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VOCAZIONE MUSEO: ARTE E ISTITUZIONI COGNITIVE

  • Pubblicato il: 15/07/2015 - 16:16
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Articolo a cura di: 
Milena Zanotti ​

Rinnovando una storica vocazione di dialogo tra arte e apprendimento, gli atenei di Milano, Parma e Padova si innovano in direzione museale, con progetti di ampio respiro: dall’apertura delle sedi al pubblico, alla creazione di spazi espositivi che integrano e supportano le funzioni di istruzione con quelle culturali. E a Torino l’arte è biologicamente attiva nel recente Campus Luigio Einaudi
 
 
 
 
L’idea è semplice ma al contempo lungimirante: perché non aprire la sede universitaria al pubblico?
Siamo nel Novembre del 2014 e la sede è l’Ospedale Maggiore di fattura rinascimentale progettato dal Filarete, che fa parte del complesso della Statale di Milano. Il progetto è stato generato da una sinergia di Università degli Studi e Fondazione Policlinico e ha previsto la creazione di un itinerario permanente che vuole narrare gli antichi luoghi della ‘Cà granda dei milanesi’, aperta al pubblico e che vede coinvolti gli studenti come guide. A questa iniziativa se ne intreccia una ulteriore : i Ca’ polavori, visite gratuite alle opere d’arte della Ca’ Granda, voluta da Fondazione Policlinico, che si propone di esporre per tre mesi un’opera d’arte conservata nei suoi caveau, quindi non accessibile al pubblico.
 
Altre sedi universitarie si stanno interessando all’applicazione del concetto di museo nella definizione ICOM (International Couuncil of Museums) ovvero “un'istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell'uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto”.
In senso letterale lo CSAC di Parma (Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’università cittadina)  che ha sede nell’abbazia di Valserena, il 23 maggio scorso ha aperto una ‘struttura museale d’ateneo’, con un’esposizione permanente. Si tratta di un luogo di grande potenza evocativa, infatti l’Abbazia di San Martino dei Bocci detta anche Valserena è più nota come “la Certosa di Parma” in riferimento al romanzo di Stendhal. Si tratta di un monastero cistercense che vanta una storia antica: la fondazione fu autorizzata da papa Bonifacio VIII nel 1298 e affidata a monaci provenienti dall’Abbazia di Chiaravalle della Colomba (Piacenza). Ricordiamo che l’imponente complesso monastico sorge sulla via che già in epoca romana collegava Parma al Po e fu ampliato nel XVII e XVIII secolo e tanto da poter contare in epoca napoleonica sulla presenza di 500 monaci. Attualmente il complesso accoglie una struttura ricettiva, la ‘Foresteria’ di tutto rispetto. L’obiettivo ulteriore è quello di generare un nuovo spazio polifunzionale, per integrarne l’archivio, il centro di ricerca e didattica e il nuovo museo. Le attività legate all’istruzione universitaria verranno in tal modo potenziate in sintonia con l’organizzazione di mostre e la pubblicazione dei relativi cataloghi, nonché dalle attività di prestito ad esposizioni di altri musei. Il Museo accoglie la rassegna permanente, articolata in 16 sezioni, che potranno essere rinnovate attingendo dall’esteso patrimonio, più di 12 milioni di materiali tra arte, moda, fotografia, progetto e media. 
 
E ancora a Padova l’ateneo gestisce un sistema museale tramite il CAM, il Centro Ateneo per il Musei, che fa capo all’ Università patavina, per una rete che comprende Museo di Antropologia, Botanico, dell’Educazione, Geologia e Paleontologia, di Macchine ‘Enrico Berardi’, Mineralogia, Scienze Archeologiche e d’Arte, della Fisica, degli Strumenti dell’Astronomia e Zoologia. Il Centro si fa promotore di una serie di eventi, mostre, seminari e convegni e si fa finanziatore di progetti culturali di ampio respiro come EgittoVeneto, coordinato con Cà Foscari di Venezia, la cui mission è la conoscenza e valorizzazione del cospicuo patrimonio egittologico conservato nella regione, attraverso l’attività espositiva ma anche con un concorso letterario, laboratori per bambini e una comunicazione molto ‘social’.
Ma l’Università di Padova fa ancora notizia perché, questo giugno, ha aperto al pubblico (nei fine settimana) il complesso del Bo, sua prestigiosa sede storica, che si chiamava Hospitium Bovis, forse perché era vicino a una zona di commercio di bovini e le cui parti più antiche risalgono al Duecento. E’ datata luglio del 2014 l’inaugurazione del rinnovato cortile dell’ateneo, al quale hanno contribuito in maniera sostanziale anche il Comune di Padova e la Fondazione Cariparo che ha stanziato 1,4 milioni di euro (una delle linee di intervento della Fondazione riguarda la valorizzazione del patrimonio storico artistico del patrimonio, che per il 2015 ha previsto delle risorse disponibili per un totale di 8 milioni di euro). L’iniziativa è stata voluta dal rettore Giuseppe Zaccaria proprio in seguito all’importante restauro conservativo che ha riguardato molte delle strutture dell’edificio. Sono due gli itinerari promossi dall’Ateneo, uno centrato sulla visita del palazzo e l’altro più ampio, che dal 20 giugno consentiranno le visite alla parte novecentesca dell’edificio, ristrutturata, arredata e decorata dai maggiori artisti italiani: Gio’ Ponti, Gino Severini, Achille Funi, Arturo Martini ecc. La gestione è pienamente museale, con un servizio di prenotazione obbligatoria e biglietti a pagamento.
 
