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L'Abruzzo «illuminato»

  • Pubblicato il: 28/06/2013 - 10:08
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Redazione
Foglio staccato dell'Antifonario del Museo di Santa Maria Maggiore di Guardiagrele

Chieti. La mostra «Illuminare l’Abruzzo. Codici miniati tra Medioevo e Rinascimento», allestita fino al 31 agosto a Palazzo de' Mayo a Chieti presenta per la prima volta nella stessa sede il migliore patrimonio librario miniato abruzzese di epoca medievale e rinascimentale, indagandone i tanti diversi volti e gli interscambi artistici che fanno di questa realtà, per molti largamente inedita, un tesoro da scoprire. Ai Codici noti, infatti, si sono aggiunte importanti acquisizioni che delineano un profilo nuovo della produzione abruzzese tra XI e XV secolo e hanno permesso la catalogazione di oltre settanta opere, tra codici integri e fogli staccati, conservate in Italia, Europa e Stati Uniti
Un’occasione imperdibile per ammirare in un unico momento espositivo, oltre al vasto corpus di manoscritti miniati di proprietà delle biblioteche pubbliche ed ecclesiastiche abruzzesi, materiali finora sconosciuti o recentemente ritrovati: come i due fogli dei corali rubati da Guardiagrele e rintracciati sul mercato antiquario da Francesca Manzari, il Messale per offida conservato alla Biblioteca Palatina di Parma, i fogli miniati conservati dalla Fondazione Cini di Venezia, l’Exultet di Avezzano, raro e meraviglioso esempio di rotolo di pergamena della lunghezza di quasi sei metri prodotto a Montecassino nell’XI secolo per Pandolfo, vescovo della città marsicana, e altre incantevoli produzioni di codici di provenienza regionale custoditi in vari istituti esteri quali la Real Biblioteca del Escorial, il Metropolitan Museum e la Pierpont Morgan Library di New York, la Bibliothèque Nationale e il Musée Marmottan di Parigi.
Ci si trova di fronte a una produzione straordinaria, concentrata soprattutto nei centri di Chieti, L’Aquila e Teramo. Le ricerche effettuate nell’ultimo decennio hanno permesso di scoprire nuovi manoscritti, artisti e botteghe che lasciano emergere una rete di rapporti inediti rispetto a quanto era stato accertato dalla storiografia precedente. Spesso gli artisti si trasferivano a Roma e a Napoli, lasciando in eredità al modus operandi usuale nelle due capitali del regno e del Papato componenti abruzzesi determinanti; un altro interessante scambio avveniva tra l’Abruzzo e la Puglia, dove sono stati rintracciati numerosi codici di matrice abruzzese.
In Abruzzo fino al XII secolo le produzioni riflettono la disomogeneità geografica, politica e culturale del territorio; nel periodo altomedievale la regione si contraddistingue per un ruolo dicerniera fra il mondo meridionale, dominato dalla scrittura di tipo beneventano, e la parte centro-settentrionale della penisola, dove accanto alla progressiva espansione della minuscola carolina si registra il permanere di culture grafiche in continuità con la tradizione dei secoli passati.
Se dal IX al XII secolo emerge l’importanza della cattedrale di San Giustino a Chieti, sede di uno scriptorium e di una schola cantorum, nell’XI secolo si assiste invece alla piena affermazione della scrittura beneventana: un ruolo determinante in questo senso è svolto da Teobaldo, priore di San Liberatore a Maiella e quindi abate di Montecassino, che dotò il cenobio abruzzese di una biblioteca di circa centocinquanta libri. La testimonianza più significativa della cultura cassinese nella regione è però l'Exultet conservato ad Avezzano, raffinatissimo esemplare di rotolo liturgico, fatto realizzare appositamente a Montecassino da Pandolfo, vescovo dei Marsi.
