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Sfide e opportunità del «secondo welfare» in Italia

  • Pubblicato il: 15/12/2015 - 16:20
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Vittoria Azzarita

A fine novembre è stato presentato presso la Biblioteca Nazionale di Torino il «Secondo Rapporto sul secondo welfare in Italia». Lo studio coordinato dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, in collaborazione con l'Università di Milano e il Corriere della Sera, e con il sostegno di importanti istituzioni tra cui Fondazione Cariplo, Fondazione Cariparo, Fondazione CRC e Fondazione CON IL SUD, indaga i fenomeni endogeni ed esogeni che influenzano lo sviluppo di modelli alternativi di protezione sociale nel nostro Paese. Lo studio evidenzia come le Fondazioni di origine bancaria siano «uno dei principali e più attivi protagonisti del secondo welfare» in Italia, giocando un ruolo fondamentale nel contrasto alle nuove forme di povertà
 
 
 
Il 27 novembre la Biblioteca Nazionale di Torino ha ospitato la presentazione del Secondo Rapporto sul secondo welfare in Italia[1]. Lo studio si inserisce all'interno di un progetto più ampio nato nell'aprile 2011, quando il Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi ha accettato l'invito a coordinare e sviluppare un laboratorio di ricerca dedicato all'analisi dei fenomeni endogeni ed esogeni che influenzano la nascita e la diffusione di forme alternative di protezione sociale nel nostro Paese.
In collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e il Corriere della Sera, e grazie al sostegno di importanti partner istituzionali - Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Fondazione Cariparo, Fondazione CRC, Fondazione CON IL SUD, Forum ANIA Consumatori, KME, Luxottica, Cisl Lombardia, Cisl Piemonte e Comune di Torino – il progetto «Percorsi di secondo welfare» da oltre quattro anni anima il dibattito intorno al concetto di «secondo welfare», pubblicando ricerche e contributi originali, e organizzando eventi e convegni sull'argomento.
 
Apparsa per la prima volta cinque anni fa in un'inchiesta di Dario Di Vico per il Corriere della Sera, l'espressione «secondo welfare» è entrata progressivamente a far parte del linguaggio corrente, indicando oggi l'insieme delle molteplici e variegate iniziative di welfare non pubblico, ossia i nuovi modelli organizzativi, gestionali e finanziari che mobilitano risorse private, aggiuntive a quelle statali, per far fronte a bisogni e aspettative crescenti.
 
La crisi del «primo welfare»
In Italia, come in molti altri Paesi europei, la congiuntura economica sfavorevole degli ultimi anni è stata una delle cause principali della crisi del welfare pubblico, o del cosiddetto «primo welfare», in quanto la contrazione delle risorse finanziarie a disposizione della macchina statale ha prodotto una riduzione della spesa sociale, sia in termini quantitativi che qualitativi, e una crescente difficoltà dell'attore pubblico a fornire risposte adeguate a nuove categorie di bisogni e aspettative.
 
A fronte di una spesa complessiva per la protezione sociale in linea con la media dell'Ue a 28, il Rapporto individua nell'articolazione interna della spesa sociale la principale criticità del welfare state all'italiana. Il nostro sistema pubblico di protezione dai rischi continua a privilegiare la componente anziana della popolazione, dedicando la maggior parte delle risorse disponibili agli interventi di tipo previdenziale e sanitario. Questo atteggiamento anacronistico ha fatto sì che il nostro Paese si trovasse impreparato di fronte all'emergere di nuovi tipi di povertà – quale quella educativa e alimentare – e di nuovi soggetti deboli come i giovani e le famiglie. Se si prendendo in considerazione le valutazioni della Ragioneria Generale dello Stato, si nota come la quota complessiva di spesa per «Vecchiaia, Superstiti e Sanità» per anziani sia pari al 20 per cento del Pil, rispetto alla spesa per i giovani e le famiglie che raggiunge appena l’1 per cento del Pil.
 
Inserendosi in una zona grigia, il secondo welfare ha saputo intercettare una domanda inevasa ed è stato capace di ideare e realizzare modelli innovativi per la fornitura di servizi sociali altrimenti non disponibili. I dati raccolti all'interno dello studio del Centro Einaudi parlano di un settore che negli ultimi due anni «ha incrementato la sua rilevanza economica, finanziaria e occupazionale, diventando sempre più una realtà che incide direttamente e concretamente sulle condizioni di vita di milioni di cittadini di ogni età».
 
