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La nuova Europa Creativa. A che punto siamo e cosa ci aspetta

  • Pubblicato il: 07/09/2012 - 12:04
Rubrica: 
BANDI E CONCORSI
Articolo a cura di: 
Martina Bacigalupi

Nel 2014 inizia la nuova sfida per gli operatori culturali: quella di lavorare in rete, di creare partenariati, di uscire dalle divisioni settoriali che fino a oggi hanno separato cultura e industria culturale e creativa. Una sfida che si chiama Europa Creativa, nome del nuovo programma della Commissione Europea che fino al 2020 sosterrà l’industria culturale europea grazie allo stanziamento di circa 1,8 miliardi di euro.
Il perno attorno a cui ruota il programma è il concetto di creatività, un concetto trasversale che abbraccia biblioteche, archivi, industrie culturali e creative, design, associazioni culturali, festival, arti dello spettacolo, radio, arti visive, prodotti audiovisivi, patrimonio culturale e artigianato artistico.
Tutte le molte facce che compongono la cultura europea sono così racchiuse in un unico programma che ha un grande obiettivo finale: la promozione della diversità culturale e, soprattutto, il rafforzamento della competitività dei settori culturali e creativi.
Per questo motivo dagli operatori ci si attende un radicale cambio di prospettiva e l’apertura a un nuovo modo di «produrre» cultura, termine utilizzato non a caso.

Europa Creativa è ancora in divenire
Il programma Europa Creativa - qui sta la novità più rilevante - fonde e accorpa i tre attuali programmi indipendenti: CULTURA, MEDIA e MEDIA Mundus. Al momento nulla è ancora definitivo, poiché il Consiglio ha raggiunto solo un orientamento generale parziale sulla proposta di regolamento. Un accordo che, però, rappresenta un mandato politico per avviare negoziati informali con il Parlamento europeo e raggiungere un accordo globale sulla proposta all'inizio del 2013.
Sotto il cappello del nuovo programma, agiranno 3 strand: CULTURA, MEDIA e una sezione transettoriale, che comprende un nuovo strumento finanziario per i settori culturali e creativi e le misure che promuovono una cooperazione politica transnazionale.
Così, se la fase negoziale confermerà le intenzioni del Consiglio, lo stanziamento di bilancio previsto sarà suddiviso in questo modo: 30% allo strand CULTURA, 55% al settore MEDIA e 15% al CROSS-SETTORIAL strand.

