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Justin Art House Museum: quando la casa diventa un museo

  • Pubblicato il: 15/06/2018 - 13:00
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Alessia Zorloni

Negli ultimi anni, i collezionisti privati si stanno dedicando non solo a proteggere e valorizzare la propria collezione ma anche a condividerla aprendo le proprie abitazioni private al pubblico. Dalla Rachofsky House a Dallas, alla Cranford Collection a Londra fino ad arrivare alla Lever House Art Collection di New York, gli esempi sono moltissimi in tutto il mondo. Il Giornale delle Fondazioni ha intervistato Charles Justin, fondatore del Justin Art House Museum di Melbourne, in Australia, che ci racconta come è gestita la sua casa-museo.


Trasformare la propria abitazione in una splendida galleria di opere d’arte non è nuovo ai collezionisti. Fin dagli inizi del Novecento, facoltosi mecenati hanno aperto le porte delle loro abitazioni ai visitatori; basti pensare alla Frick Collection di New York, museo dal 1935, ma per anni dimora del magnate dell’acciaio Hanry Clay Frick, oppure al Peggy Guggenheim Museum di Venezia, un tempo casa privata della stessa Peggy e ora uno dei principali musei d’arte contemporanea italiani. Questa prassi è continuata per tutto il secolo scorso fino ad arrivare ai nostri giorni, dove è sempre più comune imbattersi in moderne case-museo: dalla Rachofsky House a Dallas, alla Cranford Collection a Londra fino ad arrivare alla Lever House Art Collection di New York, gli esempi sono moltissimi, sparsi in tutto il mondo. L’intento principale è quello di rendere accessibili ad un pubblico ampio intere collezioni e di creare un dialogo stimolante tra le opere d’arte e l’ambiente domestico che le ospita.
Si tratta di case private che svolgono le funzioni di un museo, con la differenza che vengono gestite dalle famiglie che vi abitano o da un ristretto staff dedicato. Il Lyon Housemuseum e il Justin Art House Museum di Melbourne, in Australia, sono due esempi di questo tipo, dove arte, architettura e design si intrecciano, creando spazi espositivi inediti.
Il primo è un progetto dell’architetto e collezionista Corbett Lyon, che tra il 2002 e il 2006 decide di costruire la propria residenza come una galleria aperta al pubblico. Il Lyon Housemuseum ospita una collezione di oltre 350 opere d’arte di più di 50 artisti australiani, raccolti in ventisei anni di ricerche e acquisizioni da parte di Corbett e di sua moglie Yueji Lyon. L’interazione tra arte e architettura, aree pubbliche e private all’interno dello stesso edificio, ha permesso all’architetto di giocare con gli spazi e di cercare nuove soluzioni: la cucina, per esempio, viene convertita nella caffetteria del museo e il salotto diventa uno spazio per la proiezione di video arte e documentari.
Il secondo è un edificio di tre piani, voluto dell’architetto e collezionista Charles Justin e da sua moglie Leah e progettato dalla figlia Elisa Justin dello Studio Justin Architecture. La loro collezione, ad oggi, comprende circa 300 opere di pittura, scultura, fotografia e video arte, per lo più di giovani artisti emergenti, proponendosi come scopo primario quello di aiutarli ad affermarsi sulla scena internazionale. Il tema dello spazio, inteso come relazione con l’ambiente che circonda l’intera abitazione, caratterizza il progetto architettonico ma è anche il fil rouge della collezione. In questa intervista Charles Justin ci racconta come è gestito il  Justin Art House Museum.
 
Come è strutturato il Justin Art House Museum (JAHM) e come sono suddivise le competenze?
Il Justin Art House Museum è un’organizzazione non profit finanziata privatamente dal trust di famiglia e gestita come una piccola impresa famigliare, fondamentalmente da me e mia moglie Leah. Siamo supportati da un curatore, che ci assiste un giorno alla settimana, e da due tirocinanti, che lavorano esclusivamente un giorno a settimana per 26 settimane l’anno. Leah e io siamo molto attivi: gestiamo personalmente i tour, curiamo una delle due mostre che organizziamo ogni anno e ci occupiamo di fornire un'esperienza personale e intima ai nostri visitatori. I nostri assistenti impaginano i cataloghi, preparano i press release e si occupano della promozione dei programmi attraverso i canali tradizionali e i social media. La redazione dei testi critici per i cataloghi e le esposizioni è invece commissionata a professionisti esterni.
 
Quante mostre organizzate all’anno?
JAHM organizza due esposizioni all’anno: la prima è ideata e sviluppata internamente attraverso le opere della Justin Collection mentre la seconda è realizzata grazie ai prestiti provenienti da altre collezioni private. È possibile visitare le mostre su appuntamento ad un prezzo di 25$ e ogni visita può accogliere un massimo di 25 persone. La visita include un tour dell’esposizione a cui segue un ricevimento con rinfresco.
 
Qual’è il focus della Justin Collection?
La nostra collezione è incentrata sull'arte astratta con un focus particolare sul tema dello "spazio", che riflette, in qualche modo, la mia esperienza professionale come architetto.  La collezione conta circa 300 opere che vanno dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alle opere su carta fino ad arrivare alla video arte e alle istallazioni digitali. Non mancano interventi site-specific come la facciata in alluminio creata da Tunni Kraus e l’installazione luminosa di Ilan El sulle tre rampe della scala interna, che collega i primi piani al livello più alto, dove si trova il nostro appartamento privato.
 
Come viene arricchita la collezione? Esiste un budget riservato alle acquisizioni?
Il nostro modo di collezionare è piuttosto destrutturato e istintivo. Tuttavia, siamo consapevoli che se un lavoro non è coerente con il focus della collezione difficilmente verrà acquistato. Quindi, se da un lato c'è un forte tema dominante che lega tutti i lavori presenti in collezione, c’è anche una certa eterogeneità nelle opere raccolte. La collezione è in continua espansione, senza che vi sia un budget formale dedicato alle nuove acquisizioni.
 
Avete mai venduto delle opere della collezione?
No, non abbiamo mai venduto nessuna opera. Crediamo fortemente che la collezione rappresenti la nostra memoria e che quindi, una volta venduta un'opera, venga inevitabilmente perduto un pezzo della nostra storia.
 
Come viene catalogato il vostro patrimonio? Avete provveduto alla digitalizzazione della collezione?
La nostra collezione è stata catalogata con Artwork Archiv, un software per l’archiviazione dei beni artistici che permette la digitalizzazione dei dati (tra i quali dati tecnici delle opere, schede storico-artistiche, dati di acquisizione, valore assicurativo, report sullo stato di conservazione) e delle immagini delle singole opere. A breve renderemo disponibili le opere della collezione sul nostro sito web per un accesso pubblico completo. Stiamo anche sviluppando una versione di Justin Art House Museum in realtà virtuale per tutti coloro che non possono visitare personalmente la collezione.
 
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