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Nuovi scenari per il «sistema spettacolo italiano»: sogno o realtà?

  • Pubblicato il: 14/10/2015 - 22:33
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Francesca Sereno

Il 1° luglio 2014, come è noto, viene approvato il Decreto Ministeriale «Nuovi criteri per l'erogazione e modalità per la liquidazione e l'anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163.».  Alla luce delle assegnazioni del FUS 2015, quali sono i primi effetti del DM sul comparto? E l'applicazione del DM va nella direzione dell'auspicata fase di trasformazione dello stesso? Abbiamo chiesto ad Antonio Taormina, coordinatore tecnico-scientifico dell'Osservatorio dello Spettacolo della Regione Emilia-Romagna e docente di «Progettazione e gestione delle attività di spettacolo» al Dipartimento delle Arti dell'Università di Bologna, un parere in merito

 

Il D.M. del 1° luglio 2014 «Nuovi criteri per l'erogazione e modalità per la liquidazione e l'anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163. (GU Serie Generale n.191 del 19-8-2014 - Suppl. Ordinario n. 71)» disciplina i criteri e le modalità di concessione dei contributi FUS a partire dall’esercizio 2015, definendo gli ambiti di attività finanziabili, i requisiti minimi dei soggetti richiedenti, la tempistica e la modalità di invio delle domande, nonché il sistema di valutazione delle domande.
L’articolo 2 del decreto, che contiene gli «obiettivi strategici del sostegno allo spettacolo dal vivo»[1], riassume l’intenzione di fondo, ossia di porre le basi per attivare una vera e propria riforma del comparto. Lo stesso ministro Franceschini ha dichiarato, definendo il D.M. «una riforma attesa da anni che
 rende più equi e meritocratici i criteri di assegnazione del
 Fus, incentiva la partecipazione giovanile, semplifica le 
procedure, incoraggia la programmazione prevedendo la 
triennalità dei contributi e supera il vecchio sistema dei 
teatri stabili».

L'ammontare del FUS del 2015 è rimasto pressoché invariato rispetto all'anno precedente (406 milioni euro), ma con una diversa ripartizione.
La quota principale, come sempre, spetta alle Fondazioni Lirico Sinfoniche con il 44,80% (181.990.592 euro ), peraltro non incluse nel decreto. Seguono le attività cinematografiche con il 19%, quindi Attività Teatrali con il 16,50%, Attività Musicali con il 14%, Attività di Danza con il 2,80%, Attività Circensi e Spettacolo Viaggiante con l’1,10%. Per il 2015 sono state inserite anche due nuove voci: «Residenze e Under 35» (2.000.000 euro) e «Progetti Multidisciplinari, Progetti Speciali, Azioni di Sistema» (4.621.532,70 euro ).

Una novità introdotta dal decreto è la nuova definizione degli organismi di produzione di spettacoli di prosa, ripartiti in due aree, diverse fra loro per dimensione e per ambito territoriale di riferimento: i Teatri Nazionali e i Teatri di Rilevante Interesse Culturale (TRIC).
I primi sono organismi che «svolgono attività teatrale di notevole prestigio nazionale e internazionale e che si connotano per la loro tradizione e storicità». I secondi sono organismi che «svolgono attività di produzione teatrale di rilevante interesse culturale prevalentemente nell’ambito della regione di appartenenza». La nuova configurazione di fatto elimina la distinzione tra pubblico e privato e distingue le due aree attraverso i due parametri di dimensione e partecipazione economica degli enti territoriali. La prima applicazione del DM per il triennio 2015/17 ha dato origine a sette Teatri Nazionali e diciannove TRIC.
Alla luce dei primi effetti della nuova normativa, abbiamo chiesto ad Antonio Taormina, coordinatore tecnico-scientifico dell'Osservatorio dello Spettacolo della Regione Emilia-Romagna e docente di «Progettazione e gestione delle attività di spettacolo» al Dipartimento delle Arti dell'Università di Bologna, se questo decreto stia effettivamente cambiando la geografia dello spettacolo in Italia.

