insieme sugli stessi quesiti per una visione comparata, capace di tracciare il fil rouge del fenomeno dell’innovazione culturale, e con approccio lucido che non fa sconti a nessuno
 

 
 
 
Milano. Sono stati annunciati i primi 40 classificati del bando cheFare alla sua terza edizione, che quest’anno ha raccolto più di 700 candidature. Culturability, bando promosso dalla Fondazione Unipolis ne ha ricevuti 996. IC-Innovazione culturale, voluto da Fondazione Cariplo, ha avviato il percorso di accompagnamento di 12 idee su 259 esaminate. funder35 voluto dalla Commissione per le Attività e i Beni Culturali in ACRI, ha chiuso il 10 luglio con 170 proposte progettuali.
Un numero crescente di idee e realtà progettuali operanti nel settore delle industrie culturali. Almeno da tre anni questi bandi catalizzano l’attenzione di molti operatori, che trovano opportunità per testare le proprie idee e magari vederle realizzare. Ma come sta cambiando il fenomeno dai suoi esordi? Lo abbiamo chiesto alle personalità più impegnate nell’attività di promozione, scouting, accompagnamento e supporto dell’impresa culturale: Bertram Niessen, presidente dell’Associazione che-fare; Alessandro Rubini, project leader del bando IC-Innovazione culturale di Fondazione Cariplo; Alessandra Gariboldi, Coordinatore ricerca e consulenza della Fondazione Fitzcarraldo; Roberta Franceschinelli, project manager del bando culturability di Fondazione Unipolis; Giovanni Petrini, Avanzi-Make a cube³.
 
 
 
 
Qual'è il profilo prevalente di chi applica?
Bertram Niessen. Per quello che riguarda i proponenti, il nostro bando è "a maglie larghe": cerchiamo progetti in un range di proponenti che vanno dalle associazioni culturali e i comitati fino alle SRL, passando per start up, cooperative e fondazioni. 
Alessandro Rubini. I candidati hanno più di trent’anni e sono sempre più team interdisciplinari. Negli anni i singoli si presentano sempre meno. Provengono da realtà informali come anche organizzazioni profit e non- profit già inviate. In questo senso è interessante osservare l’evoluzione verso una partecipazione più ampia di professionisti.
Alessandra Gariboldi. Dipende dai bandi. funder35 si rivolge a una fascia giovanile. Altri bandi sono invece seguiti da professionisti fra i trenta e quaranta anni. Di solito con un'attività avviata.
Roberta Franceschinelli. Entrambe le edizioni del bando "culturability" si sono rivolte a una fascia specifica per età, quella degli under 35. La prima edizione “fare insieme in cooperativa” era rivolta a team composti da almeno tre persone che volessero aprire una cooperativa, dunque no profit, permettendoci di valutare i curriculum dei singoli. A candidarsi erano soprattutto laureati in discipline umanistiche, profili validi dal punto di vista degli studi e dei primi lavori svolti, molti con esperienze all’estero. Più carenti sulle competenze manageriali, economiche e gestionali. Vi do qualche numero: 824 progetti presentati da 2.932 under 35, di cui 1.640 donne e 1.292 uomini, età media 28,7 anni e 85 gli italiani residenti all’esterno o gli stranieri residenti nel nostro Paese.
La seconda edizione del bando”spazi d’innovazione sociale” era rivolta a organizzazioni no profit già esistenti e team informali di under 35, che intendessero costituire un soggetto riconosciuto in caso di selezione. Abbiamo ricevuto 996 progetti presentati da 429 team informali, 383 organizzazioni, 184 network di organizzazioni in partnership.
Giovanni Petrini. Gli innovatori culturali che abbiamo avuto la possibilità di incontrare hanno alcune caratteristiche comuni. Hanno tra i 27-35 anni, con una componente femminile leggermente predominante e percorsi di studio nelle discipline umanistiche. Il dato più significativo è che uniscono una naturale propensione all'imprenditività, tipica delle generazioni nate dagli '80 in poi, a una spinta esogena all'imprenditorialità derivante dalla crisi di interi settori e carriere tradizionali. Parliamo di aspiranti ricercatori universitari, manager della cultura, insegnanti di conservatorio, architetti e urbanisti, esperti di inter-cultura, curatori di arte contemporanea, grafici e designer, giornalisti di approfondimento, progettisti di politiche pubbliche, ecc che oggi volgono lo sguardo all'imprenditorialità dopo aver toccato con mano l'impossibilità di fare di ciò per cui hanno studiato e che li appassiona una lavoro stabile e generatore di reddito. Allora provano a crearselo.
 