Anche il Campus Einaudi di Torino sta conducendo un’interessante operazione di ‘arte- diffusa’, Peraltro l’architettura è già di per sé opera d’arte in quanto di notevole impatto visivo, tramite la caratteristica copertura bianca sospesa progettata in maniera avveniristica e sostenibile da Norman Foster, con l’intenzione di dialogare con lo spazio circostante. Il complesso è stato generato da una grande iniziativa di riqualificazione urbanistica, l’area ex Italgas,  inaugurato nel 2012 e consta di 45.000 mq, di cui 14.000 di verde  con settanta aule, per un investimento complessivo di 135 milioni di euro (finanziato da Università di Torino, MIUR, Fondazione CTR, Compagnia di San Paolo e Regione Piemonte). A questa fase se n’è intrecciata una ulteriore, con la volontà di avviare un’operazione di  ‘Arte ‘site- specific’ a partire dalla grande opera lignea del 1987 di Mario Ceroli : il Toro, che simboleggia la città. Infatti un’ulteriore istallazione è stata collocata nell’atrio circolare del Campus, quindi un luogo di intenso passaggio. Si tratta del Homo Tecnosapiens di Richi Ferrero tratta da un bozzetto a matita di Burne Hogart, il celebre inventore del fumetto dedicato a  ‘Tarzan’. L’opera è stata inaugurata il settembre del 2012, come enorme raffigurazione che connota lo spazio in maniera preponderante e che vuole essere un invito alla meditazione. Significativa è stata la scelta di incaricare un giovane studente dell’Accademia di Belle Arti di Torino, Giulio Saccardo, di ridisegnare il soggetto di Hogart, a sottolineare la valenza didattica dell’operazione.
 
Chiudiamo questo percorso ritornando a Milano, all’Università Luigi Bocconi, che  ha messo in campo una serie di progetti tra cui lo «Spazio Openside» di via Roentgen 1, ubicato non a caso a metà tra l’edificio della Facoltà e la strada, a sottolineare il concetto di ‘bordo’ come spazio di comunicazione tra esterno ed interno.
Ne parliamo con Paola Dubini, professore associato di economia aziendale, direttore del corso di laurea in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione (CLEACC).
 
«Openside è stato inaugurato in aprile, quindi si colloca in una fase – pilota. L’idea è di realizzare una serie di attività che permettano di mettere in relazione la comunità bocconiana con la città e viceversa,  tramite tematiche relative alle arti. Ciò che facciamo è allestire delle mostre e stimolare a, partire da queste, seminari, dibattiti, incontri coinvolgendo in modo sistematico i nostri studenti. Siamo partiti con una serie di iniziative e un’esposizione che illustra l’attività del centro di ricerca ASK (Art, Science e Knowledge), centro di ricerca su temi legati alla cultura e all’economia, che cura il programma dello spazio. Questo è  centrato sul tema della formazione ed educazione di un artista, mediante la riflessione su tre cicli dedicati alle arti visive, a testo ed illustrazione e alle arti performative. Openside fa parte delle attività proposte da ArtCampus la cui cifra è quella di generare degli stimoli per gli studenti che hanno degli interessi nell’ambito delle arti: lo scopo è quello di costruire delle iniziative ed incentivarne la gestione».
 
