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Il Pensiero che non diventa azione avvelena l’anima

  • Pubblicato il: 25/11/2018 - 18:51
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CS
“Siamo l’unico Paese che ha speso in interessi sul debito la stessa cifra spesa per l’educazione. Ma risolveremo. Risparmieremo sull’educazione e lasceremo salire lo spread. E due milioni di persone rinunciano a curarsi per liste di attesa troppo lunghe”. Così, commentava ironicamente e dolorosamente sui social network la tempesta dello spread “politico”, il prof. Pierluigi Sacco, economista della cultura, adviser del Commissario Europeo alla Cultura.
 
Parla chiaro Bankitalia. L’impatto delle scelte politiche si sta già traducendo tangibilmente, al di là delle dichiarazioni affatto confrontanti del Premier, in costi per le famiglie e per il sistema produttivo, in un momento in cui è fondamentale investire per cogliere le opportunità delle trasformazioni dell’economia digitale, in cui è fondamentale lavorare in modo strategico sulle diseguaglianze, fuori dall’assistenzialismo, pena il loro ampliamento, ripensando i sistemi educativi e socio-sanitari-assistenziali.
 
Parla chiaro Save the Children che ha recentemente pubblicato con Treccani il IX Atlante dell’infanzia a rischio. “Le periferie dei bambini”,  a cura di Giulio Cederna e con le foto di Riccardo Venturi, presenta aspetti preoccupanti  per il contrasto alla povertà educativa. I dati indicano come dall’inizio di questo decennio ci sia stato un drastico calo dei bambini che leggono, comune – anche se in misura diversa – alle varie fasce d’età. Circa la metà dei giovani non legge (tra 6 e 18 anni, nel 2016 il 52,8% non aveva letto neanche un libro nell’anno precedente, senza contare ovviamente i testi scolastici). Il 10% delle famiglie non ha libri in casa. 
Il tema dei bambini e degli adolescenti che non leggono non può essere derubricato a una questione individuale. La lettura è anche uno strumento di crescita e di emancipazione, ancora più importante per i giovani che provengono dai contesti più deprivati. Fin dai primi anni offre al bambino la possibilità di esplorare mondi e storie nuove, stimolandone fantasia e creatività. Da adulto, le competenze linguistiche possono diventare un decisivo per ottenere un lavoro stabile, e anche per la propria realizzazione e gratificazione personale. I timidi segnali di miglioramento nel 2017 non sono un’inversione di tendenza e vanno monitorati con attenzione.
All’interno di una stessa città, l’acquisizione delle competenze scolastiche da parte dei minori segna un divario sconcertante. A Napoli, i 15-52enni senza diploma di scuola secondaria di primo grado sono il 2% al Vomero e quasi il 20% a Scampia, a Palermo il 2,3% a Malaspina-Palagonia e il 23% a Palazzo Reale-Monte di Pietà, mentre nei quartieri benestanti a nord di Roma i laureati (più del 42%) sono 4 volte quelli delle periferie esterne o prossime al GRA nelle aree orientali della città (meno del 10%). Ancora più forte la forbice a Milano, dove a Pagano e Magenta-San Vittore (51,2%) i laureati sono 7 volte quelli di Quarto Oggiaro (7,6%). 
Differenze sostanziali tra una zona e l’altra riguardano anche i NEET, ovvero i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano più, sono senza lavoro e non sono inseriti in alcun circuito di formazione.
Sono quasi 3,6 milioni i bambini e gli adolescenti che vivono nelle 14 principali aree metropolitane del Paese (2 su 5 del totale in Italia), e crescono spesso in zone o quartieri sensibili che possiamo definire “periferie” da tanti punti di vista differenti, non solo rispetto alle distanze dal centro città, ma in base ai diversi deficit urbanistici, funzionali o sociali dei territori. Sono ad esempio “periferie funzionali” i quartieri dormitorio, “svuotati” di giorno per effetto dei grandi flussi pendolari verso i luoghi di lavoro, privi di opportunità e poveri  di relazioni sociali.”,  ci dice il rapporto. Sono questi alcuni dei dati messi in luce, non va trascurato che questo calo è in parte sovrapponibile agli anni della crisi economica e dell’aumento della percentuale di famiglie in povertà assoluta.
La povertà economica è spesso causata dalla povertà educativa: le due si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione. Un bambino che vive in questa condizione sarà un cittadino tendenzialmente più esposto ai processi di esclusione, con uno svantaggio che difficilmente potrà colmare in termini di percezione di sé stesso e della costruzione del suo futuro, e con un impatto strutturale sugli scenari futuri del nostro Paese.  “La povertà educativa priva bambini e adolescenti della possibilità di apprendere e sperimentare, di scoprire le proprie capacità, sviluppare le proprie competenze, coltivare i propri talenti ed allargare le proprie aspirazioni. Si creano così le condizioni per lo sfruttamento precoce nel mercato del lavoro, per l’abbandono e la dispersione scolastica (nelle loro diverse manifestazioni), per fenomeni di bullismo e di violenza nelle relazioni tra pari”.
E’ una vera emergenza che richiede chiarezza sui bisogni centrali del bambino e della sua famiglia e proattività nello spostarsi verso una relazione di aiuto che possa promuovere un reale cambiamento nella vita dei nuclei famigliari in povertà, che non si risolve con un assegno, ma rendendo effettiva la possibilità di generare cambiamento all’interno dei nuclei famigliari. Si tratta di un lavoro molto complicato che ha come fine ultimo l’empowerment delle persone e il miglioramento del benessere complessivo del nucleo famigliare.
 
