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Rigenerazione urbana e sociale. Un cambio di paradigma?

  • Pubblicato il: 13/07/2018 - 11:42
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Patrizia Cappelletti e Paolo Pezzana, Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano
Rigenerazione urbana, generatività sociale, community building, alleanze, sono nuovi mantra. Siamo di fronte a un cambio di paradigma? Patrizia Cappelletti e Paolo Pezzana del Centro di Ricerca ARC dell’Università Cattolica di Milano, interpretano nella prospettiva della generatività sociale che hanno sviluppato, tre tra le più interessanti esperienze premiate nelle ultime edizioni del  Bando Culturability di Fondazione Unipolis che “ha contribuito a far emergere un desiderio diffuso, ma non ancora sufficientemente riconosciuto di rigenerazione di spazi urbani inutilizzati, sottoutilizzati o abbandonati, che ha portato all’elaborazione di diverse centinaia di proposte provenienti da tutta la Penisola”.  L’analisi porta a domande aperte, considerando che  “il punto di caduta è l’estrema fragilità di ogni iniziativa che deve fare i conti con il nodo della sostenibilità economica. Ma a questo punto sorge la domanda: di chi è la responsabilità di far sopravvivere l’innovazione? A chi “appartiene” uno spazio riqualificato che genera valore per molteplici pubblici?

In questi anni, attraverso il Bando Culturability, Fondazione Unipolis ha contribuito a far emergere un desiderio diffuso, ma non ancora sufficientemente riconosciuto di rigenerazione di spazi urbani inutilizzati, sottoutilizzati o abbandonati, che ha portato all’elaborazione di diverse centinaia di proposte provenienti da tutta la Penisola.
Abbiamo riletto tre tra le più interessanti esperienze premiate dalle ultime edizioni del Bando dalla prospettiva della “generatività sociale”, un paradigma interpretativo sviluppato dal Centro di Ricerca ARC dell’Università Cattolica di Milano che ci aiuta a delineare una precisa logica d’azione sociale sostenibile e contributiva e, più ampiamente, una nuova idea di sviluppo economico e sociale.[1]
 
Cos’è la generatività sociale?
I termini “generazione” e “rigenerazione” contengono la radice latina “gen”, la stessa di genitore, gente, ma anche geniale e generoso e che rimanda all’idea di inizio, intrapresa. Così intesa, l’idea di generatività consente di mettere a fuoco la dialettica sempre aperta tra il movimento della vita sociale e le forme in cui essa tende a declinarsi. Più profondamente, però, generatività rimanda a un verbo greco che traduce un “essere, far essere, far esistere” dell’azione generativa: noi siamo nella misura in cui contribuiamo a portare a compimento l’esistenza di altri. E in questo movimento di eccedenza che va oltre la generatività biologica per investire la più profonda natura del sociale, è rintracciabile la matrice di tante esperienze intercettate da Culturability.
 
Come si riconosce la generatività sociale?
Tre direttrici rendono distintiva l’azione generativa: l’autorizzazione, l’intertemporalità e l’esemplarità.
La generatività sociale afferma un’idea di libertà che si esprime pienamente nel realizzare sé facendo però crescere anche altro e altri. Per noi ciò ha significato intercettare processi e/o dispositivi “autorizzativi”, abilitanti, che intervengono, trasformandole in segno positivo, sulle strutture di negazione e/o di omologazione presenti nel contesto. Ci si autorizza ad iniziare, a cambiare le regole del gioco, e, insieme, si autorizza altri ad avviare nuovi incominciamenti.
La seconda linea ha a che fare con il tempo, la durata, la sostenibilità. La generatività tende a intrecciare, valorizzandoli pienamente, passato, presente e futuro, e in questo modo superare le trappole di una razionalità di breve termine.
La terza coordinata narra della capacità di combinare funzione e significati. Il baricentro non sta nella prestazione, ma nella capacità rispondere alla domanda di senso e di direzione delle persone. Parliamo di esperienze in grado di elaborare nuove visioni attorno alle quali esse mobilitano, orientano, motivano. Diventando sogni condivisi, esse riescono ad incidere sul reale e trasformare degli spazi anonimi in beni comuni.
 
Alcuni elementi di comunanza:
 
  • Rigenerare lo spazio, rigenerare il tempo
Gli spazi rigenerati erano portatori di storie incredibili spesso dimenticate. La via scelta non è stata però quella della musealizzazione, quanto la riattualizzazione in forme inedite di un deposito simbolico potentissimo, di matrice comunitaria, che ha riaperto il tempo e innervato lo spazio, consentendo di riattivare nuovi legami di significazione attorno al bene e disegnare nuove possibili comunità.
 