Il ruolo delle Fondazioni di origine bancaria
Gli attori privati – imprese, fondazioni, associazioni, e altri enti del Terzo Settore – sono coloro che forniscono le risorse necessarie alla sperimentazione di nuovi strumenti, capaci di offrire soluzioni concrete alla rapida e incessante trasformazione dei bisogni che ha portato alla nascita dei cosiddetti «nuovi rischi»: precarietà lavorativa, conciliazione vita-lavoro, carenze educative e alimentari.
 
A questo proposito il Rapporto evidenzia il ruolo fondamentale giocato dalle fondazioni di origine bancaria (Fob), definite «uno dei principali e più attivi protagonisti del secondo welfare» in Italia. Secondo le cifre riportate dallo studio, nel 2014 le erogazioni delle Fob - in valori assoluti - sono state pari a 911,9 milioni di euro per 22.805 interventi, rispetto agli 884,8 milioni di euro e ai 22.334 interventi registrati nel 2013. «La distribuzione delle erogazioni per settore beneficiario mostra la centralità del welfare. Con riferimento al 2014, dopo il settore Arte, Attività e Beni culturali (con il 29,9 per cento degli importi erogati e il 34,1 per cento degli interventi) troviamo il settore Volontariato Filantropia e Beneficenza che, salendo di ben tre posizioni rispetto alla rilevazione 2013, registra un importo complessivo di erogazioni pari a 131,7 milioni di euro e 2 812 iniziative (in termini percentuali, 14,4 per cento degli importi e 12,3 per cento del numero di interventi totali). Stabile al terzo posto si colloca il settore Assistenza sociale, con 123,6 milioni di euro e 2 385 interventi (il 13,6 per cento degli importi e l’10,5 per cento del numero). Educazione, Istruzione e Formazione si conferma al quarto posto, con 120,9 milioni di euro erogati (13,3 per cento del totale) e 3 808 interventi (16,7 per cento)».
 
Il Rapporto precisa come il coinvolgimento delle Fondazioni di origine bancaria meriti in realtà un ulteriore elogio, se si prende in considerazione il fatto che «la Legge di Stabilità per il 2015 ha introdotto un innalzamento della tassazione a carico delle Fob di 20 punti percentuali (Acri 2015)[2], generando un incremento del carico fiscale sull’insieme delle fondazioni di quasi quattro volte in soli tre anni e raggiungendo un livello mai toccato in passato. Ne è derivato un livello di imposizione di gran lunga superiore a quella dei soggetti privati for profit, le cui risorse non vengono riversate a favore della collettività e un ulteriore allontanamento delle fondazioni italiane da quegli analoghi soggetti non profit che in tutta Europa godono, per le finalità a cui tendono e il ruolo che svolgono, di una fiscalità di vantaggio».
 
Oltre a mettere in campo un'ingente quantità di risorse finanziarie, le Fondazioni di origine bancaria si sono dimostrate maggiormente ricettive verso la promozione e la diffusione di nuove logiche d'intervento soprattutto nel campo dei servizi alla persona. Ne sono un esempio tangibile il bando «Welfare di comunità e innovazione sociale» di Fondazione Cariplo, che ha stanziato 30 milioni di euro di cofinanziamento per tre anni (dal 2014 al 2016), destinati a progetti che prevedono percorsi di programmazione aperti e partecipati alle tante realtà presenti sul territorio. Oppure il bando «Cantiere Nuovo Welfare» della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo che incoraggia iniziative capaci di integrarsi con la programmazione pubblica dei servizi alla persona già attivati sul territorio, nella logica dell’integrazione.
 
Da non sottovalutare, inoltre, l'impegno profuso dalle Fondazioni di origine bancaria per contrastare il proliferare di nuove forme di povertà, come la povertà educativa. Denunciata da Save the Children nel Rapporto «Illuminiamo il futuro 2030 - Obiettivi per liberare i bambini dalla Povertà Educativa», la povertà educativa indica « la mancanza delle competenze necessarie per uno sviluppo adeguato e per farsi strada nella vita». La gravità del fenomeno è tale che in Italia «solo il 14% dei bambini tra 0 e 2 anni riesce ad andare al nido o usufruire di servizi integrativi, il 68% delle classi della scuola primaria non offre il tempo pieno e il 64% dei minori non accede ad una serie di attività ricreative, sportive, formative e culturali. In particolare, il 48,4% dei minori tra 6 e 17 anni non ha letto neanche un libro nell’anno precedente, il 69,4% non ha visitato un sito archeologico e il 55,2% un museo, il 45,5% non ha svolto alcuna attività sportiva»[3].
Con l'intento di offrire efficaci misure di contrasto a questa seria minaccia al progresso del capitale umano del Paese, «nel 2014, il 13,3% del totale delle erogazioni monetarie delle Fob – per un ammontare pari a 120,9 milioni di euro – è stato destinato al settore “Educazione, istruzione e formazione” [...] Numerosi i settori di intervento trasversali alle iniziative messe in campo nei territori: dalla lotta alla dispersione scolastica al miglioramento delle competenze attraverso la diversificazione della proposta curriculare, dall’organizzazione di attività extracurriculari al finanziamento di borse di studio per studenti particolarmente meritevoli».
 
