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Siracusa Città Educativa, un esperimento per ripensare le comunità

  • Pubblicato il: 13/02/2017 - 23:40
Rubrica: 
CULTURA E WELFARE
Articolo a cura di: 
Francesco Mannino

Coinvolgere le comunità per trasformare le città: nel capoluogo siciliano si sperimenta un progetto lungo, lento e visionario, in cui il ruolo educativo non è frammentario e delegato solo a scuole o famiglie, ma diventa una questione collettiva, civica e urbana. Un progetto che invita a collaborare attraverso pratiche quotidiane e impatta sulla vita dei siracusani, ma che ha bisogno di diventare sistema e non solo episodio. E ritorna la questione del budget pubblico da dedicare all’innovazione sociale e culturale. Ne parliamoad un anno dall’avvio del progetto con Valeria Troia, Assessore Comunale Politiche scolastiche, Educative, Giovanili, Infanzia, Università, Decoro Urbano, Informatizzazione e Modernizzazione, Volontariato, Periferie. Prima un video che sintetizza la visione Educating Cities video concept


 

La città ideale
è una continua opera
degli abitanti
H. Lefebvre

Esistono in Italia progetti pubblici che rompono gli schemi tradizionali di ideazione top-down, soprattutto sovvertendone il punto di vista. E sì, perché mettere in piedi un piano di interventi educativi su scala urbana, in una città del Sud come Siracusa, può essere fatto lavorando nel chiuso degli uffici comunali, ma anche confrontandosi con i residenti, gli stakeholders, gli attori locali. E farlo all’aria aperta, tra le case e nelle piazze, o in nuovi luoghi riattivati e destinati a pratiche di convivenza e collaborazione. E’ successo e sta succedendo a Siracusa, appunto: città famosa per il suo Parco Archeologico (tra i siti più visitati dell’isola) e per il suo Museo, per le rappresentazioni classiche nel suo teatro greco, per il barocco della ricostruzione post sisma del 1693, per lo splendore degli Iblei intorno e per il mare scintillante e profumato. Ma anche per il trovarsi subito a sud una delle aree industriali petrolchimiche tra le più impattanti per l’uomo e per l’ambiente d’Italia. In questa apparente dicotomia, proprio lì in mezzo, ci sono i siracusani, distribuiti tra centro e periferie: cittadini con precisi bisogni civili e umani, che confidano nelle nuove e nuovissime generazioni la costruzione di un futuro sostenibile. Chiediamo a Valeria Troia, Assessore Comunale Politiche scolastiche, Educative, Giovanili, Infanzia, Università, Decoro Urbano, Informatizzazione e Modernizzazione, Volontariato, Periferie, il perché di questo progetto e gli effetti previsti e già prodotti.

Da quali considerazioni (sociali, tecniche, scientifiche) nasce il nuovo progetto Siracusa Città Educativa? Da quali problemi o contesti prende piede? E quali soggetti ha coinvolto sin dalle fasi di ideazione? E come, secondo quali meccanismi? Perché “Città Educativa”?​
Siracusa Città Educativa è un progetto che nasce dalla consapevolezza che oggi più che mai le politiche educative rivestono un ruolo strategico nella costruzione di un percorso di miglioramento della città e della qualità di vita del cittadino. Ciò è ancor più necessario al Sud, dove per anni l’investimento in Educazione e Cultura è stato marginale, determinando una fotografia del tessuto civico alquanto sconcertante, risultato di una programmazione condotta nella logica dell’emergenza, non in quella di una visione di medio e lungo periodo, e tesa all’assistenza e non all’empowerment della comunità.
Il problema dell’analfabetismo civico nelle città del sud, in particolare in quelle di medie e grandi dimensioni è il risultato di quanto detto sopra, di una politica assente, distante, spesso impreparata a gestire i problemi e i bisogni contemporanei, che ritrovano nella dimensione educativa, culturale e umana le loro radici.
E’ da queste considerazioni che ha preso corpo il progetto di Siracusa Città Educativa, dall’importanza di porre l’educazione come fulcro di numerosi processi per il rilancio del territorio, in una dimensione dove l’educazione possa veramente contribuire ed essere determinante alla creazione di un’altra città possibile.
Educazione intesa non come mero formare, ma come l’etimologia della parola stessa ci dice “tirar fuori”, educazione come azione reciproca per costruire insieme identità e futuro, educazione come democrazia perché l’educazione è il compito più importante della democrazia, della società che investe nei suoi cittadini, dell’ente locale che non delega, che non ridistribuisce risorse tra l’altro sempre minori in considerazione della realtà che oggi gli enti locali vivono, ma che responsabilmente si assume l’onere di programmare interventi in rete in funzione di una città educante.
Sono questi i fondamenti che ci hanno spinto nel maggio del 2014 a sottoscrivere come Comune la “Carta delle Città Educative” e ad aderire attraverso questo impegno all’AICE, Associazione internazionale delle città educative, un’associazione senza fini di lucro costituita da governi locali nel 1990 a Barcellona. L’Aice è una struttura permanente di collaborazione fra Città che si sono impegnate a rispettare i principi previsti dalla Carta delle Città Educative, nel perseguimento di uno specifico obbiettivo: lavorare, in senso cooperativo ed educativo, per lo sviluppo di politiche che diano impulso alla qualità della vita delle persone, unitamente allo spirito di cittadinanza e ai valori di una democrazia partecipata e solidale.
Oggi, l’Associazione Internazionale Città Educative riunisce 521 Amministrazioni Locali di 38 paesi con la finalità di scambiare, cooperare e progredire nello sviluppo e nell’incremento delle pratiche ispirate dalla “Carta delle Città Educative”.
L’adesione a questa realtà è stata per noi l’inizio di un ampio processo di Programmazione e pianificazione strategica partecipata che si avviata nel territorio, un processo capace di intrecciare l’azione istituzionale e quella dei cittadini e delle organizzazioni sociali verso la costituzione di Siracusa città educativa.
Un percorso che ha preso avvio con la costituzione di una cabina di regia permanente con funzione di indirizzo e di monitoraggio della programmazione educativa del territorio, composta dall’Assessorato Politiche Educative del Comune di Siracusa, Prefettura, Azienda Sanitaria Provinciale, Ufficio Scolastico Territoriale, Servizi Sociali Comune di Siracusa,Difensore dei Diritti dei Bambini Comune di Siracusa, Consulta Provinciale degli Studenti.