  • Rifunzionalizzare sì, ma anche appassionare
La rigenerazione degli spazi è passata attraverso una necessaria riprogettazione che ha aperto a nuove destinazioni d’uso, nuove possibilità di esistere e funzionare. Questo è stato sempre accompagnato, però, da movimenti di riappropriazione affettiva. Lo è stato per i giovani studenti di CasermArcheologica, per i musicisti di Mercato Sonato, per i vicini di casa di CasciNet. E’ germogliato un legame, una appartenenza, così che uno spazio tra mille è diventato “luogo” in cui ritrovarsi.
 
  • Convergenze laiche e post-ideologiche
Il movimento di aggregazione attorno al bene e alla sua rigenerazione non ha seguito linee di natura ideologica. Potremmo parlare di convergenze “laiche” non prive di affinità. Tra queste: indipendenza rispetto alla possibilità di immaginare altro rispetto al contesto dato e fiducia relativamente alla possibilità di incidere della propria azione personale e collettiva; inter-indipendenza tra le persone tra loro e tra le persone e il loro contesto, e collaborazione come linguaggio di costruzione sociale; transitività e connettività, cioè ricerca della differenza come opportunità che esita in una elevata capacità integrativa e di connessioni a raggio multiplo, dall’iperlocale al globale; responsabilità ed eccedenza relativamente al sentirsi chiamati a “rispondere” del bene attraverso una “contribuzione” libera e originale che fa ripartire i giochi.
 
  • Il reale che irrompe
Centrale è il tema delle concretezze delle cose che uno spazio da riqualificare immediatamente rimanda. C’è un reale a rischio di oblio che attiva un prendersi cura concreto, fisico. Le tre storie raccontano un forte desiderio di fare, costruire, coltivare, aggiustare che riconnette l’intelligenza della testa, delle mani e del cuore, dove l’artigianalità sconfina nell’arte e viceversa. Il reale irrompe, con la sua nudità e vulnerabilità, imponendosi come metodo per so-stare dentro la materialità della vita. Nasce un’attenzione quotidiana - che diventa postura esistenziale - alle cose, alle stanze, ai muri, alla terra, ma anche alle relazioni, che intanto si stabilizzano e ramificano attorno allo spazio rigenerato. Oasi per gli assetati di nuove densità relazionali nell’era dell’istantaneità vorace.
 
  • Espressione, realizzazione, narrazione
Le persone incontrate rimandano tutta a una figura ibrida che potremmo definire di intraprenditori-innovatori-narratori: c’è un desiderio che coraggiosamente si fa intrapresa; c’è un innovare che rompe gli schemi e va a rispondere a uno o più bisogni sociali; c’è una reinterpretazione di uno spazio ma anche del futuro di una comunità che diventa narrazione collettiva. I luoghi emergenti definiscono nuovi perimetri di sperimentazione e insieme di riconciliazione tra la ricerca di espressione di sé; la realizzazione di sé e insieme di altro e altri; la generazione di senso, dove la parola si articola in discorso pubblico, l’azione personale si ricombina in collettiva; la pratica si protende per un riconoscimento più ampio e diventare policy.
 
 
Attorno a questi spazi rigenerati ci pare stiano convergendo, riconoscendosi e riorganizzandosi, soprattutto i (giovani[2]) “cercatori” di risposte attorno a tre grandi attese che attraversano oggi il sociale: il bisogno di rilegarsi, con la ricomparsa della “comunità”; il bisogno di senso, ovvero di trovare un significato all’agire personale, ancor prima che collettivo; la ricerca di una più elevata qualità del vivere, con un ripensamento profondo delle modalità in cui si genera e si redistribuisce il valore.
 
Il punto di caduta è l’estrema fragilità di ogni iniziativa che deve fare i conti con il nodo della sostenibilità economica. Ma a questo punto sorge la domanda: di chi è la responsabilità di far sopravvivere l’innovazione? A chi “appartiene” uno spazio riqualificato che genera valore per molteplici pubblici? Altra questione che queste esperienze pongono è la mancanza di meccanismi di facilitazione per l’avvio di processi bottom-up che ricompongono e rimettono in circolo risorse diffuse, dormienti o sottoutilizzate, aggregando la domanda e riformulando forme di offerta ad elevato contenuto relazionale.
Ci pare, dunque, che la rigenerazione di uno spazio ben vada ben oltre il piano della riqualificazione urbana, di per sé un valore. Essa disegna nuovi immaginari per l’azione individuale e collettiva, riattiva legami e fiducia, stabilizza significati e rinnova le regole del gioco, abilitando persone e contesti. Si tratta di policy embrionali che andrebbero riconosciute, accompagnate, messe a sistema ed integrate con i piani di sviluppo locale delle istituzioni, al fine di svilupparne appieno l’indubbio potenziale generativo.
 
