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Tutto ciò che è marginale è centrale: la cultura in mano al terzo settore

  • Pubblicato il: 15/11/2015 - 23:35
Autore/i: 
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Elisa Fulco

In occasione delle tre giornate palermitane (15 -16 -17 Ottobre) di «Nuove Pratiche con il sud. Spazi da non perdere», promosse da Fondazione con il sud e da Fondazione Sicilia in collaborazione con clac,  innovatori sociali,  esponenti delle fondazioni bancarie e del terzo settore, hanno condiviso esperienze e criticità di nuove pratiche in cui è stato affrontato il tema della sostenibilità, del valore d’uso degli spazi da recuperare, di una nuova idea di welfare,  e del ruolo del terzo settore nella gestione e valorizzazione della cultura
 
 
«Non tutto accade dappertutto».  Queste frase che è circolata durante i tre giorni (15-16-17 Ottobre) delle giornate palermitane di «Nuove Pratiche con il sud. Spazi da non perdere», promosse da Fondazione con il sud e da Fondazione Sicilia in collaborazione con clac, restituisce la difficoltà a inquadrare in uno scatto unitario il ruolo e la portata nazionale delle pratiche degli innovatori sociali che, in autonomia e senza coordinamento, hanno dato vita a un mosaico di esperienze attraverso cui leggere il nuovo volto del cambiamento. Segno del mutamento dei tempi è il confronto, nello Spazio dell’Ecomuseo Mare memoria viva di Palermo, tra innovatori sociali, esponenti delle fondazioni bancarie e del terzo settore, che per tre giorni hanno condiviso esperienze e criticità di nuove pratiche, in cui è in gioco una nuova idea di welfare e di cultura, che ridisegna nuovi equilibri tra pubblico, privato e privato sociale, a partire dai beni comuni, da nuove forme di economia collaborativa e dai bandi che hanno finanziato e finanzieranno questo tipo di progettualità. Una progettualità che  rivendica la centralità di ciò che è a lungo è stato considerato marginale e che sostiene il riuso degli spazi del patrimonio culturale come luoghi di produzione culturale  e di servizi per la comunità  come alternativa concreta alla musealizzazione della cultura. Una visione che trova una traduzione «pratica» nei bandi che la Fondazione con il sud promuove da nove anni, con l’obiettivo, più volte dichiarato da Carlo Borgomeo, Presidente della Fondazione con Il sud, di unire il bello con gli ultimi, i territori con le comunità, facendo dell’inclusione sociale attraverso il patrimonio culturale la leva dell’innovazione per le politiche del sud.
Che si tratti di un racconto inedito, lo testimonia la necessità evidenziata da tutti i partecipanti di rinunciare ad ogni forma di storytelling eroico per adottare uno storytelling funzionale, fatto non di eccezionalità,  ma di condivisone di esperienze replicabili e di strumenti anche normativi, che possano contribuire ad accelerare un cambiamento profondo. Così come ritorna tra i temi dominanti l’importanza di fare rete e di mappare concretamente le pratiche sul territorio italiano, dando visibilità e rappresentanza, spesso negata, agli innovatori sociali, e centralità al terzo settore, per immaginare nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato sociale.  In particolare, è stata più volte denunciata una certa stanchezza per pratiche dall’apparenza innovativa che finiscono per riproporre vecchie modalità assistenziali, accompagnata dalla consapevolezza che soltanto sostenibilità e sviluppo economico possano garantire la crescita del privato sociale. Ugualmente, si è preso atto che il privato che eroga non può più inseguire un modello aziendalista ma deve adottare e far propri i tempi lunghi del sociale, la cui unità di misura non passa esclusivamente da parametri economici. Fanno riflettere i numeri del patrimonio culturale italiano, proposti da Franco Milella della Fondazione Fitzcarraldo, stimato intorno ai 400,000,000 di euro, i cui costi di mantenimento ordinario sono di circa 1,5000,00 di euro, e di cui solo il 15% è realmente appetibile per il mercato.  A non essere contabilizzati sono i costi, anche sociali, degli spazi abbandonati, ferite aperte nel tessuto della collettività. Come è emerso dal tavolo sul patrimonio pubblico di Lecce, il valore d’uso degli immobili deve essere valutato con nuovi indicatori, in grado di verificarne l’impatto sociale e l’incidenza sulla comunità in termini di servizi e di partecipazione e coesione sociale piuttosto che da mere analisi economiche. Si rivendica il ruolo chiave e le potenzialità espresse del riuso degli spazi pubblici per il rilancio della politica nazionale ed europea, a partire dai bandi comunitari che spesso non premiano la qualità  e la durata nel tempo dei progetti, ma la tenuta economica dei partner. I bandi in arrivo riconosceranno le associazioni, le cooperative come attori  del cambiamento, ma sempre più risulta prioritario riuscire a legittimare la figura dell’operatore culturale.