In cosa consiste il progetto? Chi coinvolge, quali quartieri (e con quali caratteristiche) e quali azioni attua (e con quali obiettivi)?
Il Progetto esprime un programma di lavoro della città che diventa sempre più un sistema educativo, mettendo al centro la dimensione di crescita e di formazione dei cittadini in particolare dei più piccoli, favorendo l’interazione di una pluralità di soggetti, ciascuno dei quali ha una valenza e una responsabilità educativa: istituzioni, associazioni, gruppi operanti nel contesto urbano.
Come recita la carta delle città educative sottoscritta dal Sindaco come impegno di tutta l’amministrazione, “La città sarà educativa quando riconoscerà, eserciterà e svilupperà, accanto alle sue funzioni tradizionali (economiche, sociali, Politiche e di prestazione di servizi) una funzione educativa, ovvero quando assumerà una intenzionalità e una responsabilità circa la formazione, la promozione e lo sviluppo di tutti i suoi abitanti, a cominciare dai bambini e dai giovani." (da "La carta delle città Educative", Associazione Internazionale delle Città Educative - Barcellona, 1990).
Questo l’obiettivo, contribuire a divenire CITTA‘ EDUCANTE, non tanto un singolo progetto, ma un modo di ripensare la città come luogo di relazione, d'identità, di memoria e di benessere collettivo, al quale tutte le sue componenti sono chiamate a contribuire.
Un progetto ambizioso, dunque, che vuole rafforzare l'idea di una città come nodo connettivo dei soggetti istituzionali e non che agiscono al suo interno, per costruire con essi rapporti di cooperazione, condivisione o di scambi di risorse, al fine di far avanzare l'idea che "educare" significhi "fare insieme": amministratori, insegnanti, genitori, volontari, imprenditori, artisti, professionisti, bambini, giovani, perché significa "fare comunità”. Significa scardinare i comparti stagni dei settori istituzionali, per consentire all’educazione di diventare la linfa in grado di far comunicare i vasi che i vari settori rappresentano, per consentire che Siracusa Città educativa divenga l’impegno dell’intera comunità nell’ottica sistemica di porre il cittadino al centro delle politiche di cambiamento.
Siracusa Città Educativa in tal senso non si è rivolta a un quartiere specifico, ma alla città tutta, intervenendo nella periferia riponendola al centro dell’attenzione della città, intervenendo nelle scuole, riconoscendole non solo come le agenzie educative formali, ma come connettori civici, intervenendo nella città nella convinzione che anche le scelte architettoniche e urbanistiche contribuiscano a determinare la misura di una città educativa.
In tale ottica il progetto incrociando alcuni obiettivi dell’amministrazione ha individuato 4 macroaree di intervento: Bisogni educativi, Stili di Vita, Sostenibilità Ambientale e Innovazione Sociale.
I fondamenti e gli obiettivi delle quattro aree di intervento sono state discusse attraverso un Workshop aperto alla Città, il cui risultato ha condotto alla stesura di un ulteriore documento, divenuto la “Carta Collaborativa di Siracusa Città Educativa”. Un documento condiviso con tutti gli attori che direttamente o indirettamente si occupano di educazione, una Carta di impegno civico, in grado di supportare il percorso della Città verso l’orizzonte di Comunità Educante. A partire da quella data hanno preso avvio i numerosi progetti inquadrabili ognuno nella propria area di intervento
(https://cittaeducativa.comune.siracusa.it).