Intorno alla fine del XII secolo si realizza il celebre «Chronicon Casauriense», legato all’abbazia diSan Clemente a Casauria, ricco di decorazioni e disegni, parte di un ambizioso progetto di rilancio di questo complesso sacro di fondazione imperiale. Bisogna aspettare lo scorrere del XIII secolo, però, per la diffusione della scrittura gotica, linguaggio grafico universale del quale sopravvivono esigue testimonianze, sufficienti per attestare la presenza nella regione di correnti umbre e romane, attraverso le quali giungono i riflessi dell’opera di Cimabue, mentre altri esemplari presentano componenti stilistiche francesi, legate all’ascesa al trono di Carlo I d’Angiò che dovette dotare di libri liturgici le sue fondazioni, come l’abbazia di Santa Maria della Vittoria pressoScurcola Marsicana.
Col Trecento la produzione miniata conosce una straordinaria fioritura in Abruzzo. I due centri più importanti, nella prima metà del secolo, furono senza dubbio Guardiagrele (dove si conserva una parte del corredo liturgico della collegiata di Santa Maria Maggiore, recentemente recuperato) eTeramo, officina per numerosi libri liturgici e per un eccezionale codice giuridico. Tra le scoperte di questa mostra, poi, vi sono nuove opere riferibili a L’Aquila che stupiscono per la preziosità dei materiali e la perizia degli artisti, ravvisabile in città fin dalla metà del Trecento. Lungo l’arco del secolo, inoltre, godette di un’eccezionale fioritura anche la tipologia ornamentale filigranata, meno costosa ed eseguita con penna e inchiostri colorati, che in Abruzzo dimostra una raffinatezza fuori dal comune.
È dunque un periodo d’oro per la miniatura abruzzese il XIV secolo, un’elencazione di numerosi codici di altissima qualità e tanti esempi di miniatori come Guglielmo di Berardo da Gessopalena, Berardo da Teramo, Muzio di Francesco di Cambio, Niccolò di Valle Castellana e, a cavallo con l’inizio del secolo successivo, Stefano dell’Aquila e Marino di Alanno.
Proprio con riguardo alla produzione miniata tardogotica, dall’ultimo quarto del 1300 all’inizio del 1400, questa mostra fornisce nuovi strumenti di comprensione grazie alle novità esposte: a L’Aquila, per esempio, si sviluppa una produzione elegante che si riflette anche in manoscritti prodotti per le regioni circostanti (le Marche soprattutto ma anche Roma) che dimostra, inoltre, legami particolarmente stretti con la pittura monumentale. I rapporti con Roma trovano poi conferma nelle miniature realizzate da una bottega italo-francese, attiva nella capitale, in un Pontificale destinato a un vescovo di Sulmona. Nella prima metà del Quattrocento, invece, i codici realizzati nella zona di Chieti, o tra Atri e Teramo, manifestano ancora caratteri tardogotici, segnalando la lenta affermazione dell’arte rinascimentale in quell’area. È solo con la seconda metà del secolo, infatti, che si può rilevare una produzione pienamente rinascimentale, legata ai libri liturgici realizzati per L’Aquila, Chieti e Teramo.
È infatti datata al 1432 l’opera che conclude «Illuminare l’Abruzzo»: il Libellus ad faciendum colores, individuato nel 2007 e presentato come la seconda copia conosciuta del più importante trattato tardomedievale sulla tecnica della miniatura, più noto come De arte illuminandi. Una chiusa perfetta per un sorprendente itinerario storico-artistico che riesce davvero a illuminare il visitatore.
La mostra, a cura di Gaetano Curzi, Alessandro Tomei, Francesca Manzari e Francesco Tentarelli,  è organizzata con il sostegno e la collaborazione di Fondazione Carichieti, il finanziamento della Regione Abruzzo in convenzione con il Dipartimento di lettere, arti e scienze sociali dell’Università «d’Annunzio», e col contributo dell’Associazione dimore storiche e di Carsa edizioni. 

Fino al 31 agosto 2013
orario d’apertura: da martedì a domenica, dalle 19 alle 23 (anche a ferragosto) ingresso gratuito - Visite guidate su appuntamento
informazioni per il pubblico:
tel: +39-0871-359801
Fax: +39-0871-347606
e-mail: info@fondazionecarichieti.it
sito: www.fondazionecarichieti.it

da Il Giornale dell'Arte, edizione online, 21 giugno 2013