Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Un viaggio alla ricerca del vello d’oro

  • Pubblicato il: 18/12/2012 - 12:57
Autore/i: 
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe
Castello di Rivoli

Rivoli (To). Una giornata per la ri-definizione educativa del museo, per fare il punto sul ruolo dell’arte nelle dinamiche dei processi educativi e per guardare, con la lungimiranza che da quasi 30 anni contraddistingue il primo museo d’arte contemporanea italiana, al futuro.
E’ accaduto a Rivoli lo scorso 13 dicembre durante la giornata di studi «Il vello d’oro. Viaggio nel museo d’arte contemporanea», dove Anna Pironti , Responsabile capo del Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli ha dato avvio ad una riflessione su cosa vuol dire educare oggi, dentro e fuori il museo.
Con lei hanno partecipato e gettato le strategie per le future percorribili vie Michele Dantini, storico e critico dell’arte, direttore del Master in Educational Management per l’arte contemporanea dell’Università del Piemonte Orientale, Gabriele Boccaccini, Direttore del Progetto Formativo Stalker Teatro, l’artista Marzia Migliora, Amilcare Acerbi, pedagogista, Ruggero Poi,  Responsabile Attività Educative Castello di Masino FAI, Flavia Barbaro, Responsabile Attività Educative GAM, Orietta Brombin, Responsabile Attività Educative PAV, Mario Petriccione, Responsabile Attività Educative Fondazione Merz.

«27 anni fa – apre la discussione Anna Pironti –veniva inaugurato il Castello di Rivoli con la mostra  ‘Ouverture’,  simboleggiando l’apertura di questo luogo all’arte contemporanea ma soprattutto ad una visione che avrebbe portato il centro in periferia e la periferia al centro del sistema dell’arte internazionale, delineando una presa di posizione chiara della politica culturale nei confronti della  contemporaneità. Che cosa resta oggi di quelle politiche culturali?
Una domanda ambiziosa a cui l’incontro di oggi non intende dare una risposta esaustiva ma a partire dalla quale intende riaprire un dibattito riportando al centro del discorso l’arte contemporanea e come essa si relazione, dentro e fuori il museo, con i diversi ambiti della realtà».

A questa premessa seguono le riflessioni corali dei relatori.
In primis il lucido e visionario intervento di Michele Dantini, critico militante e professore di storia dell’arte contemporanea presso l’Università del Piemonte Orientale, che a proposito di «Ricerca storico-artistica, processi educativi e diritto di cittadinanza» parte da alcune questioni -  ‘che cosa vuol dire oggi pensare e progettare un museo di arte contemporanea?’, ‘entro quali coordinate e con quale reattività istituire un processo di formazione, una pratica evolutiva?’, ‘dov’è che l’arte contemporanea incontra un’utilità sociale e comunitaria?’ – per auspicare, coerentemente con l’obiettivo della giornata di studi, una ri-definizione «poetica e politica» del museo di arte contemporanea in chiave sociale e  civile.

«Per orientare un’istituzione culturale, occorre confrontarci necessariamente con lo scenario entro cui andiamo a situarci oggi. C’è un urgente bisogno di cultura e processi educativi non occasionali, un’urgenza di trasmissione di saperi e competenze, una necessità di inclusione e cittadinanza dei tanti non inclusi nelle cerchie di coloro che già detengono il discorso culturale. Ecco allora che la prima opportunità che il museo d’arte contemporanea incontra  è quella di funzionare come ‘agenzia educativa’, come sede di ricerca, svolgendo un ruolo di integrazione e supplenza. Le istituzioni educative secondarie e terziarie hanno oggi difficoltà a educare al contemporaneo: a mobilitare narrazioni esperte e pensiero critico. L’attitudine a cogliere e storicizzare il presente è tra i requisiti di una cittadinanza attiva».

«Ma il museo di arte contemporanea – continua Dantini - non necessita di riempirsi di contenuti pretestuosamente ‘politici’ per assolvere a questa funzione. L’opera d’arte, se davvero innovativa, naturalmente gioca con lo ‘scarto’, con l’imprevisto, con l’inatteso. Tutto questo, se offerto, educa all’interpretazione e all’interrogazione. Ecco allora che il museo d’arte contemporanea può contribuire a vivificare partecipazione e coinvolgimento responsabile sollecitando piccoli, adolescenti e adulti al gioco della produzione di senso, ponendo in atto una sorta di micro- (o meta-)politica della cittadinanza attraverso la pratica dell’interpretazione.
In una cornice più ampia, in cui gli  anni ‘90 e ‘00 hanno visto stilizzarsi il profilo di artisti
chiamati a divenire smaglianti sostegni pubblicitari della società del capitalismo finanziario, il museo di arte contemporanea dovrà riscoprire una dimensione di partecipazione e radicamento, una pratica della cura del vivente anche rinunciando a pratiche commerciali di rappresentanza; e divenire il luogo dove un’agenda  territoriale incontra l’attualità della ricerca (o dell’agency) globale.
Occorre, da parte del museo e delle associazioni di categoria come l’AMACI, fare uno sforzo di accreditamento scientifico, di autorevolezza culturale. In questa direzione l’importanza di processi educativi avviati in modo non occasionale, durevoli e mirati a perfezionare la competenza (storica, geografica e) autobiografica dei partecipanti, è tanto più grande quanto più le istituzioni di alta formazione sembrano oggi in difficoltà proprio su questo punto».

