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UN VIAGGIO TRA LE BUONE PRATICHE DI CITTADINANZA ATTIVA. L’ECOMUSEO CASILINO.

  • Pubblicato il: 12/12/2016 - 23:45
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Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Francesca Sereno

Le periferie cittadine sono aree ad elevata complessità sociale, ma nel contempo luoghi interculturali ad alta potenzialità. A Roma convivono un immenso patrimonio storico-artistico, che attrae oltre 13 milioni di turisti all'anno, e aree degradate, oggetto di  speculazione edilizia e di incuria da decenni. Una di queste è il Comprensorio Casilino, quadrante est del territorio capitolino, dove una straordinaria ricchezza del patrimonio storico, paesaggistico e culturale, a lungo oscurata, rappresenta una vera e propria risorsa. Il progetto dell’Ecomuseo Casilino AD DUAS LAUROS, uno dei vincitori del Bando Periferie 2016, costituisce un’opportunità per la salvaguardia e la valorizzazione non solo dell’area, ma anche della città. Portato avanti con grande impegno dal tessuto associativo locale, rappresenta una buona pratica di cittadinanza attiva in grado di dare impulso alle politiche territoriali e di rigenerazione urbana.


 
Roma. L'area che si sviluppa dal Parco di Centocelle della Casilina fino a Villa Gordiani sulla Prenestina, che comprende il quartiere di  Torpignattara, è una delle ultime tracce dell'agro romano in un denso contesto urbano. Dal Mausoleo di Sant'Elena alle Catacombe dei SS. Marcellino e Pietro, dalle ville imperiali del Parco Archeologico di Centocelle, a Villa Gordiani, dall'Acquedotto Alessandrino fino alle Termae di Largo Irpinia. E ancora dal paesaggio agricolo della campagna romana con i casali, le torri e ciò che rimane dei campi coltivati, i tracciati agricoli antichi e le tracce delle zone pastorali, alle aree verdi di pregio e di valore storico, come Villa De Sanctis, Villa Gordiani e il Parco di Centocelle.
Un'area che, nonostante le valenze storico-archeologiche e paesaggistiche (è censita e registrata nella Tavola B 24, Foglio 374 del PTPR come area di interesse archeologico ai sensi dell’Art. 13, punto 3, lettera b della Legge Regionale n. 24 del 6.7.1998), ha subito negli ultimi decenni una pesante cementificazione che ha portato alla sovrapopolazione e al degrado.
Un'area, inoltre, dalla forte complessità culturale, sociale, antropologica, in cui la componente multietnica è particolarmente forte, con la comunità bengalese più radicata insieme alle comunità cinesi, peruviane e nordafricane.
In questo contesto un gruppo di cittadini nel 2009 decide di prendere in mano la situazione per arrestare la colata di cemento e la speculazione e di riappropriarsi di una zona che offre incredibili opportunità per essere riqualificata. L'idea è di andare oltre la semplice posizione di protesta, ma di assumere un atteggiamento propositivo cominciando in primo luogo a studiare in che modo il Comprensorio Casilino possa essere valorizzato.
Nasce a questo scopo un Comitato Scientifico formato da antropologi, archeologi, urbanisti e architetti  che comincia la sua attività da una ricognizione delle risorse esistenti per conoscere meglio il territorio. Emerge, così, un sistema di paesaggi urbani di «stimato valore culturale ed archeologico» da poter valorizzare e riconnettere, attraverso percorsi pedonali e ciclabili e percorsi di visite guidate, da cui l'idea di dar vita ad un Ecomuseo.
Il progetto viene percepito dall'allora VI Municipio (oggi V) che non si limita a sostenerlo, ma si siede al tavolo con i cittadini per condividerne lo sviluppo.
E’ l’inizio di una fase segnata dalla sperimentazione di nuove pratiche, dove la partecipazione e la condivisione fra soggetti diversi (esperti e studiosi, associazioni tra cui anche WWF e Lega Ambiente, cittadini, istituzioni) danno luogo ad un nuovo modo di ripensare il territorio del Comprensorio Casilino, il cui patrimonio culturale è nascosto da un tessuto urbano cresciuto a dismisura.
Un lungo periodo in cui incontri, analisi storico-geografiche, passeggiate sul campo gettano le basi per definire le strategie e le azioni dell'ecomuseo attraverso quel «patto con cui una comunità decide di prendersi cura del suo territorio» fondato sul principio della sussidiarietà (art. 118 Cost.).
Nel 2012 i volontari decidono di dare vita ad una associazione di scopo, l'Associazione per l'Ecomuseo Casilino Ad Duas Lauros (dal nome che identifica l'area archeologica qui compresa), per avere un riconoscimento formale e poter così interloquire con i vari attori istituzionali.
E, grazie a questa azione collettiva, qualcosa incomincia a muoversi. Nel 2013 il progetto viene presentato al Comune di Roma-Dipartimento delle Periferie, il Municipio riconosce nelle linee programmatiche l'ecomuseo come un progetto da realizzare e proseguono gli incontri con la Regione Lazio per far sì che venga approvata la legge regionale per gli Ecomusei, uno strumento normativo per poter essere riconosciuti formalmente.
Ma il vero risultato è che, grazie alla moratoria urbanistica del municipio e alla pressione civica, il progetto di edificazione, il cosiddetto Piano Particolareggiato Casilino, subisce un arresto. Il provvedimento viene rafforzato  verso la fine del 2014 con la sospensione della richiesta di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) della Regione Lazio fino a che il Comune dichiara non necessaria l'edificazione prevista dal Piano: vengono così evitati ulteriori 3000 metri cubi di cemento.
Nel frattempo l'associazione prosegue l'analisi del territorio e individua sei percorsi di valorizzazione dell'area: archeologico, storico, paesaggistico-urbanistico, artistico, antropologico e spirituale. Come viene evidenziato sul sito dell'associazione, «mettere a sistema questi percorsi vuol dire costruire una mappa di fruizione e interpretazione del territorio inedita, che oltre a dar conto della sua complessità, riesce a garantire una fruizione dissociata da luoghi comuni, pregiudizi e semplificazioni».
 