Possiamo dire che il D.M., rivedendo i criteri per l'erogazione del FUS, esprima un fine più ampio, ossia quello di dare il via ad una trasformazione del «sistema spettacolo» italiano? 
Non v’è dubbio che l’esigenza principale del settore era da molti anni un rinnovamento del quadro normativo di riferimento, basato su leggi di antica data e regolamenti di fatto reiterati. Il D.M. propone appunto «nuovi criteri», come si legge nell’incipit del titolo,  che rispondono ad effettive esigenze di cambiamento e tengono conto, in buona parte, delle trasformazioni in atto.
Rispetto al passato, il provvedimento presenta rinnovati paradigmi di riferimento. Introduce la finalità di favorire i progetti e i processi a carattere innovativo e il ricambio generazionale, di valorizzare creatività e nuovi talenti. Per la prima volta, trattando di musica, teatro e danza, si richiama la multisciplinarietà per i Festival, i Circuiti regionali e gli Organismi di programmazione.
Tra gli obiettivi strategici troviamo anche il riequilibrio territoriale dell’offerta e della domanda e la riqualificazione e il sostegno della domanda, in linea con le indicazioni dell'Unione Europea sull’audience development, che rappresenta una priorità del Sottoprogramma Cultura di Europa Creativa.
Si propone poi la triennalità nella assegnazione dei contributi per tutti i soggetti e si introduce il tema  dell'internazionalizzazione.
Un ulteriore punto chiave sta nella differenziazione tra soggetto e progetto, che prima venivano identificati. La presentazione delle richieste di finanziamento si basa, su un impianto che fa sì che il progetto in quanto tale abbia una valenza qualitativa e che il soggetto venga considerato in base alla  capacità operativa. In passato non si parlava di qualità del progetto e di metodologia  progettuale.
Il D.M., come è stato dichiarato da più parti, contiene tutti gli elementi per essere considerato una vera e propria riforma e in effetti leggendo nel dettaglio gli articoli si evince una volontà in tal senso. Tuttavia emerge un aspetto non secondario, che rischia di rendere inefficaci gli obiettivi: l'assenza di investimenti. Un provvedimento legislativo che vuole effettivamente trasformare il sistema non può non essere accompagnato da un intervento economico ad hoc.

 
Quali sono i primi effetti della ripartizione del FUS? La ripartizione dei contributi per il 2015, è in linea con quanto espresso dal DM?
Premesso che la riforma non include le Fondazioni lirico-sinfoniche, gli effetti immediati sono stati diversi negli ambiti tradizionali di prosa, musica e danza.
Il settore musicale in quanto tale ha visto sostanzialmente pochi cambiamenti, mentre per quanto riguarda il teatro e la danza emerge uno sbilanciamento del sostegno alla  produzione rispetto alla distribuzione. Questo rappresenta uno dei punti di maggiore criticità: se viene sostenuta in maniera massiccia la produzione, ma poi non si investe nella distribuzione si crea una discrasia, un disequilibrio tra offerta e domanda. Viene meno la finalità del coinvolgimento di nuovi pubblici.
Con riferimento al teatro e all’ambito delle Azioni trasversali (introdotto con la riforma), inoltre, sono stati finanziati solo 15 progetti del settore della Promozione (che comprende il ricambio generazionale degli artisti, la coesione e l’inclusione sociale, il perfezionamento professionale, la formazione del pubblico) e con risorse molto ridotte. 
Riguardo alle nuove categorie della prosa, non sembrano emergere cambiamenti sostanziali rispetto al passato. Per molti versi i Teatri Nazionali hanno preso il posto dei Teatri Stabili Pubblici, i Tric–Teatri di rilevante interesse culturale, quello dei Teatri stabili privati e così per altre categorie: sono  sostanzialmente cambiati i requisiti di accesso ai finanziamenti. Nel caso della danza l’individuazione dei tre Centri nazionali dovrebbe altresì consentire un nuovo impulso al settore.
Le risorse impiegate sul versante delle innovazioni sono in realtà contenute, è comunque importante il riconoscimento (con un abbassamento dei requisiti richiesti) delle imprese di produzione «under 35». Dal punto di vista territoriale, bisogna purtroppo constatare che  il divario tra Nord e Sud è rimasto tale, non ci sono segnali di riequilibrio; e poco si è fatto per favorire l’internazionalizzazione.
Da parte delle imprese di spettacolo, si sono registrate reazioni contrastanti, in molti casi negative, anche a causa dell’innalzamento, eccetto per poche categorie, dei requisiti minimi per l’accesso ai contributi. Nel complesso va altresì visto in maniera positiva  il  venir meno di rendite di posizione ormai ingiustificabili.
I veri effetti saranno comunque verificabili alla fine di questo primo anno e alla fine triennio.

