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Fondazione Sardi per l'Arte: un'idea di spazio immateriale al servizio dei mondi ideali dell'arte

  • Pubblicato il: 15/11/2017 - 10:03
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Giangavino Pazzola

Un catalogo ragionato dell’opera di Carol Rama. Il premio Sardi per l’Arte Back to the Future. Il sostegno agli artisti con il supporto alle singole ricerche e alle produzioni. La promozione e valorizzazione degli autori internazionali e torinesi. Il rapporto con le istituzioni e le realtà culturali del territorio. L’educazione all’arte e la formazione. Nata nel 2014 dalla volontà e dalla lunga esperienza sul campo di Pinuccia Sardi Cagnucci, la Fondazione Sardi per l’Arte si affaccia alla Torino Art Week 2017 con una proposta a trecentosessanta gradi, che parte del recupero storico delle avanguardie per arrivare alla ri-significazione di memoria, identità, testimonianze ed esperienza collettiva attraverso lo sguardo contemporaneo.
 
 
Torino–Era il novembre 2014 quando i giornali specialistici annunciavano la chiusura della storica Galleria Carlina di Torino, spazio espositivo nel quale era stato possibile conoscere ed ammirare le opere di artisti come Carol Rama, Carla Accardi, Alighiero Boetti, Ugo Nespolo, Aldo Mondino. Una notizia che non metteva una pietra su un momento di storia dell’arte torinese e italiana, ma ne raccontava la trasformazione: contemporaneamente alla chiusura della Carlina, infatti, veniva dato l’annuncio della nascita di Fondazione Sardi per l’Arte. Il tratto comune denominatore di queste esperienze è Pinuccia Sardi Cagnucci,e la sua volontà di dar vita a un laboratorio permanente per l’arte moderna e contemporanea, un luogo che non avesse funzioni prettamente espositive ma fosse spazio di pensiero e di idee. Se l’esperienza galleristica veniva accantonata, quella della Fondazione a venire aveva già degli obiettivi alti con «l’organizzazione di attività che spaziano da mostre a convegni, da seminari a conferenze; il finanziamento di progetti di ricerca; la pubblicazione di cataloghi e altri prodotti editoriali; l’istituzione di premi; l’acquisizione e la gestione di archivi di artisti moderni e contemporanei, con naturale conseguenza la redazione e la pubblicazione dei loro cataloghi generali»[1].
 
A tre anni di distanza la gestazione di quell’idea pare arrivata a pieno compimento, e quest’anno – in occasione della Torino Art Week – Fondazione Sardi offrirà al pubblico dell’arte contemporanea un ampio spettro di attività. È una visione chiaramente maturata nel tempo, per mezzo di due fattori: l’importante premio che la fondazione mette in palio durante Artissima – che da quattro edizioni premia il miglior progetto storico presentato in fiera; la promozione, circolazione e storicizzazione dell’opera di Carol Rama – della quale si è deciso di supportare anche il catalogo ragionato.
Elementi ai quali si aggiunge la progettualità coordinata dalla curatrice Lisa Parola, che si articola nella presentazione della prima produzione sostenuta dalla fondazione torinese – con l’opera Remains of what has not been said(2016) dell’artista turca Fatma Bucak – alla Biblioteca Graf - Facoltà di Lettere e Filosofia a Torino (opening 31 ottobre);la presenza all’interno della mostra Deposito d’Arte Italiana Presente, nell’ambito di Artissima, diTorino senza schemi(2017), un video-racconto ineditoad opera dall’artista Irene Pittatore; oltre alla collaborazione con diverse istituzioni e realtà culturali territoriali tra le quali Fondazione Merz e Quartz Studio – spazio indipendente ideato e diretto da Francesca Referza.
 
Ne abbiamo discusso con Pinuccia Sardi e Lisa Parola, anticipandoci e ripromettendoci un secondo incontro che possa mettere in luce aspetti che – necessariamente – questo primo approccio lascerà sottotraccia, conseguenza di un’azione ricca e varia.
 
La percezione che si ha della Fondazione, vedendola dall’esterno, è quella di un connettore tra tempi diversi. Il recupero storico, la ri-attualizzazione della memoria, la visionarietà a partire dalle radici, il tempo dal lavoro e quello della formazione, il globale e il locale. Riconoscete questa funzione nel vostro agire e quali altre “missioni” riconoscete nel fare quotidiano?
 
Proprio così, fin dalla sua nascita la Fondazione promuove la valorizzazione dell’arte moderna e contemporanea favorendo il recupero di documenti e archivi d’artista oltre alla produzione di opere d’arte e progetti curatoriali ed editoriali. Più che uno spazio è un luogo di lavoro che nasce dalla mia passione per l’arte e dalla necessità di concentrarmi su una dimensione più intima e protetta d’indagine. Mi accompagnano in questa impresa alcuni collaboratori; Angelo Bottero, già socio della Galleria Carlina e oggi vicepresidente della Fondazione, le storiche dell’arte Maria Cristina Mundici e Raffaella Roddolo – impegnate nella redazione del catalogo ragionato di Carol Rama finanziato dalla Fondazione in collaborazione con l’Archivio Carol Rama. Su singole produzioni collaboro con Lisa Parola che si dedica alla curatela e alla promozione del contemporaneo.
 