 
Quale ambito disciplinare viene maggiormente sviluppato?
BN C'è di tutto. Il nostro lavoro di disseminazione della call si rivolge a ogni settore di progettazione e produzione culturale. Quest'anno abbiamo visto una maggiore presenza di progetti di app tecnologiche per la scultura.
AR Il nostro bando è abbastanza profilato. Riceviamo comunque molti progetti relativi al patrimonio culturale e le arti visive, con innovazioni di vario tipo che riguardano molto il settore museale. L’archeologia per esempio è completamente assente. mentre numericamente inferiori i progetti sulle arti performative, audiovisivo e spettacolo.
AG I bandi hanno tagli differenti, con aree contigue e parzialmente sovrapposte. Alcuni bandi come culturability o " i beni tornano comuni " di Fondazione CON Il SUD sono concentrati sul riuso degli spazi pubblici, che in questo momento è un bisogno molto sentito. Quando invece ci sono bandi rivolti a start-up culturali, il digital è l'interesse prevalente, mentre quelli per le attività culturali si concentrano sulla differenziazione dell'offerta con nuove proposte di contenuti con produzione di servizi. Quando lo sfondo riguarda l'innovazione sociale, lo sviluppo territoriale è l'orientamento perseguito.
RF Per la prima edizione i principali ambiti sono stati il turismo culturale, la formazione, l’editoria e la letteratura, gli eventi e festival, il design e l’artigianato (molti con logiche di riciclo all’insegna della sostenibilità),il patrimonio artistico. Per la seconda, abbiamo espresso un indirizzo a favore di progetti di riqualificazione di spazi urbani abbandonati o degradati, con obiettivo la rigenerazione e sviluppo a vocazione culturale, con attivazione dal basso e coinvolgimento della cittadinanza.
 

Cosa pensate di questo fenomeno?
BN è un fenomeno tutto italiano, che cerca di rispondere ai ritardi cronici nei settori tradizionali della cultura e - più in generale - di tutta l'economia. È al risposta diffusa di un paese dove tutti si riempiono la bocca con la cultura ma dove i fondi vengono tagliati continuamente.
AR I profili dei candidati si sono evoluti e così anche il bando, che da concorso di idee, diventa sempre più percorso di accelerazione di impresa. Spesso abbiamo a che fare con professionisti con Partita Iva che cercano un loro perfezionamento. Dunque il livello di consapevolezza è salito.
AG Il fenomeno “bandi” sta creando una formula di educazione della domanda. Le figure che si candidano sono via via più capaci e competenti nell’elaborare visioni e pensiero. Ci sono ormai sempre meno "ripetenti", ovvero team che ci riprovano. Ormai il senso del lavoro di sistema integrato con i territori e partner è presente in tutti i progetti. Nonchè una sensibilità di cosa il pubblico chiede. Difficile pero' avere il polso di questo fenomeno, perche conosciamo solo quanto ci arriva, e non la chiarezza di cosa ci sia sui territori. Rimane un cono d'ombra. Inoltre rimane il gap delle istituzioni più mature, già attive da anni. L'innovazione è necessaria anche nelle istituzioni stabili. Interveniamo sul nuovo ma non abbastanza sul vecchio.
RF I bandi dedicati all’innovazione culturale stanno consentendo di far emergere progetti interessanti e con tratti comuni, che segnano anche lo sviluppo di nuove tendenze. La contaminazione e la vicinanza con il mondo dell’innovazione sociale, l’innovazione di processo con logiche di partnership pubblico-privato, le forme organizzative ibride, le nuove prospettive di sostenibilità economica/sociale/culturale e spesso ambientale (laddove pertinente), il tema dell’audience development e le logiche di engagement e di coinvolgimento dal basso, le forme nuove di collaborazione sono i fenomeni prevalenti. Da quest’ultimo tratto si deve partire per consentire una loro messa in rete affinché possano davvero fare massa critica e non restare esperienze isolate, e magari di dimensioni limitate, rispetto al mondo delle «istituzioni culturali».
GP Come la stragrande maggioranza dei loro coetanei, gli innovatori culturali hanno forti debolezze rispetto alle competenze tecnologiche e una disarmante ignoranza rispetto a cosa sia una impresa, grande o piccola. Fanno fatica a distinguere l'essenziale differenza tra progetto e impresa e tendono all'endogamicità, nel senso che i team sono costituiti da persone con competenze simili (es.
tutti designer o esperti di arte contemporanea). Tutti aspetti che rendono più difficile la costruzione di una impresa culturale sostenibile.

