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A journey into fragility

  • Pubblicato il: 14/05/2015 - 16:00
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Anna Saba Didonato
ph| ASD

Dopo 2 anni di viaggi attraverso Africa, Europa, Asia e America, si è concluso il progetto transdisciplinare e partecipato dell’artista ligure Maria Rebecca Ballestra, curato da Paola Valenti. Approdato definitivamente sulla splendida Isola della Certosa a Venezia, è ispirato alle 12 tesi della Carta per la Terra e per l’Uomo di Massimo Moratto. Il progetto, dedicato ad arte e ambiente, è sostenuto dalla Fondazione Principe Alberto II di Monaco e promosso dall’Archivio d’Arte Contemporanea dell’Università di Genova. Conversiamo con l’attrice
 
 
 
Come nasce «Journey into Fragility»?
Nasce dall’incontro con lo scrittore Massimo Morasso, avvenuto nel 2012 in occasione del Festival della Scienza di Genova. In quell’occasione mi è stata presentata la Carta per la Terra e per l’Uomo, un documento sulla crisi ecologica, firmato da 100 tra i più grandi intellettuali al mondo tra cui 5 Premi Nobel e 6 Premi Pulitzer, che vuole ripensare in chiave propositiva le radici della problematica ambientale.
Il documento mi ha profondamente affascinato per i suoi contenuti filosofici e per la prospettiva costruttiva e innovativa con cui si confronta con uno dei temi più attuali e contemporanei del XXI secolo. Per questo motivo ho deciso di mettere a disposizione la mia persona come «artista» e il mio fare arte come «mezzo per innescare processi di confronto ideale, interconnessioni di pensieri, nuove prospettive per un futuro comune», al fine di diffondere i contenuti della Carta e innescare un dialogo sul senso del nostro «vivere sulla terra». Poiché, come afferma lo stesso Morasso nel suo testo introduttivo del catalogo Journey into Fragility (ed. Allemandi), «fare poesia» e «fare arte» hanno in comune il significato di lavorare per «fare civiltà».
 
 
Dove ti hanno portata le 12 tappe che hanno scandito il tuo progetto biennale itinerante?
Mi hanno portato in giro per il mondo, in 4 diversi continenti: Africa, Europa, Asia e America. Ogni tappa è stata ispirata da una delle dodici tesi della Carta per la Terra e per l’Uomo e mi ha permesso di approfondire una diversa tematica ambientale. Per ogni tappa è stato coinvolto un partner scientifico locale e un diverso curatore; 5 tappe sono state realizzate in collaborazione con altri artisti nell’ottica del confronto e del dialogo. Journey into Fragility è un progetto transdisciplinare e partecipato, reso possibile grazie alla collaborazione e al sostegno non solo di enti e partner istituzionali ma di moltissimi compagni di viaggio che in ogni parte del mondo hanno sostenuto, aiutato e supportato il mio progetto.
 
Nel dettaglio le dodici tappe sono state:

  1. Kumasi (Ghana) – Memoria Collettiva e Ambiente – partner: NKA Foundation – curata da Luca Bochicchio;
  2. Berna (Svizzera) –Politica Globale e Ambiente – in collaborazione con Luca Coclide – partner: Kalart – curata da Thomas Kalau;
  3. Madagascar – Biodiversità –partner: ONG Un seme per Crescere – curata da Daniele Legotta;
  4. Abu Dhabi – Energia solare e desertificazione – partner: Metropolart e Masdar – curata da Mamia Bretesche;
  5. Fuyang (Cina) – Urbanismo e Crescita demografica – in collaborazione con Alessandro Olla – partner: Sunhoo Industrial Design Park – curata da Luca Zordan
  6. Singapore – Riciclaggio dell’acqua – in collaborazione con Newater – curata da Fabio Carnaghi;
  7. Penisola di Osa (Costa Rica) – Foresta Tropicale – in collaborazione con Carmelo Camilli - curata da Alessandra Piatti;
  8. Cardigan (Galles) – Agricoltura Sostenibile – in collaborazione con Jacob Whittaker –partner: Rhod curata da Sara Rees;
  9. Islanda – Scioglimento dei ghiacciai – curata da Leo Lecci;

10) Marsiglia (Francia) – Risorse marine – partner: MEDPAN – curata da Stella Rouskova;
11) San Paolo (Brasile) – Antropocentrismo – in collaborazione con Rachela Abbate – partner: Transnational Dialogues – curata da Johachim Aidnt;
 
La dodicesima tappa, Nowhere, è un «non luogo» o «qualsiasi luogo»: un progetto collaborativo che ha coinvolto artisti internazionali nella realizzazione di una mappa del cielo per la quale ognuno di loro ha realizzato una stella, ossia un’opera di cm5x5.
 
 
La tua opera relazionale si compone di creazioni ulteriori derivate: quali sono?
Le dodici tappe hanno generato dodici serie di opere (video, installazioni site specific, fotografie, suoni, oggetti, ecc.). Il progetto ha inoltre trovato una forma permanente sull’Isola della Certosa a Venezia, attraverso due interventi: la collocazione di 100 targhe con i nomi di tutti i firmatari della Carta lungo la passerella di accesso all’isola e la collocazione, nel parco, di dodici calotte di acciaio con incisi i 12 luoghi toccati dal progetto e le relative distanze in chilometri dall’Isola. Come se l’isola rappresentasse un centro ideale, il centro della Natura, il centro dell’essere.
 
 
Quali sono le maggiori difficoltà che hai dovuto affrontare durante questo lungo viaggio?
Journey into Fragility è stato un progetto lungo e complesso che oltre a molte soddisfazione ha implicato inevitabili difficoltà. La prima fra tutte è stata costruire la rete di partner e organizzare le 12 tappe utilizzando la rete internazionale delle residenze d’artista. Un progetto così lungo e così impegnativo ha messo in gioco aspetti personali, insicurezze e fragilità che lo hanno trasformato anche in un percorso di vita, un viaggio interiore. Anche convincere il sistema dell’arte della validità di un progetto così complesso, interdisciplinare e dilatato nel tempo non è stato semplice, ma le gallerie, gli enti e i collezionisti che mi hanno sostenuta, hanno in qualche modo accettato la sfida di perseguire un’idea e un processo creativo prima ancora che la realizzazione di singole opere.
 
 
Quale sarà il tuo prossimo progetto?
Ho appena iniziato un nuovo progetto, sempre itinerante e a tappe, questa volta 9. S’intitola «La verità del Labirinto», è un progetto ispirato alla raccolta di testi dall'omonimo titolo dell'artista belga Julien Friedler (http://www.spiritofboz.com/the-truth-of-the-labyrinth/). Anche questo sarà un progetto collaborativo che coinvolgerà sia Morasso che altri artisti.
Il labirinto come simbolo universale e comune a molte culture sarà declinato in diversi aspetti (architettonico, simbolico, mitico, naturalistico) offrendomi l'occasione di riflettere su alcuni concetti universali come il sacrificio, il corpo, la morte, la tradizione orale, il mistero, il gioco, il sogno, il pellegrinaggio e l'immaterialità.
Sarà un progetto sull'anima e sulla coscienza, in un tempo in cui sembra così difficile parlare della dimensione spirituale dell'uomo.
 
 
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