Principali sfide e opportunità
Fondato su tre pilastri principali – l'apertura a soggetti pubblici, l'innovazione sociale, e l'empowerment – il secondo welfare si trova oggi in bilico tra sfide da affrontare e opportunità da cogliere. Sul fronte delle criticità, resta aperto il dibattito sulla funzione che il secondo welfare dovrebbe svolgere rispetto al welfare pubblico. Non essendosi sopito il timore di una mera sostituzione del pubblico con il privato, gli esperti del settore sono concordi nel ritenere che il secondo welfare dovrebbe svolgere un ruolo complementare e integrativo e non sostitutivo del servizio pubblico, dando vita a un intreccio di competenze, servizi e strumenti che sia il più virtuoso possibile in termini di efficienza, efficacia ed equità.
 
Al contempo, affinché si possa generare un intensificarsi di collaborazioni sinergiche orientate alla costruzione di reti multi-stakeholder e di processi partecipati, è necessario creare maggiori opportunità di coinvolgimento per far sì che i soggetti attivi nella produzione del secondo welfare, e quelli potenzialmente interessati, possano accedervi sempre più numerosi. In questo modo sarà possibile favorire la costituzione di partnership pubblico-privato-privato non profit, considerate come la novità più rilevante introdotta in Italia dalle pratiche di secondo welfare.
 
A questo proposito il Rapporto auspica l'adozione di alcune strategie di intervento interne ed esterne. Tra i «volani interni», lo studio cita «percorsi non convenzionali per l’accesso al credito» creando opportunità di coinvolgimento delle banche interessate già nelle fasi di definizione dei nuovi progetti. Oppure «l’estensione delle reti e il trasferimento di conoscenze e buone pratiche, per superare frammentazione e duplicazioni e per rafforzare il secondo welfare nel Mezzogiorno». Sul fronte dei «volani esterni» sono soprattutto gli interventi di carattere normativo e istituzionale ad essere visti come prioritari. Rientrano tra questi, ad esempio, la riforma del Terzo Settore, l'introduzione del voucher universale servizi alla persona, la realizzazione di un fisco pro-welfare, l'introduzione del reddito minimo garantito, l'attuazione del Jobs Act per quanto riguarda le politiche dell’impiego e di conciliazione vita personale-lavoro.
 
Il consolidamento del secondo welfare appare essere un processo ineluttabile, in un contesto in cui la trasformazione dei bisogni si configura come un fenomeno inarrestabile, che genera a sua volta la nascita di nuove forme di vulnerabilità sociale. Il confronto internazionale mostra che una sapiente collaborazione tra pubblico, privato e Terzo Settore può essere la strategia vincente per arginare l'avanzare degli squilibri sociali, siano essi di recente o di antica formazione. Non essendo più in grado di fornire garanzie universali e illimitate, è giunto il tempo anche per lo Stato italiano di prendere atto del fatto che prima imparerà a rapportarsi con il secondo welfare, prima potrà riconquistare la sua essenziale centralità nella disciplina della cura e della protezione dei suoi cittadini.
 
 
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[1]    La versione integrale del Rapporto è scaricabile gratuitamente al seguente link http://secondowelfare.it/edt/file/Versione_integrale_2R2W.pdf

[2]    Acri (2015), Ventesimo rapporto sulle fondazioni di origine bancaria, Roma

[3]    Secondo i dati riportati da Save the Children, «quasi il 25% dei quindicenni è sotto la soglia minima di competenze in matematica e quasi 1 su 5 in lettura, percentuale che raggiunge rispettivamente il 36% e il 29% fra gli adolescenti che vivono in famiglie con un basso livello socio-economico e culturale: povertà economica e povertà educativa, infatti, si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione. D’altra parte, notevoli sono le carenze di servizi e opportunità formative scolastiche ed extrascolastiche.». La versione integrale del rapporto può essere scaricata gratuitamente al seguente link http://images.savethechildren.it/IT/f/img_pubblicazioni/img274_b.pdf?_ga=1.49103654.1204142943.1441630896