Le novità e i dubbi in Europa Creativa
Nella proposta di regolamento, il primo degli obiettivi generali del programma è quello di favorire la protezione e la promozione della diversità culturale e linguistica europea. Ma non c’è alcun dubbio che la vera novità del documento è nell’enfasi posta al secondo degli obiettivi generali: il rafforzamento della competitività del settore, così che si compiano gli obiettivi della strategia «Europa 2020» (crescita intelligente, sostenibile e inclusiva).
Uno spostamento marcato verso il pragmatismo che preoccupa non poco gli stakeholder del settore culturale a livello europeo. Molte associazioni europee come  la Museum Association, l’IETM(International Network for Contemporary Performing Arts) e anche l’EBLIDA (European Bureau of Library, Information and Documentation Associations) - coinvolte nella fase di discussione del programma - hanno dichiarato le loro perplessità nel considerare la cultura unicamente come strumento per far crescere un settore economico, trascurandone quindi il valore intrinseco che ha come elemento identitario.
Dubbi certamente non rassicurati dagli indicatori di monitoraggio e valutazione inseriti nel regolamento, che utilizzano esclusivamente criteri quantitativi quali ad esempio il numero di persone direttamente e indirettamente raggiunte. Non si parla né di qualità dell’esperienza culturale né dell’impatto qualitativo dei progetti sulla vita dei cittadini, sottovalutando così il ruolo della cultura nella formazione e promozione della cittadinanza europea.
Un aspetto questo, la cui importanza è sottolineata anche da Pierluigi Sacco, professore ordinario di Economia della cultura all'Università IULM di Milano, che afferma «La crescente attenzione riservata dalla Commissione Europea alle industrie culturali e creative, come dimostrato dall'articolazione di Creative Europe, è sicuramente un fatto positivo, ma non dovrebbe avvenire a discapito dei settori culturali 'non industriali' come le arti visive, gran parte dello spettacolo dal vivo e il patrimonio storico-artistico, che pur avendo una minore capacità di generare profitti restano comunque un laboratorio indispensabile di sviluppo di nuove idee e di nuovi concetti creativi senza il quale l'intera macro-filiera si indebolirebbe notevolmente.
C'è da sperare che il nuovo corso 2014-2020 non perda di vista le caratteristiche peculiari delle filiere cultuali e creative e che operi sulla base di una visione economico-culturale piuttosto che economicistica».
Un altro importante cambiamento è l’unione dei programmi CULTURA e MEDIA, che consente sinergie ed efficienze, grazie anche alla fusione dei punti di informazione e alla riduzione del numero delle linee di attività.
I rappresentanti degli Stati Membri, però, anche in questo caso hanno sollevato dubbi sulla possibile coesistenza di due settori così differenti in un unico programma, sebbene sia evidente a tutti come la digitalizzazione e il ruolo crescente dei settori culturali e creativi nell'economia portino a un’azione europea congiunta e sinergica.
Sono stati, invece, accolti con soddisfazione gli obiettivi specifici della sezione Cultura, che toccano temi strategici per il rafforzamento del settore quali la promozione della circolazione transnazionale delle opere culturali e creative, la circolazione degli artisti, lo sviluppo del pubblico e l'adeguamento alle tecnologie digitali.
Un cambiamento importante per gli operatori e il mondo della cultura europea, dunque, ma che ancora non termina di stupire. C’è ancora una novità che ha destato molta attenzione tra gli addetti ai lavori: la creazione di una sorta di fondo di garanzia finanziaria, destinato a sostenere i piccoli operatori culturali che hanno difficoltà - per dimensione e formazione - ad accedere ai finanziamenti. Un intervento che, se vedrà la luce, sarà di primario interesse poiché l’80% delle imprese culturali e creative sono piccole e medie imprese.
Anche in questo caso, però, molti sono i dubbi sorti intorno a questo strumento e alle modalità di funzionamento. Il timore è che per i piccoli operatori sarà complicato accedere a questa fonte di sussidi.
Non solo, non è chiaro se questi finanziamenti sostituiranno o saranno complementari a quelli nazionali. Infine, come sottolineato da molti, vi è la necessità di criteri chiari di attribuzione e di un equilibrio geografico nell'accesso ai prestiti.
Per chiudere, l’ultima allerta sul nuovo ipotizzato strumento è riferito direttamente alle istituzioni finanziarie, in particolar modo a quelle italiane: avranno le capacità di valutare adeguatamente il profilo di rischio associato ai progetti culturali e creativi?

Sitografia
1 Programme Creative Europe:
http://ec.europa.eu/culture/creative-europe/index_en.htm
2 Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on establishing the Creative Europe Programme:
http://ec.europa.eu/culture/creative-europe/documents/proposal-regulation_en.pdf
http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/12/st09/st09097.it12.pdf
3 Culture Action Europe:
http://www.cultureactioneurope.org
4 EU2020 Strategy:
http://ec.europa.eu/europe2020/index_en.htm
5 DGEAC (Directorate General Education and Culture) of the European Commission:
http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/index_en.htm

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Martina Bacigalupi
Si occupa di progettazione, coordinamento e direzione progetti finanziati nei settori: formazione, beni culturali, socio­assistenziale e sviluppo locale. E’ consulente e formatrice aziendale per imprese e pubbliche amministrazioni sui temi: fund raising, comunicazione organizzativa e interpersonale, formazione continua, organizzazione e sviluppo delle persone.