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CASERMARCHEOLOGICA – SAN SEPOLCRO
Nel 2013, una artista e docente di storia dell’arte in accordo con l’amministrazione locale che ha in comodato Palazzo Muglioni, edificio storico abbandonato nel centro di San Sepolcro di proprietà della Provincia di Arezzo, coinvolge alcuni suoi studenti liceali in un’azione di riappropriazione e riqualificazione del palazzo, a cominciare dalla sua pulizia. Prende forma un primo nucleo di giovani che, dopo aver avviato una prima sistemazione di alcune delle stanze, si lascia catturare dalla potenza ispiratrice del luogo e incomincia ad “abitarlo”. La ex-caserma diventa luogo di ritrovo e di ricerca, ispirazione e sperimentazione artistica.
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CASCINET – MILANO
L’APS CasciNet nasce nel 2012 come associazione di promozione sociale che opera presso la Cascina Sant’Ambrogio, a Milano. L’insediamento ha più di nove secoli e si compone di una struttura cascinale attorniata da 2 ettari di terreno innestata sui luoghi di un antico monastero.  Nel corso dei secoli la struttura ha più volte mutato le sue funzioni e dagli anni ‘70 si è assistito a un progressivo abbandono. CasciNet è una realtà composita che intreccia la dimensione associativa con quella di impresa sociale. “Crediamo che l’agricoltura sociale penetrerà nel cuore delle città portando autoproduzione, lavoro e fermento culturale, coinvolgendo una pluralità di soggetti giuridici, enti, aziende agricole e cittadini”. CasciNet è un luogo di sperimentazione di un nuovo modello economico-produttivo, capace di impattare sulle forme di sociali e culturali nel quadro di una nuova idea di città.
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MERCATO SONATO – BOLOGNA
Mercato Sonato è un’esperienza di innesto di un soggetto culturale – l’associazione Senzaspine – e uno spazio in attesa di una nuova vocazione funzionale – l’ex area ortofrutticola del Mercato San Donato a Bologna. L’associazione SenzaSpine nasce nel 2013 nel solco dell’esperienza dell’orchestra omonima attorno alla quale oggi orbitano circa 350 musicisti under 35 che intendono rendere la musica classica più accessibile ad un pubblico ampio e trasversale. Grazie alla vittoria del bando INcrediBol del Comune di Bologna, l’orchestra accede allo spazio dell’ex mercato rionale coperto del quartiere periferico di Bologna San Donato, trasformandolo in un luogo di produzione e fruizione artistica per tutti.
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L’azione generativa è riconoscibile processualmente attraverso quattro momenti.
Desiderare. Si tratta di una tensione all’apertura ad altro e altri che consente di non restare prigionieri di se stessi. E’ dal Desiderio che prende forma il pro-gettare con altri, per altri.
Mettere al mondo: è il momento imprenditivo della generatività. Si apporta una novità, qualcosa che prima non c’era. E’ una nuova nascita (di uno spazio, nel nostro caso) che diventa opportunità di essere e fare, e dunque  “valore”, per molteplici stakeholder.
Prendersi cura: è il momento organizzativo perché ciò che si è messo al mondo possa fiorire e durare nel tempo.  L’idea progettuale deve prendere una forma, attraversare le fatiche e le ambiguità della forma, e conquistare una propria sostenibilità, economica e sociale.
Infine, c’è il lasciar andare. E’ il passaggio più delicato che consente al progetto di essere adottato e amato da una comunità, di appartenere anche ad altri. Questo significa “abbandonare il controllo”, ma è l’unica possibilità per rendere davvero “liberi” altro e altri, autorizzandoli ad esistere pienamente e, a loro volta, incominciare il nuovo.
 
Ph Irene Vergni

[1] Il lavoro di ricerca svolto in questi anni è raccolto nell’Archivio della generatività sociale (www.generativita.it), un archivio in senso moderno che raccoglie oltre un centinaio di esperienze “generative” nel campo dell’impresa, della società civile e delle policy istituzionali. Si vedano anche i testi di M. Magatti  e C. Giaccardi Generativi di tutto il mondo unitevi; M. Magatti Cambio di paradigma;  P. Cappelletti L’Italia generativa. Logiche e pratiche del Paese che genera valore.
 
[2] L’età media dei proponenti è tendenzialmente bassa, ma i giovani, come sempre, hanno meno da perdere e molto da cambiare…