La presentazione dei Patti di collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione di beni comuni urbani, presentati da Daniela Ciaffi di Labsus, hanno generato un dibattito in cui si è fatta chiarezza tra cittadinanza attiva, volontariato e imprenditoria sociale, che per definirsi tale deve produrre reddito e occupazione, e non contare sul volontariato come forza lavoro a costo zero. Ugualmente, è stato evidenziato come le stesse risorse intellettuali non possano operare come forme di compensazione e che le stesse pratiche di riuso dovrebbero mirare alla riproducibilità e a condizioni di sostenibilità, nonché a un miglioramento di contesto superiore all’investimento culturale. Si è discusso a lungo della latitanza e dell’inaffidabilità del Pubblico (l’invitato di pietra delle tre giornate), della difficoltà che deriva dalla commistione tra amministrazione pubblica e politica e delle necessità di trovare soluzioni che rendano più fluido il dialogo (dall’apertura di sportelli pubblici per dare risposte alle proposte dei cittadini che si auto organizzano, alla necessità di avere un referente unico per i progetti con la formula di assenso -consenso per accelerare i tempi di risposta.)  Agostino Riitano, segnalando  i casi di innovazione sociale presentati nel libro Sud Innovation. Patrimonio culturale, innovazione sociale, ha evidenziato la profonda differenza che separa questi ultimi dalla logica delle start up ,incentrate sulla competizione e mai sulla collaborazione.  Ha raccontato che nella maggior parte dei casi si tratti di progetti che nascono in contesti marginali e reali, che vanno ben oltre l’opportunità dei bandi, come espressione di economie di comunità in grado di mediare tra esigenze pubbliche e private.
 In occasione della seconda giornata palermitana, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Cultura, Dario Franceschini, ha lanciato la sfida di affidare a enti non profit e al privato sociale la gestione di siti culturali statali, chiusi o abbandonati, sfida che è stata accolta e rilanciata da Acri, Mecenate 90, Forum del Terzo Settore, e Fondazione con il sud.  Il Ministro ha dichiarato che, sulla falsa riga dei bandi promossi dalla Fondazione con il sud, sono in arrivo circa 3,000,000 di euro per i Comuni che faranno attività culturali nelle periferie,  mentre 114,000.000 di euro saranno destinati alle industrie culturali del sud con un Pon culturale approvato con 490,000.0000 di euro destinati al mezzogiorno.
Marco Cammelli, Presidente della Commissione attività e beni culturali Acri, ha evidenziato come la nascita di organizzazioni di supporto agli innovatori, come la Fondazione Fitcarraldo, siano un indice di crescita e di rilevanza per il settore. Inoltre, ha sottolineato il  ruolo di Acri nel sostegno ai giovani con il bando Funder 35, promosso da 18 fondazioni. Tra le nuove proposte anche quella di finanziare i progetti migliori, anche se non ricadono nel proprio territorio di appartenenza, con in palio non solo risorse economiche ma servizi di accompagnamento e di accreditamento dei vincitori nella ricerca di ulteriori finanziatori.  Ledo Prato, segretario generale associazione Mecenate 90, ha parlato dei protocolli di intesa tra Mecentate 90 Anci e Forum del Terzo Settore, in linea con la necessità di sostenere progetti culturali non calati dall’alto ma che rispondono al bisogno di accompagnamento dei territori. Carlo Borgomeo della Fondazione con il sud, ha ribadito quanto la risonanza mediatica dei progetti finanziati dalla Fondazione con 9,5 milioni di euro, non sia dovuta all’investimento tutto sommato contenuto della stessa, quanto dall’innovazione dirompente della proposta culturale, che mette al centro i beni comuni per valorizzare il capitale sociale, con la proposta di allungare la durata dei finanziamenti per seguire l’avvio e l’evoluzione dei progetti finanziati. Marco Imperiali, direttore della Fondazione con il sud, ha evidenziato quali siano i fattori che determinano la riuscita dei progetti sostenuti: risorse finanziarie, disponibilità del bene, progettualità adeguata da parte del terzo settore e intercettazione di un bisogno reale del territorio e della comunità di riferimento.
Di grande interesse gli interventi di Pietro Barbieri, portavoce Forum del terzo settore, di Gaetano Giunta, Presidente della Fondazione di Comunità di Messina e di Andrea Morniroli, della cooperativa sociale Dedalus di Napoli, firmatari gli ultimi due di un manifesto «welfare chi parla e chi fa»., che merita una lettura attenta.
Le loro testimonianze raccontano della marginalità in cui da anni si opera nel sociale, del terzo settore che è stato a lungo mal rappresentato e mal raccontato, pur esprimendo la società di mezzo, la frontiera che contiene tutte le emergenze e problematiche sociali. Si è parlato di debolezza dei formatori, di povertà crescente, di visioni e politiche arretrate e di un futuro senza filantropi. Ancora una volta si è avvertita l’urgenza di adottare nuove narrazioni e nuovi sguardi: dobbiamo trovare i linguaggi adatti per raccontare e produrre senso comune sull’idea che fare welfare e produrre emancipazione, è giusto dal punto di vista etico e civile, è spesso conveniente in termini di spesa, è decisivo per lo sviluppo economico”, come scrivono nel documento Gaetano Giunta e Andrea Morniroli. L’ultima giornata palermitana si è conclusa con l’intervento di Michel Bauwens, teorico della peer2peer economy e fondatore dell’omonima fondazione, che  ha raccontato le potenzialità dell’economia collaborativa, i rischi della candy economy , la fiducia negli outsiders e nella trasparenza della rete per la creazione di modelli innovativi, economicamente e socialmente sostenibili.  Ad attenderci, in un futuro prossimo, c’è una splendida marginalità.

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