 
Sta creando massa critica? intravedete un futuro, uno sviluppo?
BN Sicuramente esiste un numero sempre crescente di singoli e organizzazioni che cercano di sviluppare progetti innovativi in ambito culturale. Nelle sue declinazioni meno interessanti, si tratta di una riedizione fuori tempo massimo (cioè dopo la crisi del 2008 e senza soldi) della retorica della creative class; nei casi migliori, si tratta di reali strategie di trasformazione che possono avere un impatto significativo sul nostro modo di fruire l'esperienza culturale. Dipende molto da quali passi saremo in grado di compiere per coinvolgere a livello sistemico i territori e le istituzioni. 
AR Intorno al tema dell’Innovazione culturale si è costituita una community. Il fatto che la sua definizione rimanga aperta non è di per se un problema. anzi. Tutti possono continuare a occuparsene, parlarne e così sperimentare. Nuove idee circolano e nuovi modelli di impresa creativa.
AG La massa critica sta crescendo. C'è maggiore professionalizzazione e qualita nei giovani. Un ricambio generazionale nelle istituzioni culturali è necessario, ma non e" ancora chiaro come potrà avvenire. Mancano le infrastrutture, sebbene ci siano figure di quarantenni che stanno agendo nelle istituzioni per fare un passo di rottura, come ad esempio ai Civici Musei di Brescia o Palazzo Grassi. Ma si tratta di istituzioni non statali.
GP. Non esiste ancora un senso di appartenenza: un po’ per la separazione (teorica e fisica) dei percorsi formativi per cui si tende a frequentare solo i propri simili, un po’ perché manca una propensione verso visioni collettive e comuni, a causa della forte individualizzazione che caratterizza il nostro tempo. Tuttavia, attorno all'esigenza molto forte di hackerare il sistema culturale come è oggi costruito, sia per senso che per reddito, penso che ci sia la possibilità di aggregare tanti singoli che hanno gli stessi bisogni (senza saperlo) anche al di fuori del mondo dei "creativi". Mi riferisco, per esempio, a molte professioni liberali, come l'avvocatura, che oggi stanno vivendo una crisi simile rispetto alle nuove generazioni.
 
 
Temete rischio del trend del momento?
BN ad una forte attenzione corrisponde una sovraesposizione; la qualità, quindi, non è sempre altissima. Quello di cui c'è bisogno adesso è un'azione coordinata: da un lato far crescere la qualità culturale dei progetti; dall'altra andare oltre la sola logica del bando, costruendo percorsi di sviluppo e sostenibilità concreti e multidimensionali.
AR Il rischio c’è. Ma non deve fare paura. Basta focalizzarsi sull’obiettivo e tenere la direzione. Il tema dell’innovazione culturale nasce da una sorta di collisione fra i temi della Social Innovation e delle Industrie Creative. In qualche modo coglie gli aspetti positivi di entrambi i temi. Quello che deve rimanere è l’intercettazione dei policy makers. Nella confusione di contenuti e retoriche, rimane comunque una bella attivazione di attenzione collettiva su certi temi. Fra 4-5 anni vedo le imprese creative che abbiamo supportato stare sul mercato a livello nazionale e internazionale, riuscendo a vedere servizi culturali. Il rinnovamento dell’offerta e l’ampliamento dei pubblici è l’orizzonte che ci siamo dati come Fondazione per creare le infrastrutture necessarie per lo sviluppo di queste imprese.
AG Se ne parla molto, dal momento in cui gli attori pubblici deputati sono assenti. Altri protagonisti sono emersi e occupano quegli spazi vuoti di azione. Sono risposte alternative. Ad oggi i progetti per l’innovazione culturale hanno ancora movimenti casuali, erogazioni non sistematiche, ma a pioggia. Pero rappresentano un'opportunità. Non si può certo pretendere che la soluzione provenga solo da queste iniziative. Al di fuori dell'ambito di riferimento, bisogna ammettere che nessuno conosce l'innovazione culturale o i bandi. Il pubblico ampio non ne ha ancora consapevolezza. Il problema rimane la scarsità di visione, che relega questi fenomeni ad azioni marginali. C'è molto da fare.
 
 
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