Quali ulteriori iniziative ha organizzato Bocconi?
Le parlerò di una performance realizzata a maggio, che ha visto un’intensa progettazione,  gestita da un team di studenti che ha coordinato musicisti, videomakers, fotografi, e un regista, tutte risorse all’interno della Bocconi. L’idea parte da una visita ad una video installazione in Hangar Bicocca ed è stata trasferita su una serenata di Tchaikovski, adattata in una formazione di musica da camera; eseguita nell’atrio dell’ateneo, ovvero uno dei luoghi di massimo passaggio degli studenti. L’intento era di far parlare un compositore che è nato giurista, ed è stato persona intellettualmente molto curiosa, a dimostrare che le arti sono fonte di conoscenza; portare la “musica alta” nell’ambito dell’università, far conoscere alcuni dei nostri studenti che sono portatori di eccellenza, poiché oltre ad essere bocconiani sono anche diplomati in conservatorio. La performance ha interessato davvero molto, con più di un centinaio di studenti che si è fermato ad ascoltare. Il tutto è stato documentato al fine di produrre un video che verrà poi presentato in Openside, durante il ciclo delle arti performative a novembre – dicembre. Il pensiero sotteso di questo momento è sperimentare la capacità trasformativa delle arti.
 
 
Altri progetti in vista?
Con lo stesso spirito a settembre metteremo in campo il progetto «Call 4 the wall», che vede coinvolta un’artista che si occupa di illustrazione applicata alla street – art, il che è già una novità. Il tema sarà quello della capacità trasformativa dell’esperienza universitaria, tappa bella e fondamentale nel percorso di vita dello studente. L’iniziativa non sarà estetica, di arredamento urbano, ma di contenuto. Anche in questo caso la gestione dell’evento verrà affidata agli studenti, per esercitarsi una ‘palestra’ formativa.
 
 
Bocconi ospita anche BAG (Bocconi Art Gallery)
E’ uno spazio che nasce per avvicinare i visitatori dell’università al linguaggio delle arti, con un focus sul contemporaneo. E’ curato da un apposito comitato e gli spazi attinenti sono ubicati dell’atrio di Via Sarfatti, nonché in quello antistante l’aula magna. Ospita un certo numero di opere di autori contemporanei, alcune delle quali esposte permanentemente, un altro nucleo di lavori viene mostrato, a rotazione, con cadenza annuale. In questa circostanza l’area viene aperta al pubblico e le opere vengono ‘narrate’, il tutto nell’arco della giornata.
 
 
Come vengono reperiti i fondi per questi progetti?
Le attività di Art Campus vengono finanziate con un piccolo budget da parte dell’Università, anche in virtù della sua recente attuazione. Comprende un coro, un musical, uno spettacolo teatrale, Openside e la realizzazione dei progetti. Idem per BAG, il che indica che tendenzialmente l’Università si muove a costo marginale piuttosto basso. Qualora le iniziative si costruissero in maniera più strutturata si può immaginare anche un’attività di fundraising.
 
 
Quale prospettiva futura per Art Campus?
Innanzitutto portare le arti nell’Università attraverso le iniziative di carattere culturale e stimolare gli studenti che coltivano queste passioni ad esperirle in maniera poliedrica, con le attività di teatro, coro etc., inoltre l’intento è di creare occasioni di gestione dei processi, anche per far comprendere la complessità di definire un posizionamento culturale rispetto all’università. 
In conclusione possiamo evidenziare una linea strategica di avvicinamento dei atenei italiani al concetto di museo, nelle sue funzioni e nelle sue modalità, a cominciare dalla gestione di sistema museale come nel caso dell’Università di Padova ma anche di quello di Università di Studi di Parma, ma potremmo citare anche quello dell’Ateneo di Cagliari, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, il Sistema Museale Universitario Senese, o il PMS (Polo Museale Sapienza) ed altre realtà similari. L’obiettivo è generare delle unità di coordinamento gestionale per le attività dei singoli Musei, collegandoli in un network di sistema negli ambiti di didattica e attività di formazione, ricerca e valorizzazione.
Una linea di azione intermedia è quella che punta a riconfigurare un luogo evocativo in senso museale, si veda il citato CSAS di Parma, o quella che punta ad aprire i luoghi universitari significativi al pubblico, creando percorsi guidati e itinerari di visita che rientrano a pieno diritto nell’offerta del turismo culturale.
A questo linea di sviluppo si interseca quella, in prospettiva di significativa espansione, che mira a promuovere eventi culturali, spazi ‘ad hoc’ ed iniziative per generare riflessione e coinvolgere gli studenti nel processo formativo, come per Campus Einaudi o di Bocconi.

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