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Il Festival del Giornalismo Culturale. Come raccontare il patrimonio culturale

  • Pubblicato il: 15/10/2017 - 20:00
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Giangavino Pazzola

Come occorre lavorare sulla comunicazione del nostro patrimonio e quali sono le nuove frontiere del giornalismo culturale? Quali le criticità e le risorse per raccontare l’identità più profonda del nostro Paese e proiettarla nel futuro? A Urbino, Pesaro e Fano si è svolta da quinta edizione del Festival del giornalismo Culturale, con il racconto di ricerche ed esperienze del (e dal) mondo della comunicazione che mette la cultura al centro di interesse e di promozione del territorio. Ne abbiamo parlato con Lella Mazzoli, direttrice del Festival del giornalismo culturale.
 

 
Urbino – Le Marche, dal 12 al 15 ottobre, sono state ottimo palcoscenico per la quinta edizione del Festival del Giornalismo Culturale. Un’esperienza che diventa ogni anno più stimolante per le sue capacità di far luce sul mondo della comunicazione e dell’informazione in ambito culturale, penetrando nel territorio marchigiano – creando legacy con audience ed enti locali – in un’ottica di valorizzazione culturale dei luoghi. Partito da Urbino, il calendario di appuntamenti è allargato di anno in anno alle realtà limitrofe, con una quinta edizione che ha coinvolto anche luoghi suggestivi delle città di Pesaro e Fano – come il Teatro Rossini, il Teatro della Fortuna, il Palazzo Bambini e il Centro Arti Visive Pescheria. Ad aprire le danze la lectio magistralis di Carlo Ossola, docente al Collège de France, Parigi, membro dell’Accademia dei Lincei e dell’American Academy of Arts and Sciences, oltre che giornalista del Sole 24 Ore. In apertura del Festival, inoltre, sono stati presentati i dati della ricerca Informazione e patrimonio culturale. Come si informano gli italiani; come si comunicano i musei – (approfondimenti in un prossimo articolo) curata dall’Osservatorio News-Italia (news-italia.it) del LaRiCA dell’Università di Urbino Carlo Bo – che tratteggia un quadro in cui l’informazione culturale viene assimilata nel 70% dei casi attraverso la tv, primo tra i media utilizzati; con radio in crescita e carta stampata in diminuzione. Dalla ricerca, condotta con oltre mille questionari e interviste, emerge un fruitore affezionato ai media tradizionali, con solo il 30% degli italiani che utilizza gli strumenti online (internet secondo media utilizzato), adottando un approccio multicanale – sebbene l’utilizzo dei social network dimostri un trend crescente.
Proprio nei giorni del Festival abbiamo parlato di temi e strategie di sviluppo della rassegna con la professoressa Lella Mazzoli, ordinario di sociologia della comunicazione all’Università degli Studi di Urbino e direttore del Festival del giornalismo culturale, e qui di seguito ne riportiamo i contenuti. Gli ospiti della rassegna marchigiana provengono da mondi diversi, come commenta Mazzoli «dal giornalismo, dall’accademia, dai musei, dalle istituzioni, noi cerchiamo sempre di far dialogare le persone di esperienza con coloro che tentano strade innovative, aprendo il più possibile al confronto col pubblico».
 
L’edizione 2017 del Festival del Giornalismo Culturale è dedicata al patrimonio culturale, con un titolo ambizioso Patrimonio culturale. Una Storia, 1000 modi per raccontarla. Siete arrivati alla quinta edizione, allargando il network delle città che ospitano gli appuntamenti del Festival. Può raccontarci l’esigenza dalla quale è nato questo progetto e quali sono i suoi obiettivi?
 
Lei ha colto l’ambizione che c’è nell’edizione di quest’anno. E’ in effetti il titolo stesso a farlo capire. Ci siamo accorti, anno dopo anno, che erano due i filoni che interessavano di più al pubblico e che erano potenzialmente utili per la comunità, in particolare per le comunità locali, di qui anche l’estensione a tre città dell'edizione 2017. Siamo partiti dall’idea di fare un Festival su un tema che in Italia è abbastanza trascurato, ovvero il modo in cui i media parlano di cultura. I primi anni abbiamo soprattutto offerto delle fotografie dei vari media, ma poi dallo scorso anno ci siamo concentrati come dicevamo su due filoni: come sta cambiando il racconto del patrimonio culturale, soprattutto attraverso l’uso delle nuove tecnologie e dei nuovi media, e come si sta trasformando, sempre per via della rivoluzione digitale, l’informazione culturale. Un Festival dunque che guarda al passato, al presente e al futuro.
 