 
Alla luce di questi primi effetti e secondo i trend in atto, quali potrebbero essere le leve di miglioramento dell'attuale DM?
Sul versante applicativo le perplessità maggiori espresse dagli operatori riguardano il rapporto tra la valutazione della qualità artistica, che spetta alle Commissioni consultive competenti per materia, e vale per il 30% (percentuale ritenuta troppo contenuta) e il 70% attribuito direttamente dall’Amministrazione, dato dalla sommatoria della  dimensione quantitativa (40%) e della “qualità indicizzata” (30%) , anch’essa basata su parametri quantitativi. 
Ritengo che si dovrebbe tendere a un equilibrio tra i due momenti, fermo restando che sarebbe anacronistico non dare il giusto peso al versante economico ed imprenditoriale.
Un altro punto da rivedere è il ruolo delle Regioni, alla luce del fatto che il finanziamento da parte degli enti territoriali è, per gran parte delle categorie, condizione primaria per il riconoscimento del soggetto che chiede di essere finanziato attraverso il FUS. Il D.M. riconosce esplicitamente la funzione degli enti territoriali soltanto a proposito delle Residenze e degli Accordi di Sistema.
Infine è da auspicare che si attivi un sistema di monitoraggio efficiente e costante sull’andamento dei progetti, che consenta di valutare l'effettiva ricaduta degli investimenti, a partire dal rapporto tra domanda e offerta, e dall’occupazione. La capacità dell'amministrazione centrale di valutare gli effetti e il raggiungimento degli obiettivi potrebbe facilitare l’individuazione di correttivi in corso d'opera e rendere la normativa sempre più adeguata alle esigenze del settore.
In conclusione, non emergono gli elementi per definire il D.M. una vera e propria riforma strutturale; il decreto rappresenta piuttosto una via di transizione, un primo passo per avviare dei cambiamenti. Gli effetti tangibili si potranno vedere alla fine del triennio, durante il quale il possesso dei requisiti per accedere al FUS implicherà gioco forza un nuovo approccio per molti operatori.
 
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[1]                                             a) concorrere allo sviluppo del sistema dello spettacolo dal vivo, favorendo la qualità dell’offerta, anche a carattere multidisciplinare, e la pluralità delle espressioni artistiche, i progetti e i processi di lavoro a carattere innovativo, la   qualificazione delle competenze artistiche, l’interazione tra lo spettacolo dal vivo e l’intera filiera culturale, educativa e del turismo;

                b) promuovere l’accesso, sostenendo progetti di rilevanza nazionale che mirino alla crescita di una offerta e di una domanda    qualificate, ampie e differenziate, e prestando attenzione alle fasce di pubblico con minori opportunità;

                c) favorire il ricambio generazionale, valorizzando il potenziale creativo dei nuovi talenti;

                d) creare i presupposti per un riequilibrio territoriale dell’offerta e della domanda;
                e) sostenere la diffusione dello spettacolo italiano all’estero e i processi di internazionalizzazione, in particolare in àmbito europeo, attraverso iniziative di coproduzione artistica, collaborazione e scambio, favorendo la mobilità e la circolazione delle opere, lo sviluppo di reti di offerta artistico culturale di qualificato livello internazionale;
                f) valorizzare la capacità dei soggetti di reperire autonomamente ed incrementare risorse diverse e ulteriori rispetto al contributo statale, di elaborare strategie di comunicazione innovative e capaci di raggiungere pubblici nuovi e diversificati, nonché di ottenere riconoscimenti dalla critica nazionale e internazionale;
                g) sostenere la capacità di operare in rete tra soggetti e strutture del sistema artistico e culturale.