La volontà di avere uno spazio di dialogo, un luogo intimo, e non uno espositivo vi porterà a trovare delle soluzioni caso per caso, volta per volta. È un segnale della volontà di operare site specific e mostrare sempre produzioni inedite? Come è stato scelto il luogo per la mostra di Fatma Bucak e come i lavori si relazionano allo spazio?
 
L’attività in relazione alla produzione è iniziata solo da pochi mesi e dunque possiamo illustrare ciò che presenteremo quest’anno. La ricerca di Fatma Bucak comprende performance, fotografia, sound, video, dopo documentato molti e differenti contesti geografici, dall’Egitto al Messico, caratterizzati da stati di tensione con evidenti limitazioni dei diritti, recentemente si è anche concentrata sulla complessa dimensione politica della Turchia con una particolare attenzione alla censura e all’ambiguità che i media ufficiali stanno utilizzando in questi anni nel riportare fatti e vicende. Remains of what has not been said (2016) che presenteremo per la prima volta in Italia, a Torino, nei giorni di Artissima, è un’installazione composta da una serie fotografica ottenuta secondo un processo temporale che ha previsto la raccolta e la catalogazione quotidiana dei principali giornali turchi, in 84 giorni a partire dal 7 febbraio 2016. La data è emblematica per la storia contemporanea turca, il giorno delle uccisioni di Cizre nel sud-est della Turchia. Come fosse una sequenza cinematografica le mani dell’artista porgono al visitatore un vaso con dell’acqua sporca segnato da una data. 84 scatti che paiono prove di un processo. I giornali sono anche utilizzati nel video Scouring the press; immerse in un paesaggio anonimo e deserto, due donne e l’artista lavano i giornali raccolti, una pagina dopo l’altra. Sulle loro mani e nei catini rimane solo il grigio di quell’acqua. Un’opera rigorosa, essenziale nella quale l’artista non denuncia solo la rimozione di fatti ed eventi ma sottolinea anche uno stato di censura imperniato sulla mancanza di antagonismi o dissensi.
E’ stato dunque molto importante trovare uno spazio adeguato. Lo scorso anno, entrambi i lavori di Fatma Bucak erano già stati esposti in un contesto universitario: negli spazi espositivi della Brown University a Providence Rhode Island negli Stati Uniti. A Torino abbiamo scelto le sale della Biblioteca Arturo Graf della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università. Negli spazi riprogettati negli Anni Ottanta, la serie fotografica e il video aprono un ipotetico dialogo tra storia, scienze umane arte visiva e attualità. Le due opere sono infatti, circondate da importanti fondi librari di Otto e Novecento: dall’arte alla letteratura alla linguistica oltre al giornalismo e a importanti documenti di editoria europea.
 
Cosa vuol dire per voi, oggi, operare nel mondo delle arti contemporanee? Sostenere materialmente gli artisti vuol dire finanziarne il lavoro o avete altre ipotesi di sviluppo delle produzioni?
 
Da quando ho iniziato ad oggi, il mondo dell’arte è cambiato molto e più volte. Oggi c’è un grande movimento intorno all’arte contemporanea e non è di certo facile orientarsi. Credo però importante provare a seguire, allora come ora, l’arte attraverso le tante e differenti strade che ci suggerisce. Se da un lato presentiamo una produzione come quella di Fatma Bucak, dall’altro abbiamo commissionato a Irene Pittatore un’operazione altrettanto complessa: video racconto che ripercorre, senza le opere, solo la memoria della mia prima mostra alla Galleria Carlina, nel 1994 con un testo introduttivo di Marcello Levi. Un video prodotto appositamente per la mostra Deposito d’Arte Italiana Presente, a cura di Ilaria Bonacossa e Maria Vittoria Martini, nell’ambito di Artissima. Mentre stiamo già lavorando con Cristina Mundici a una pubblicazione di Marzia Migliora che raccoglie la ricerca dell’artista e che sarà presentata il prossimo anno. Con queste differenti modalità vogliamo dare la voce agli artisti e ai loro differenti modi di fare ricerca.   
 
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Ph: ritratto di Pinuccia Sardi, Irene Pittatore, Torino senza schemi, 2017
 
 

[1] QUI LE IDEE SONO PROMOSSE, intervista a Pinuccia Sardi, Il giornale dell’Arte, novembre 2014 http://ilgiornaledellarte.com/articoli/2014/11/121815.html