Seguono gli interventi di Gabriele Boccaccini, che  narra le possibili relazioni tra teatro  e arte contemporanea per rispondere ad un bisogno comune di interazione con il sociale, a diversi livelli.
L’artista Marzia Migliora parla invece del suo «Viaggio intorno alla mia camera», un progetto artistico e educativo che ha trasformato il museo in uno spazio di accoglienza e condivisione.
Amilcare Acerbi ha restituito poi, dal punto di vista del pedagogista, l’esperienza pioniera del «Tappeto Volante», il progetto che ha portato l’arte nel quartiere di San Salvario a Torino lontano dai luoghi ad essa deputati ed entrando in pieno nel processo di definizione della cittadinanza attiva.
Ruggero Poi, mettendo in relazione contemporaneità e memoria storica e ribadendo l’importanza dell’educazione, a partire dalla scuola, afferma la necessità di un cambiamento «consapevole», la cui direzione sia veramente orientata alla costruzione di una società più solida.
Per fare ciò occorre chela comunità riconosca la propria responsabilità educativa e non la demandi solamente all’istituzione scolastica. E’ necessario, quindi, dare vita a degli interventi sempre più simbiotici tra realtà ‘altre’ – come il museo – in grado di dare visioni e offrire nuovi sguardi, ove il passato diventa uno strumento essenziale per la comprensione dell’oggi.
I componenti di Zonarte infine, il network promosso e sostenuto dalla Fondazione per l’arte moderna e contemporanea CRT che raggruppa i dipartimenti educazione dei musei d’arte contemporanea del Piemonte, nel narrare l’innovativa esperienza di rete, hanno ribadito l’importanza di fare scelte condivise  affiché il museo possa essere veramente «lo spazio e il tempo dove il pubblico incontra l’arte contemporanea» per inventare «nuovi paesaggi sociali».

Chiude i lavori Anna Pironti con una scommessa per il futuro.
«Oggi deve essere ribadita la necessità di un pensiero impegnato e di una condivisione di intenti che diventa assolutamente necessaria in un momento in cui le direzioni dell’arte contemporanea spingono verso altre strade. Va ribadita la funzione del museo come «come agenzia educativa» coalizzando il talento e il coraggio e avviando un processo di partenariato forte tra mondo educativo e ricerca.
La nostra presenza si giustifica nella definizione di un museo inteso come spazio pubblico al servizio del pubblico. E se il pubblico del museo d’arte contemporanea è élitario, allora bisogna lavorare per far crescere l’élite. Bisogna lavorare affinché gli strumenti, la conoscenza, la possibilità di pensiero critico possa essere patrimonio di tutti.
Quella che 27 anni fa era una  promessa di futuro si è realizzata e in un momento di profonda crisi è urgente la necessità di rivedere il ruolo del museo nella funzione pubblica, sociale, civica».

L’incontro nella meravigliosa cornice del castello sabaudo, oltre a fare il punto sull’oggi, in cui l’esperienza piemontese rappresenta di sicuro un modello rispetto ad altre realtà nazionali, guarda al futuro.
Dagli '80 ad oggi si è assistito ad una progressiva evoluzione terminologica del concetto di educazione: da didattica dell'arte ad educazione e, a chiusura del 2012, dal Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli, viene lanciata una nuova sfida, quella degli «Artenauti».

«In principio – conclude Anna Pironti - furono gli Argonauti che veleggiavano nel Mar Egeo in cerca del Vello d’oro. Poi  vennero gli Astronauti che quarant’anni fa raggiunsero la Luna, l’astro a lungo vagheggiato e finalmente raggiunto dall’uomo.  Un sogno realizzato e vissuto in presa diretta in ogni angolo della Terra grazie alla televisione.  Nel tempo presente l’Internauta si muove nella piazza virtuale trovando nella rete il suo spazio di condivisione, mentre il viaggio più estremo è certamente quello compiuto dal Comanauta, chi torna alla vita dopo aver affrontato l’ignoto durante il coma.  In altri contesti si definisce il Gastronauta, novello Virgilio, accompagnatore esperto  nel viaggio tra gli infiniti sapori che la dimensione globale rende accessibili  a tutti. Il tema del viaggio, dal mito alla stretta contemporaneità,  è la rappresentazione simbolica e reale della conoscenza, dell’esperienza che arricchisce, della concreta possibilità di aprirsi alle esperienze che la vita propone. Il viaggio che non solo allarga la mente, come afferma Bruce Chatwin, ma al contempo le dà forma. 
In questa linea di pensiero nasce l’Artenauta il viaggiatore dell’arte, la persona che per passione o professione attraversa il mondo dell’arte nel tempo presente e non solo, per vivere un viaggio inteso come vita e conoscenza
».

Tra criticità e opportunità il museo d’arte contemporanea si appresta a compiere un nuovo viaggio.

© Riproduzione riservata