In questi anni avete avuto modo di analizzare flussi e esigenze del pubblico che frequenta i vostri appuntamenti? In che modo andate incontro alla costruzione di una comunità di interessati durante l’anno?
Si, ogni anno abbiamo monitorato, attraverso questionari e interviste, il nostro pubblico. Volevamo cercare di capire le ragioni della loro presenza, cosa li interessasse in particolare, cosa avrebbero voluto da una manifestazione come la nostra. E, anno dopo anno, abbiamo cercato di rispondere a quelle domande, a quei desideri. Durante l'anno – inoltre – cerchiamo di tener vivo il rapporto con il pubblico attraverso i social media, e intessendo legami con chi si occupa del settore e organizza eventi simili al nostro. In linea di massima i nostri panel vengono seguiti dalle 150 alle 300 persone partecipanti a ogni singola discussione. Quest’anno ci aspettavamo tra le 900 e le 1500 persone, aspettativa ampiamente ricambiata e della quale nelle prossime settimane avremo i dati certi.
 
 
Un aspetto molto importante, e che rende quasi unico il vostro festival, è la sezione dedicata ai concorsi. Potrebbe raccontarci qualcosa in più, facendo riferimento anche ai numeri e alla qualità della partecipazione?                                          
Dalla prima edizione abbiamo pensato di indire un concorso per incentivare e riconoscere il lavoro di giovani giornalisti under 35 e quello degli allievi delle Scuole di giornalismo in specie incentivarli a scrivere di Cultura. Il primo anno abbiamo avuto un numero piccolo di partecipanti, mentre oggi che abbiamo due premi – il secondo dedicato allo scomparso Paolo Angeletti, giornalista culturale di QN- Quotidiano Nazionale - Il Resto del Carlino – il numero di domande è più alto, con circa una trentina di applications per concorso, con una qualità mediamente buona. Ogni selezione prevede un premio: sia quello dedicato ai Giornalisti under 35 anni e praticanti delle scuole di giornalismo in Italia, sia quello esclusivo per Praticanti delle Scuole di giornalismo in Italia hanno una ricompensa di 1.000 euro per ciascun concorso.  I vincitori, inoltre, sono ospiti del Festival durante i giorni di attività.
A questi concorsi se ne aggiungono altri: uno vede la partecipazione dei Licei delle Marche. In collaborazione con l'Ufficio scolastico provinciale, infatti, coinvolgiamo docenti e studenti dei licei ad inviare un elaborato che racconti cultura e patrimonio culturale. In questa edizione i ragazzi hanno dovuto costruire uno spot che promuovesse il nostro patrimonio. Un modo e un linguaggio straordinario per diffondere la nostra ricchezza.
Per chiudere, e sempre nell’ottica di coinvolgere i ragazzi dei licei, abbiamo inventato un gioco dal titolo: "Sfida all'ultima pagina". Si tratta di un gioco a squadre in cui i ragazzi delle classi partecipanti devono dimostrare di conoscere il libro che è stato scelto, per questo evento, dalla giuria e dagli insegnanti. Anche in questo caso abbiamo un premio di 500 euro che viene destinato alla scuola dello studente vincitore.
 
Il Festival è accessibile e, a differenza di altre esperienze simili sul territorio nazionale, totalmente gratuito. Come riuscite a garantire una sostenibilità economica a questo progetto? Quali enti finanziano e in che modo il vostro progetto? 
L'Università di Urbino, le Amministrazioni delle Città dove si svolge il festival, alcuni sponsor e sostenitori privati. Ma questi introiti non riuscirebbero a garantire la realizzazione degli eventi. Infatti il Festival è possibile per la gratuità degli ospiti, nessuno percepisce alcunché. Possono esserci eccezioni per gli artisti. A questo va aggiunto che dell'organizzazione del festival si occupa volontariamente e gratuitamente un gruppo di giovani donne laureate. Ovvio che anche la direzione non percepisce alcun compenso. Solo così riusciamo a investire un po' di danaro in promozione del festival. Gran parte dei costi sono dedicati all’organizzazione del Festival, ai rimborsi di viaggio e pernottamento degli ospiti e alla comunicazione. Il budget a disposizione dell’iniziativa varia da edizione a edizione a seconda della durata e del numero di ospiti presenti. La percentuale di finanziamento pubblico è sensibilmente maggiore rispetto a quello privato (indicativamente 70 e 30 per cento)
 
Avete partecipato al Salone del Libro nella sezione Super Festival. Quali sono le possibilità di tale format e quali i limiti, dal vostro punto di vista?                         
È stata una bella opportunità che ha permesso di far conoscere il nostro festival in un contesto ricco di presenze qualificate. Non vedo limiti a questo format. È stata la prima volta che il Salone ha aperto ai festival culturali, per quel che sappiamo, certamente può essere migliorabile, ma già così ci è piaciuto. Per esempio sarebbe interessante avere una maggiore interazione con tutto il Salone e pensare a un modello che non limitasse la partecipazione dei festival in modo autonomo o autogestito, intendiamo la possibilità di interagire con altri Festival analoghi o anche diversi per argomento ma simili per organizzazione e perché no anche con gli eventi del Salone stesso.

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