Le condizioni di deprivazione hanno impatti biologici, sulla Salute intesa nell’accezione OMS, (ovvero oltre la presenza di patologie, ma come capacità degli individui di essere parte attiva nel gestirne le determinanti, che sono prevalentemente extrasanitarie) come acclarano le evidenze scientifiche crescenti che sottolineano il ruolo fondamentale dell’ambiente sociale. Lo ha sottolineato sabato 17 novembre a Torino al Congresso dell’Ordine dei Medici, il  prof. Francesco Bottaccioli, presidente della SIPNEI-Società italiana psico-neuro-endocrino-immunologia, realtà che promuove lo studio olistico dell’organismo. La crescita degli studi sulla neurobiologia delle emozioni mostrano come l’alta secrezione di ormoni portata dallo stress cronico porti a risposte inadatte del sistema immunitario a combattere virus e neoplasie, possa causare danni permanenti all’ippocampo (area cerebrale deputata alla memoria e lungo termine), invecchiamento cellulare e segni, con un imprinting, il comportamento dei geni. Danni nei primi mille giorni dal concepimento, i più rilevanti per la formazione dei collegamento neuronali, che si ripercuotono su tutta la vita.  Danni che dai genitori si trasmettono alle generazioni future. Gli effetti della deprivazione, sono un moltiplicatore delle diseguaglianze e dei costi sociali, anche per la Sanità. Cultura ed Educazione sono patrimoni da rigenerare affinchè divengano risorse.
 
Temi complessi che richiedono nuove competenze, fuori dai sylos e nuove alleanze. Mostra la via quella fortemente innovativa messa in campo dalle Fondazioni di origine bancaria, unite attraverso la loro associazione, l’Acri con il Governo che, con apposite agevolazioni fiscali previste nella Legge di stabilità per il 2016, con un Protocollo d’Intesa siglato per la gestione di un Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile destinato “al sostegno di interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori”. Il Fondo è stato alimentato dalle Fondazioni di origine bancaria, che usufruiscono di un credito d’imposta e ammonta  360  milioni di euro l’anno in tre anni.  La gestione del Fondo è stata conferita all’impresa sociale “Con i Bambini” (recentemente insignita della sesta edizione del premio Philanthropy day) per l’assegnazione  delle risorse sulla base di un indirizzo strategico definito da un Comitato nel quale sono pariteticamente rappresentate le Fob, il Governo, le organizzazioni del Terzo Settore, INAPP (l’istituto di analisi delle politiche pubbliche) ed EIEF (Istituto Einaudi per l’economia e la finanza). Ad oggi sono stati pubblicati tre bandi (prima infanzia 0-6, adolescenza 11-14, nuove generazioni 5-14 anni) e approvati rispettivamente 255 progetti.  Il quarto,  con uno stanziamento di 70 milioni di euro per il  Bando “Un passo avanti” che adotta una nuova linea di intervento pensata per il sostegno di progetti dal contenuto particolarmente innovativo che, coerentemente con l’obiettivo del Fondo, siano rivolti al contrasto della povertà educativa minorile. Le proposte dovranno arrivare entro il 14 dicembre 2018. Il Fondo è una delle più grandi e significative  sperimentazioni in tema di diseguaglianze per rendere operante una strategia complessiva nazionale, alimentata e ispirata dalle migliori esperienze territoriali, con effetti di lungo periodo, con un approccio che punti a risolvere la povertà aiutando la persona a progettare se stessa e concentrandosi sull’ambiente primario del bambino che domina la sua crescita. Perché il bambino impara dalle abitudini, dalle manifestazioni, dai comportamenti del luogo in cui vive. E, come chiarisce la Raccomandazione della Commissione Europea “Investire nell’infanzia: interrompere il circolo vizioso dello svantaggio sociale” del  2013,   le strategie che risultano più efficaci per combattere la povertà infantile sono alla base delle politiche volte a migliorare il benessere di tutti i minorenni e delle loro famiglie, scongiurando il rischio di indirizzare gli interventi pubblici contro la povertà esclusivamente su aiuti di tipo economico.
 
