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Da ArtLab, le maggiori organizzazioni culturali da tutta Italia a confronto per non subire la Crisi

  • Pubblicato il: 29/09/2012 - 11:14
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Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni

Lecce. Giornata assolata e ben augurante ai Teatini, focal point della tre giorni di ArtLab 2012, Dialoghi intorno al Management culturale. I maggiori progetti e organizzazioni culturali da tutta Italia a confronto per testimoniare le pratiche di cambiamento di fronte all'instabilità degli scenari economici che hanno messo in discussione il mercato, e per il settore culturale le forme tradizionali di accesso ai fondi. Non solo il settore Pubblico, ma anche l'erogazione Privata hanno subito un sostanziale ridimensionamento, che ha messo le organizzazioni di fronte a nuove sfide per ridisegnare il loro orizzonte di sostenibilità. Questo ha generato un'opportunità sorprendente per loro di ripensarsi e disegnare modelli di governance inediti.
Come introduce Lucio Argano: «Il tema non è quindi (solo) inventare e diversificare forme e fonti di finanziamento. Il tema è invece creare delle prospettive di valenza strategica che consentano nella gestione dell'incertezza una maggiore elasticità, atta a fornire risposte complesse a domande complesse, soddisfacendo così anche il problema delle risorse insufficienti. Del resto quando tutto sembra condannato alla pesantezza, occorre volare in altri spazi, non come fuga, cambiando approccio, guardando al mondo con un'altra logica, con altri metodi di conoscenza e di azione».
Sarebbe comunque fuorviante concentrarsi sulla parola «complessità», poiché come chiosa Sara Bonini Baraldi, le organizzazioni culturali non lavorano mai in scenari di stabilità e linearità: al loro  l'instabilità, l'ambiguità, il divenire sono gestite quotidianamente. Dunque non c'è veramente Crisi, ma un nuovo adattamento dinamico delle organizzazioni.
I primi a commentare sono Nicolò Bini e Anna Spreafico di Esterni[1], impresa culturale milanese, attivissima dal 1995 sul territorio, con progetti fra gli altri quali il Public Design Festival e Milano Film Festival, recentemente concluso :«fondamentale è l'ascolto del territorio, che permette una progettazione sartoriale, su misura per I bisogni reali che si manifestano. Con gli anni ci siamo adattati, modificati, mantenendo in nostri valori fondamentali chiari, ovvero sia l'offerta di servizi per la comunità che attivino partecipazione e inclusione nei progetti culturali». L'interdisciplinarietà è una forza nella loro esperienza, che spazia dai linguaggi dei design, fino a quelle del cinema. Non bisogna perdere la propria identità, ma mantenersi riconoscibili nella propria azione.
Fabio Naggi di Uno Teatro- Stilema di Torino[2] testimonia il passaggio da una dimensione aziendale, votata al mantenimento di obiettivi pre-stabiliti a quella di impresa, ovvero di ritorno alla ricerca di una governance nuova con obiettivi inediti. La cooperativa si è proposta in veste  di erogatrice di servizi per altre compagnie di produzione teatrale, costruendo una piattaforma che possa tutelare la parte artistica delle produzioni con una consulenza per la struttura organizzativa. Non solo, la rete rafforza relazioni e visibilità, ma semplifica l'organizzazione che si snellisce di figure e ruoli, per concentrare attività su chiari referenti. Linda di Pietro, project manager di Indisciplinarte srl[3], concentra l'attenzione su obbiettivi di coerenza, qualità del lavoro, radicamento e ascolto del territorio, progettazione partecipata, inter-disciplinarietà e costruzione di network nazionale e internazionale. Nella sua esperienza di gestione partecipata di soggetti privati del Caos, Centro Arti Opicificio Siri[4], ha maturato anche posizioni critiche utili a rivedere la strategia di governance: lavorare sull'eco-sostenibilità dei beni gestiti, e concentrarsi su eventi che fidelizzino con il territorio e non i cosiddetti «hangover».
Emiliano Paoletti, dopo l'esperienza di «Enzimi» a Roma, sta traghettando il BJCEM[5] verso nuovi orizzonti, dove il benessere e la motivazione delle risorse umane è centrale: valorizzare i collaboratori, con la stabilizzazione della posizione contrattuale, genera un effetto moltiplicare in termini di investimento di tempo e progettazione per l'organizzazione. La condivisione delle risorse è lo strumento che fortifica la sostenibilità del progetto: ogni socio è chiamato a contribuire proporzionalmente alle sue capacità, con responsabilità. Un bilancio sociale rende trasparente il processo di condivisione.
Infine Roberto Covoli introduce il caso di San Vito dei Normanni, piccolo borgo nell'entroterra salentino, dove l'ex stabilimento vitivinicolo Fadda ha ripreso vita, sotto il progetto di riqualificazione exFadda[6]dobbiamo chiederci se siamo utili al territorio. Dobbiamo aiutare con azioni concrete». Impossibile pianificare poiché le buone idee sono sempre alla porta e possono aprire orizzonti. Abbattere le distanze con i bisogni del territorio, che metaforicamente si visualizza con l'abbattimento dei muri di recinzione dell'ex Fabbrica, ha restituito alla comunità la propria storia e il futuro e la voglia di partecipare.
L'intervento di Marcello Minuti di Struttura Srl richiama alcuni principi fondamentali che le imprese culturali devono tenere in considerazione: la razionalità del proprio operato, in termini di amministrazione oculata, gestione efficace, pianificazione per obbiettivi chiari e controllo dei processi.  L'impresa culturale produce ritorno su lungo periodo, ma nessuno si è ancora preso la briga di analizzarla con parametri confacenti. Ci sono problemi di definizione delle competenze di chi vi lavora, derivanti da un sistema formativo che non pensa all'integrazione fra mondo accademico e mercato: troppi sono gli inoccupati, molti non hanno le professionalità corrette. Inoltre latita una politica strutturata di incentivi all'Impresa: bene sostenere con dati alla mano che l'industria creativa genera PIL, ma concretamente chi si sta prendendo caro delle necessità di questa filiera economica?
La politica dovrebbe concentrarsi nell'elaborare le opportune regole che indirizzino il governo dei beni pubblici da parte dei privati: è l'unica via per rimettere in moto la filiera.
Chiude Lucio Argano: «la sostenibilità così intesa significa impartire maggiormente direzione politica e sociale all'agire culturale, contribuendo allo sviluppo, al benessere, alla libertà e anche alla felicità. Rimettiamoci in discussione.»

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[1] http://www.esterni.org/ita/home/
[2] http://www.stilema-unoteatro.it/defaultst.html
[3] http://www.indisciplinarte.it/
[4] http://caos.museum/
[5] http://www.biennialfoundation.org/biennials/biennial-of-young-artists-fr...
[6] http://www.exfadda.it/chi-siamo/