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In che modo il porgetto caratterizza la vita quotidiana della comunità siracusana?
Per rispondere a questa domanda e risultare comprensibile preferisco fare alcuni esempi. La mattina ad esempio in cinque istituti della città si va a scuola a piedi, con il Piedibus, coinvolgendo genitori e volontari, alcune strade della città sono state decongestionate dal traffico mattutino, ma sopratutto numerosi bambini sono stati educati all’autonomia nello spazio urbano e a percorsi casa-scuola sostenibili. I bambini multano eticamente gli automobilisti indisciplinati e imparano a guardare le criticità della città e dei cittadini, i genitori si allenano sulla responsabilità del ruolo e al rispettare i tempi dei loro figli.
Ancora, in periferia dentro la “Casa dei Cittadini”, un progetto di innovazione sociale che ha messo in piedi in una scuola, con il supporto di 13 associazioni di volontariato, un luogo di aggregazione, di ascolto, di formazione e di comunità, il pomeriggio si fanno ripetizioni, si gioca a rugby, si producono abiti nel laboratorio di sartoria e si scambiano oggetti e vestiti nella bottega delle cose.
Ancora, i ragazzi più grandi la mattina utilizzano “Officina Giovani”, uno spazio dedicato alle politiche giovanili, progettato e realizzato con la collaborazione e il lavoro della consulta degli studenti, per l’alternanza scuola lavoro, mentre il pomeriggio fanno laboratori linguistici con i ragazzi stranieri degli SPRAR e discutono di educazione di genere. Sono molti i semi piantati, e oggi il progetto comincia a far intravedere i primi germogli. [Sul sito tutte le schede dei progetti, che si consiglia di leggere tutti per avere una dimensione esatta del lavoro svolto, NdR]

Che modifiche ha apportato, se ne ha apportate, alla vita delle persone coinvolte? Come riuscite a valutarle?
La modifica più importante è sicuramente coincidente con l’obiettivo del progetto, ed è l’alfabetizzazione civica. Tutti i cittadini coinvolti nei vari progetti, bambini, insegnanti, genitori, associazioni, dipendenti comunali, sono il risultato di un processo teso a capovolgere l’originale approccio verticale, e a promuovere quello circolare.
In tale logica i cittadini non sono più attori passivi del processo, ma diretti protagonisti non soltanto nelle fasi di progettazione, ma anche e sopratutto di attuazione, in un rapporto teso a promuovere la responsabilità condivisa nei processi di miglioramento della città. Il “fare insieme” insieme diventa il tal senso il filo conduttore di tutti gli interventi, a prescindere dall’ambito tematico, nella consapevolezza che per costruire una città educante non situò prescindere dalla costruzione di una comunità educante. come diceva Lefebvre la città ideale è “una continua opera degli abitanti, essi stessi mobili e resi mobili per e da questa opera”.

Come funziona la gestazione e la gestione delle azioni e delle iniziative? Ci piacerebbe conoscere i passaggi, le forme di partecipazione e di collaborazione tra i soggetti coinvolti: amministrazione comunale, assessorati, funzionari, operatori, stakeholders, eventuali organizzazioni coinvolte (anche private; anche profit, se ci sono), destinatari e beneficiari.
Dopo un anno dall’avvio del progetto di Siracusa città educativa, e alcuni progetti pilota partiti sul territorio, (nella responsabilità di incardinare il progetto all’interno della macchina amministrativa, aldilà di un mandato politico e al fine di garantirne la sostenibilità), abbiamo costituito un ufficio integrato all’interno del Comune. L’ufficio di Siracusa Città Educativa è un ufficio dove afferiscono dipendenti con funzioni e competenze diverse, dalle politiche educative alla cultura, dai servizi sociali ai beni comuni, dall’ambiente alle politiche innovative; l’ufficio è coordinato dalle politiche educative ed ha funzione di indirizzo, programmazione, attuazione e monitoraggio dei vari progetti avviati. Tutti i progetti, a seconda dei destinatari e del contesto, si sono avvalsi di patti di collaborazione; così è stato con i 15 Istituti comprensivi della città, che abbiamo messo in rete attraverso un patto siglato l’anno scorso con tutti i dirigenti scolastici, un patto che impegna Comune e scuole nella costruzione del Piano dell’offerta formativa delle scuole, in una logica di network educativo. Ogni anno a settembre dirigenti, genitori e assessorato si incontrano per costruire i progetti che poi vengono scelti da reti di scuole, che li sperimentano per poi trasferiti l’anno successivo ad altre scuole. In questo modo l’obiettivo a cui si punta è costruire non la singola scuola, ma una Scuola di territorio, risultato dell’impegno di tutti. Così è stato ancora in periferia, dove attraverso un progetto Comunitario, Urbact, abbiamo dato vita alla Casa dei Cittadini, con un patto condiviso con associazioni e cittadini, che lavorano a servizio e per rilanciare il quartiere.
Dopo questo percorso condiviso al fine di strutturare sempre più anche le numerose associazioni no- profit che in questi anni hanno supportato il progetto e le iniziative, nel novembre 2016 abbiamo avviato una manifestazione di interesse, volta a costruire gli “Amici di Città Educativa”, ossia tutto quel fervido tessuto associativo che ha supportato e supporterà le diverse progettualità nel territorio.

