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Ma che forza gli italiani moderni!

  • Pubblicato il: 21/06/2013 - 12:00
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Redazione
Gio Ponti

Lucca. Il titolo «La Forza della modernità. Arti in Italia 1920-1950», ovvero la spinta verso la ricerca e l’innovazione, pur nelle molte tortuose espressioni e diramazioni, ben riassume i caratteri della mostra alla Fondazione Centro Studi sull’arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, aperta fino al 6 ottobre.
Il taglio scelto dai curatori Maria Flora Giubilei e Valerio Terraioli, autori anche dei saggi nel catalogo edito dalla Fondazione Studi Ragghianti, è proprio volto a sottolineare le analogie tematiche, espressive, stilistiche, tra le arti decorative italiane prodotte tra il 1920 e il 1950 ed esempi emblematici di contemporanee espressioni dell’arte figurativa, pitture e sculture, indicando quanto gli esiti inventivi e formali raggiunti in Italia in quei decenni avrebbero poi posto le basi per la nascita dell’Italian Design. Una complessità di voci, dalla rilettura del patrimonio classico, pur in un’ottica di trasformazione moderna dell’arte italiana, a scelte più radicali, come le sperimentazioni futuriste oppure a quelle geometrico/monumentali di matrice novecentista, per arrivare alle ricerche sulla materia che preludono all’Informale. Il percorso della mostra sottolinea questo stretto dialogo tra arti «maggiori» e arti decorative (ma non certo minori), nelle quali si colgono molto sensibilmente le variazioni del gusto e la trasformazione dei linguaggi artistici, e si focalizza sul momento in cui le relazioni tra i due mondi, già vivissime all’inizio del secolo, si fanno più cogenti, e si riflettono nell’ampio dibattito su riviste quali «Domus», «Poligono», «Casabella», «Le arti decorative» e altre ancora. Oltre a indicare l’importanza delle quattro mostre internazionali di arti decorative tenutesi nella villa Reale di Monza nel 1923, 1925, 1927 e 1930, sono evocate anche le esposizioni internazionali (in particolare Parigi 1925 e 1937), i preparativi per l’E42 a Roma oppure per le sezioni di arti decorative nelle esposizioni d’arte (tra cui le Biennali veneziane).
Ma significativi sono anche i confronti con le opere d’arte figurative esposte alle stesse Biennali, alle Quadriennali romane e alle Sindacali. L’evidenza data al ruolo svolto dalle arti decorative consente di promuovere le collezioni dei musei di Faenza e di Doccia, ma anche della Galleria d’Arte Moderna di Genova come della Wolfsoniana, sempre nel capoluogo ligure, insieme a esemplari di grande pregio provenienti da collezioni private. Gli oltre trecento pezzi, tra oggetti (di Gio Ponti, di Munari, di Nonni e di altri ancora), dipinti e sculture (di Savinio e Fillia, di Arturo Martini e Afro Basaldella) sono suddivisi per sezioni cronologiche, a loro volta ripartite in aree tematiche, avendo quale fil rouge il riferimento a varie epoche della storia (l’antichità, il Rinascimento, il Manierismo, il Rococò) ma anche il rifiuto della storia stessa (come nel caso degli aeropittori e dei secondi futuristi). Nella prima sezione, «Il primo dopoguerra: gli anni Venti tra Déco e nostalgia dell’antico» si indagano temi quali il gioco, il sogno, l’ironia ma anche quello della wunderkammer; nella seconda, dedicata agli «Anni Trenta: dal Déco al Novecentismo» sono alla ribalta il classicismo arcaico ed i valori puri; mentre nella terza, «Dai tempi di guerra alle soglie degli anni Cinquanta», si giunge invece all’abbandono della forma.

Per informazioni: Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, Complesso monumentale di San Micheletto, via San Micheletto 3, Lucca, tel. 0583 467205, ww.fondazioneragghianti.it

Da Vedere a Lucca, n.2 giugno/agosto 2013, Umberto Allemandi &C.