Temi al centro del Congresso Mondiale della Trasformazione Educativa, “Cura, Bellezza e Sogni”, tenutosi a Napoli a fine ottobre, rivolto a tutti coloro che formalmente o informalmente, si occupano di educazione. Dopo tre edizioni, svolte tra America ed Europa, in Italia è stato avviato uno spazio di riflessione condivisa  tra pratiche e metodologie efficaci e innovative, su ricerche, sull’interculturalità, partendo proprio dal disagio e dalle potenzialità: “ai margini della società e ai margini del pensiero”. Un mandato forte, quello del convegno, basato sulla consapevolezza che l’educazione è il luogo in cui si rinnova costantemente il contratto sociale e che pone l’Arte al centro, per la sua potenza di mobilitare risorse affettive e cognitive, risvegliando il desiderio di apprendere, di crescere, di partecipare.
Grande spazio per l’interpretazione di un ruolo sociale determinante per le istituzioni culturali, con un ruolo biologicamente attivo e propositivo in  Comunità educanti, sempre più plurali. Punta proprio sul ruolo  valoriale del patrimonio culturale per il ben-essere e la qualità della vita delle persone la Convenzione  quadro del Consiglio d’Europa, conosciuta come Convenzione di Faro. Finalmente il disegno di legge dovrebbe approdare in aula del Senato nella settimana che va dal 10 al 14 dicembre se la Commissione Esteri di Palazzo Madama ne concluderà l’esame in sede referente.
Come titola il Sole 24 Ore, nonostante “l’assenza di una guida politica capace, colta, disinteressata e intellettualmente onesta”,  l’impegno a portare il Paese alla deriva da parte di un “Governo incosciente”, immaturo, inconsapevole della propria responsabilità e un’opposizione nulla”, inconsistente nella propria azione di controllo, segnalazione e propositività, le forze buone al lavoro, come possiamo leggere anche in questo numero,  sono immense. A partire dal Sud, con Napoli e Palermo in testa, che nelle loro complessità si rivelano veri e propri laboratori di cittadinanza che possono ispirare le politiche. Teniamo presente lo statement dell’artista Eva Frapiccini, classe 1978, dell’opera che abbiamo scelto come copertina, presentata a Manifesta: “Il Pensiero che non diventa azione avvelena l’anima” è esito di una complessa ricerca che ha coinvolto il tessuto associazionistico urbano nel lavoro sulla memoria, ripartendo dalle vittime e dai protagonisti delle guerre di mafia. Facciamo “un passo avanti”.

Buona lettura.
 
 

Grazie per questo numero alla Redazione:
Benedetta Bodo di Albareto, Roberta Bolelli, Ivana Bosso, Claudio Calveri, Chiara Ciaccheri, Annalisa Cicerchia, Federico Castelli Gattinara, Cristina Casoli, Paolo Castelnovi, Stefano Consiglio, Marco D’Isanto, Jenny Dogliani, Daniele Jallà, Maria Elena Inchingolo, Alessandro Martini, Francesco Moneta, Ilaria M. Nizzo, Amerigo Nutolo, Francesca Panzarin, Giangavino Pazzolla, Elena Santagati, Rossella Sobrero, Yto Steyerl, Giorgia Turchetto, Francesca Vittori, Massimiliano Zane,
 
In ascolto di Ali Reza Arabnia, Marcello Bertocchini, Giampiero Bianconi, Maurizio Cilli, Alessandro Chiesi, Claudio Cominelli, Maria Luisa Cosso, Paola Eyard, Rachele Furfaro, Marco Galateri di Genola, Michela Giuggia, Alessandro Isaia, Bartolomeo Pietromarchi, Renato Quaglia, Giuseppe Sassatelli
 
E ai Partner:  Fondazione CRCuneo, Fondazione Marino Marini Firenze, Fondazione Fitzcarraldo, Italia non Profit,  De Rev
 
 
Save the date: non perdete Make Culture, Make Europe. Due progetti  europei  che operano nel campo della cooperazione culturale (Adeste+ e Be Spectative!), 34 organizzazioni internazionali, che hanno vinto lo scorso luglio il bando Creative Europe, invitano a  una sfida: rilanciare la partecipazione culturale in Europa per la democrazia.
Senza cultura non c’è cittadinanza, ma soprattutto non c’è Europa. Nessuna sfida democratica e sociale può essere vinta in assenza di un settore culturale che metta i cittadini in condizione di immaginare futuri possibili.
Mercoledì 5 dicembre, Torino, ore 16,30 Teatro Gobetti.