Come vengono affrontati i costi di gestione e di esecuzione? Qual è il ruolo dei finanziamenti pubblici? Esistono finanziatori privati?
Il progetto si avvale ad oggi di finanziamenti comunali, sempre troppo esigui purtroppo per le esigenze e i bisogni della città. I finanziamenti vengono utilizzati per l’acquisto dei vari materiali di lavoro, e utilizziamo personale interno, professionalità provenienti dal mondo accademico, con il quale abbiamo stretto dei protocolli di intesa, o appartenente a realtà associative che collaborano con noi volontariamente. Al fine di sopperire a questa criticità stiamo lavorando alla possibilità di piani di gestione che prevedono la formula del partenariato pubblico- privato, e continuiamo a partecipare a bandi nazionali e comunitari atti a reperire fondi pubblici.

Che criticità avete riscontrato strada facendo? È un esperimento replicabile in altri contesti?
Le criticità riscontrate sono molteplici a parte la carenza di fondi, quelle maggiormente di impatto sono sicuramente individuabili in tre macro categorie:

  • Le amministrazioni pubbliche sono poco abituate a processi di innovazione sociale di tale portata, concentrate a lavorare sull’ordinario e non sulla costruzione di un progetto integrato di medio e lungo periodo, con una scarsa predisposizione a costruire reti fattive e collaborative vere;
  • Il tessuto civico è spesso sfiduciato e cresciuto nella logica della pretesa non del condividere la responsabilità di alcune azioni;
  • E infine la politica, io vengo spesso definita “diversamente politica”, proprio per questo, alla stregua della resistenza registrata inizialmente dai cittadini, la politica fa ancora una grossa fatica a comprendere l’importanza di questi processi e continua ad utilizzarli esclusivamente per raccogliere consenso, e non con una logica di progettualità.

Che futuro intravedete per Siracusa Città Educativa”? In cosa si evolverà? E cosa lascerà alle persone coinvolte e ai loro quartieri? Che cittadini futuri verranno fuori da questo esperimento?
Mi trovo spesso a dire che Siracusa Città Educativa è un seme capace di germogliare futuro, ma saremo in grado di misurare l’impatto quando io non ricoprirò più l’attuale ruolo e la responsabilità passerà completamente agli uffici e sopratutto alla città e ai cittadini che abbiamo coinvolto. In questi mesi il progetto farà un ulteriore passo verso il radicamento civico, attraverso la collocazione di alcune attività e degli uffici, in luogo simbolo che contiamo di aprire insieme a marzo, l’Urban Center la Casa della Città, un luogo dove crescere, formarsi, fare cultura, lavorare e sopratutto co-progettare il futuro di Siracusa. Ciò che mi auguro lasci il progetto alle persone e ai quartieri, è un nuovo modo di approcciarci alla città, che è quello capace di passare dalla partecipazione alla collaborazione, al fare insieme, al senso di comunità capace in modo innovativo e duraturo di rispondere ai nuovi bisogni e interpretare il cambiamento. Mi auguro di lasciare cittadini responsabili e consapevoli dell’importanza del loro ruolo qualsiasi esso sia all’interno della società, mi auguro di lasciare persone capaci di dialogare e di fare della relazione e dello scambio un fattore di crescita.

Che futuro immaginate per la città? E per il territorio ibleo orientale?
Il futuro che immagino è una città come bene comune, una città di qualità, una città delle persone. C’è un video che lo sintetizza a pieno e che si trova su YouTube e sulla piattaforma di città educativa:
Educating Cities video concept

Didascalie: Attività realizzate durante il progetto “Siracusa città educativa”, immagini tratte dal sito web.

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