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PATRIMONIO CULTURALE E COMUNITÀ NEL POST-EMERGENZA

  • Pubblicato il: 14/04/2017 - 11:48
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Maria Elena Santagati

Il 21 marzo scorso si è tenuto l'incontro «Patrimonio, servizi culturali e identità nel post emergenza. Verso la definizione di modelli collaborativi pubblico/privato per il rafforzamento della resilienza», promosso dal Comune di Recanati e da Promo PA Fondazione. Rappresentanti di enti nazionali e locali, dal MIBACT all'Università di Camerino, hanno evidenziato la priorità di agire con e per la comunità e la centralità del valore relazionale del patrimonio culturale.
 


 
Un confronto vivo e costruttivo, quello dello scorso 21 marzo a Recanati, grazie alle voci eterogenee dei vari attori nazionali e locali coinvolti. Oltre a Promo PA, hanno infatti partecipato all'incontro MIBACT, ICOM Italia, Regione Marche, Regione Toscana, Università di Camerino e i sindaci dei Comuni di Recanati, Macerata e Matelica.
Risposte diverse per quello che si è rivelato un obiettivo comune e quanto mai prezioso: riconoscere e valorizzare, attraverso interventi collaborativi, il ruolo del patrimonio culturale per le comunità locali, allo stesso tempo preservando e alimentando la coesione e il capitale sociale nonché la capacità di resilienza. In un periodo in cui il dibattito è spesso sbilanciato sulla questione ricostruttiva, una riflessione sulla fase del post-emergenza acquista particolare valore. La necessità è di agire con urgenza in favore delle comunità locali, sanando quella frattura che si è venuta a creare con i vari elementi del territorio e che, con molta probabilità, senza interventi immediati, potrebbe diventare insanabile. Una frattura in molti casi identitaria, con il trasferimento altrove di cittadini, ma anche di opere d'arte, e aggravata dall'impossibilità di erogare e di usufruire di servizi sociali e culturali, spesso per mancanza di spazi agibili. A rischio quindi l'anima dei tanti territori feriti che, una volta garantita la messa in sicurezza strutturale, dovrebbero riacquisire quanto prima la possibilità di riattivare il proprio capitale umano e sociale.
 
Gaetano Scognamiglio, Presidente di Promo PA Fondazione, concorda con chi afferma che «Le città sono fatte non solo di spazi costruiti ma di un modo di abitare e di avere relazioni sociali, che sono distrutte come lo è il costruito. Questo va mantenuto vivo cercando di conservare le modalità di vita preesistenti, la memoria e il significato simbolico che i luoghi hanno per i cittadini, dal punto di vista emotivo. Laddove crollano i simboli fisici di una cultura, vanno mantenuti quelli immateriali». E se, come afferma sempre Scognamiglio, la frequenza dei terremoti in Italia è tale che nei 150 anni dall’Unità si sono registrati 34 terremoti distruttivi, la questione della ricostruzione del capitale umano non può più essere ignorata. Un segnale incoraggiante, tra gli altri, è l'esperienza dei «Corsi per tutori di resilienza», ovvero di figure educative di sostegno per figli e studenti colpiti dal trauma del sisma, promossi dalla ong marchigiana CVM-Comunità volontari per il mondo, che, dal 20 febbraio al 4 marzo, ha coinvolto oltre 240 docenti, genitori ed educatori della provincia di Fermo e Ascoli Piceno.
 
Sempre sull'aspetto della cittadinanza si è soffermato Giuliano Volpe, Presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici, il quale ha affermato: «Evitiamo il feticismo degli oggetti e dei monumenti. Il tessuto connettivo è elemento fondamentale e il problema risiede proprio nella disgiunzione tra persone e cose. E allora, parlando di valorizzazione, ci si dovrebbe chiedere a cosa dare valore. La risposta è il valore relazionale, l'importanza per i cittadini di riconoscersi nel patrimonio. Pensiamo alla Convenzione di Faro, sarebbe una buona opportunità per procedere con la sua implementazione. Oltre alla ricostruzione, dovremmo quindi pensare a costruire delle forme di gestione del patrimonio culturale dal basso». Il prof. Volpe ha inoltre sottolineato la necessità di un lavoro del MIBACT che sia di ascolto e di confronto col territorio, di raccolta di stimoli per la costruzione di un modello di intervento efficace, anche per far fronte alle criticità legate alla risposta debole del livello intermedio, come riscontrato da più parti nel corso del convegno. Anche il contributo dell'Università diventa essenziale, con la proposta del prof. Volpe di fare rete tra le istituzioni accademiche delle Marche per avviare un lavoro specifico sul tema sisma, anche con l'obiettivo di formare nuovi professionisti e di costruire occasioni occupazionali. Non ultimo, è stato evidenziato il ruolo imprescindibile del volontariato nel settore dei beni culturali. A questo proposito, e in merito  alla strutturazione di un intervento pubblico-privato che metta a sistema l'intervento dei vari attori, è intervenuto Riccardo Gaddi, Dirigente Protezione Civile Regione Toscana, che ha riportato l'esempio di un accordo sottoscritto tra MIBACT, Regione Toscana e attori del settore del volontariato per la costruzione di un percorso in cui il terzo settore possa attivarsi in caso di emergenza sismica.
Altra voce del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo è stata quella di Antonella Recchia, Segretario Generale MIBACT, che ha ricordato i dati degli interventi sinora realizzati: 5.000 verifiche di edifici, 15.000 opere d'arte recuperate e 500 interventi di messa in sicurezza. Nella consapevolezza di risposte non sempre adeguate da parte del Ministero, anche per il protrarsi della fase di emergenza, l'auspicio è di avviare una collaborazione sempre più proficua con i territori, per l'avvio di progetti congiunti innovativi di valorizzazione e di fruizione del patrimonio, anche in un'ottica imprenditoriale. «Il futuro è fatto di valorizzazione del patrimonio culturale. Attivare i territori, sollecitando le risorse locali, anche imprenditoriali, a rispondere a dei progetti di investimento, di valorizzazione, per cui le istituzioni devono costituire un contesto favorevole, in termini di norme, di finanziamenti, facilitando e stimolando l'investimento privato e la capacità imprenditoriale di un mercato duramente segnato da una domanda che va scemando».
 