Il lavoro volontario, però, non è sufficiente. Occorrono risorse per avviare laboratori di partecipazione sui vari percorsi e costituire una banca dati sulle risorse del territorio da mettere a disposizione con mappe, app, social ed un sito dedicato. Grazie al Bando «Campagna di Ascolto Acea per Roma», dove rientra fra i 55 progetti selezionati dall'azienda capitolina, il progetto dell'ecomuseo ottiene un finanziamento di 10mila euro che viene utilizzato per valutare ed ampliare il lavoro svolto fino a quel momento.
Vengono coinvolte circa mille persone, del territorio e non, garantendo ancora una volta la partecipazione della comunità e rendendo sempre pubblici gli esiti degli incontri e gli atti formali redatti nei confronti delle istituzioni. Un approccio che «rivendichiamo con forza» dice il presidente Claudio Gnessi, nel sottolineare la determinazione a portare avanti un progetto fortemente partecipato.
 
Si delineano nel frattempo partnership importanti per lo sviluppo del progetto come quella con il Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata per sperimentare il progetto Nicchie Digitali, una tecnologia che consente, tramite smartphone, di conoscere il territorio attraverso un mini-portale e dei dispositivi wireless che dialogano direttamente con il device dell’utente, all'interno del progetto del Comprensorio Casilino.
 
Poi un altro importante traguardo: l'Ecomuseo rientra in uno dei 15 progetti presentati dall'Amministrazione di Roma Capitale al Bando Periferie 2016, che il governo ha deciso di finanziare. Il finanziamento verrà destinato all'acquisizione di patrimonio pubblico delle aree private del Comprensorio Casilino,  garantendo la tutela del Parco che costituirà l'infrastruttura strategica dell'ecomuseo.
Inoltre l'Ecomuseo Casilino comincia a farsi conoscere fuori dai propri confini ed ottiene importanti consensi a Roma, Milano, L'Aquila[1].
 
Il 2017 sarà un anno fondamentale per «raddoppiare la posta in gioco»: ampliare la rete degli attori territoriali, estendendo i percorsi oltre i confini adiacenti l’area del comprensorio con l'obiettivo di costruire un modello esportabile anche altrove ed ottenere finalmente un quadro normativo regionale e nazionale di riferimento.
L'esperienza dell'Associazione Ecomuseo Casilino Ad Duas Lauros traccia una nuova direzione. Come dice Gnessi, «il territorio c'è, va valorizzato e per farlo bisogna ingaggiare la comunità». Dunque occorre dare spazio alle associazioni e a quegli attori territoriali che conoscono il proprio contesto, lo sanno raccontare e possiedono gli strumenti per creare valorizzazione e sviluppo. In questo senso la comunità diventa un soggetto proattivo in grado di fornire impulso e linee guida per le politiche territoriali. Il punto di partenza sono la ricerca, il confronto e la collaborazione, processi che vanno mantenuti e alimentati e che non possono rimanere appannaggio di volontari appassionati.
 
L'auspicio del presidente dell'associazione è di riuscire a «costruire una partnership con un soggetto privato (fondazione, impresa) che, condividendo obiettivi e percorso, si faccia sostenitore di questo modus operandi».
L'Ecomuseo Casilino ha tutte le carte in regola per diventare un'esperienza pilota di gestione di un bene culturale condivisa tra i cinque tipologie di attori (pubblico, privato, sociale, cognitivo e civico) delineati da Christian Iaione di LabGov.
E possiamo proprio dire che l'Ecomuseo Casilino esprime perfettamente l'applicazione della definizione di ecomuseo di Hugues de Varine «Un qualcosa che rappresenta ciò che un territorio è, e ciò che sono i suoi abitanti, a partire dalla cultura viva delle persone, dal loro ambiente, da ciò che hanno ereditato dal passato, da quello che amano e che desiderano mostrare ai loro ospiti e trasmettere ai loro figli».

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[1] A maggio di quest'anno l'Associazione dell'Ecomuseo Casilino ha partecipato al forum tematico di Forum PA dedicato al tema «Sharing City, dalla visione alle realtà. Esperienze e soggetti dell’economia collaborativa a confronto sulla proposta di legge». A luglio a Milano alla Conferenza Generale ICOM nel contesto del Forum Internazionale degli Ecomusei e dei Musei di comunità, alla presenza del padre degli Ecomusei, Hugues de Varine, e al Festival della Partecipazione dell’Aquila dove l’Associazione è stata ospite di due panel «Dagli Urbani Center ai Musei di Comunità» e quello organizzato dallo Urban Center dell’Aquila per studiare modelli di rilancio del centro storico del capoluogo abruzzese.