E sono state proprio le voci dei territori a confermare l'esigenza di un intervento urgente in favore delle comunità locali. Così il Sindaco di Recanati Francesco Fiordomo afferma di dover «ripartire dalla cultura intesa come educazione e conoscenza, bellezza, qualità, ma anche come capacità di accogliere», «l'identità va protetta, non umiliata, alcuni interventi sono necessari ma urtano la sensibilità dei cittadini», si pensi ad esempio al trasferimento di opere d'arte in musei di altre regioni. A rispondere con un'iniziativa concreta in tal senso è il Comune di Matelica, con la totalità delle chiese e dei musei cittadini inagibili. Il Sindaco Alessandro Delpriori si è infatti battuto per la realizzazione di «Matelica museo aperto», un deposito attrezzato che, in città, possa mettere in sicurezza, conservare e rendere fruibili le opere d'arte locali, e che verrà prossimamente aperto al pubblico. Anche Romano Carancini, Sindaco di Macerata, preme per la ricostruzione del capitale umano, anche attraverso l'elaborazione di un modello inedito che possa riportare persone e opere d'arte nel contesto di origine. Per far ciò, «è essenziale la consapevolezza che i beni culturali sono ineludibili dalle persone».
La voce della Regione Marche è stata quella di Simona Teoldi, recentemente nominata Dirigente Beni e Attività culturali, che ha sottolineato l'importanza e, allo stesso tempo, la difficoltà di conciliare emergenza e urgenza con l'esigenza di dare risposte efficaci e non scontate alle varie criticità. In questa fase il patrimonio culturale può svolgere un ruolo determinante: «Avere un teatro o un museo può essere un'assicurazione sulla piena ripresa di alcune comunità. Il patrimonio culturale assume allora non solo una valenza di tipo turistico, economico, o di investimento, ma può rivelarsi una garanzia del ritorno della popolazione in alcune zone colpite».
Come già affermato, anche il contributo delle Università diventa sostanziale nella fase post-emergenza. Flavio Corradini, Rettore dell'Università di Camerino, chiede di lavorare da subito per garantire la coesione della comunità, «la volontà è di mantenere l'identità di una parte del Paese». «Pensiamo alla ricostruzione, per ricostruire non come prima ma molto meglio di prima, il rischio però è di ricostruire e di non avere più la popolazione in loco». Ed è per questo che l'Università di Camerino ha avviato un processo di partecipazione cittadina per immaginare e co-costruire il futuro, oltre ad aver registrato un dato incoraggiante: un incremento di 770 iscritti rispetto allo scorso anno. Ma, afferma il prof. Corradini, la ricostruzione della comunità dovrebbe avvenire anche facendo tesoro delle esperienze passate in materia di prevenzione ed emergenza, cosa che raramente avviene in Italia.
 
A questo proposito, un'iniziativa senz'altro utile è quella del «Decalogo sugli interventi in caso di emergenze e calamità naturali», redatto da ICOM Italia alla luce degli episodi sismici del 2009, 2012 e 2016. In collaborazione con i Soci delle regioni colpite e con AMEI-Associazione Musei Ecclesiastici Italiani, ANMS-Associazione Nazionale Musei Scientifici e il Gruppo di Protezione Civile Beni Culturali Legambiente Marche, ICOM Italia ha proceduto alla ricognizione dei danni riportati dai musei nelle zone terremotate, pubblicata nel «Report Musei Sisma 2016». Come affermato da Tiziana Maffei, Presidente ICOM Italia, anche la campagna «Adotta un museo» nasce con l'intento di sostenere i musei in difficoltà e la comunità museale, promuovendo, su richiesta degli stessi musei danneggiati, l’avvio di progetti concertati e sostenuti da altre istituzioni disponibili ad offrire il loro aiuto. Il ruolo delle istituzioni museali in questa fase può essere decisivo: «I musei come presidi di tutela attiva, luoghi in cui la comunità si riconosce. Quindi cosa possiamo fare come piccoli centri museali? Dobbiamo costruire il pensiero critico della comunità, lavorando con la comunità».
 
A conclusione del dibattito, Francesca Velani, direttore di LuBeC – Lucca Beni Culturali e coordinatore della Rete delle Città della Cultura promossa da Promo PA, ha sintetizzato le principali proposte emerse dai vari attori per le tre fasi di prevenzione, di intervento e di post-emergenza. Come filo rosso, una metodologia basata sulla collaborazione inter-istituzionale, pubblico-privato, e sulla partecipazione dei cittadini, una progettualità in favore del capitale umano e sociale, la ripresa dell'erogazione di servizi culturali e l'elaborazione di nuove forme di fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale.
 
È notizia recente l'apertura della nuova sala cinema di Amatrice presso la struttura del Palazzetto dello Sport, un primo tentativo di ripresa delle attività culturali, a cui si affiancheranno ulteriori iniziative grazie allo stanziamento, tramite emendamento alla legge di bilancio approvato il 20 febbraio, «di una quota non superiore a 4 milioni di euro in favore di attività culturali nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dai recenti eventi sismici».
 
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