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Focus Montagna XXI secolo. “SAVE THE APPS “. Le Fondazioni Merloni e Vodafone Italia unite per il rilancio degli Appennini.

  • Pubblicato il: 15/09/2018 - 08:02
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Giorgia Turchetto
Best of the Apps”, “Hazelnut of Apennines” e i “Camminatori dello Spirito” sono i tre innovativi progetti nati dall’obiettivo comune di Fondazione Merloni e Fondazione Vodafone Italia per dare nuovo impulso all’economia dell’area appenninica utilizzando il digitale per ri-costruire i valori culturali e identitari dei territori, in specie quelli colpiti dal sisma. Un modo per riaccendere l’attenzione sulla necessità di interrompere il veloce scivolamento dell’Appennino verso le coste. Dalla rassegnazione alla voglia di rinascere, questi progetti si fondano su un vocabolario comune: coraggio, identità, cultura, resilienza, innovazione.

Sono tre gli innovativi progetti digitali nati dalla collaborazione tra la Fondazione Aristide Merloni e la Fondazione Vodafone Italia, dedicate agli Appennini, in particolare alle aree colpite dal sisma.

Con il payoff “Save the Apps”, si articolano in diversi ambiti: commercio, turismo e agricoltura.
Diversi sono i fattori che configurano questi progetti come innovativi sia dal punto di vista tecnologico sia da quello sociale. D’altro canto è ormai noto che non vi sia nessuna vera innovazione che non sia soprattutto sociale. E quel che colpisce, al di là degli alti standard qualitativi delle Apps, è proprio la strategia di marketing relazionale sottesa per permettere ai territori e agli attori di accrescere il valore della relazione con tanti diversi stakeholders aumentandone la loro fidelizzazione.
Il ricorso al digitale infatti consentirà la creazione, lo sviluppo, il mantenimento e l’ottimizzazione delle relazioni one-to-one tra questi territori, che rischiano l’isolamento, e nel contempo il coinvolgimento di target di fruitori ampi e nello stesso tempo precisi, cercando di creare un filo diretto, partecipativo ed esperienziale, anche a distanza, tra le comunità e ogni singolo consumatore.

Le Apps sono infatti l’esito di un lungo processo di ascolto attivo che è partito dal “basso”, o meglio dal “dentro” del tessuto territoriale.

La Fondazione Merloni ha infatti affidato al Censis, sotto la guida del prof. Giuseppe De Rita, un’analisi sociologica in field che, partendo dall’area vasta dell’Appennino centro-orientale, a cavallo delle Regioni di Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo, al cui centro c’è l’area del cratere del terremoto con i suoi 140 comuni colpiti, è partita dal concetto di tribù.
De Rita ha evidenziato come per immaginare un futuro dell’Appennino occorra puntare proprio sulle forze vitali del territorio, che non sono più rappresentate dalle comunità locali, ormai infiacchite dallo spopolamento e dall’invecchiamento, ma da gruppi geograficamente trasversali, accomunati da interessi ed esigenze comuni, quelle che il sociologo ha definito per l’appunto le “tribù”.
Tra i gruppi più vitali della montagna su cui puntare per ripartire sono emerse dieci categorie: gli allevatori, gli amministratori locali, le comunità scolastiche, gli agricoltori, gli immigrati, gli emigrati di ritorno, i pendolari, i possessori di seconde case, gli operatori di settori di nicchia, (turismo, prodotti tipici, etc.), i camminatori.
Dialogando con gli strumenti propri della partecipazione (tavoli, focus group, interviste, etc.) con ciascuna tribù è stato quindi possibile mettere a fuoco un progetto “di scopo” per catalizzare attorno ad esse voglia di rinascita e riscatto. Si è andato così costruendo un vero e proprio progetto di sviluppo basato sulla possibilità di affiancare alle tribù gruppi in grado di accompagnarli nella realizzazione.
È nato così per esempio il progetto della “Vacca Nutrice” per gli allevatori, per contrastare il fenomeno per cui solo negli ultimi quindici anni l’Italia ha perso il 20% della sua capacità di produrre vitelli a vantaggio della Francia. Oppure “Hazelnut of Apennines”, un progetto di ingegneria agraria con il ricorso ai droni per la coltivazione delle nocciole, che punti alla qualificazione, alla modernizzazione e  all’aggregazione dell’offerta, da sviluppare in collaborazione con Ferrero che acquisterà tutte le nocciole per produrre i propri prodotti. E ancora, il progetto foodrating.it che mira a mettere in competizione tra loro i produttori di prodotti tipici, puntando sul desiderio dei consumatori di cercare il “numero 1”, come avviene già nel settore del vino.
E in ultimo, i progetti dell’Home Sharing, in collaborazione con Hurry, che metterà a disposizione le sue piattaforme di sharing economy, e quelle più prettamente turistico-culturale per rendere fruibili i tanti eremi disseminati sugli Appennini, sono pensati per rispondere alla crescente domanda di sentieri ed itinerari che coniughino natura, cultura e spiritualità.

Denominatori comuni di questi progetti sono l’uso delle tecnologie, una stretta collaborazione con gruppi industriali solidi e soprattutto un lavoro costante di coinvolgimento attivo delle comunità (tribù) territoriali.
Aziende internazionali come Ariston e Amazon (che, ad esempio, ha messo a disposizione il proprio sistema di e-commerce per favorire la vendita dei prodotti locali) garantiranno il collegamento a filiere più ampie di quelle tradizionali dell’Appennino.

Per Aristide Merloni, Presidente dell’omonima Fondazione, da anni impegnata nel sostegno dello sviluppo culturale ed economico dell’Appennino, questi progetti sono sfidanti e tanto più lo diventeranno nel lungo periodo proprio perché attraverso la collaborazione con la Fondazione Vodafone Italia celebrano il legame tra tradizione e innovazione, parole non necessariamente antitetiche. Quando infatti s’innova, afferma Merloni “non si crea niente di nuovo, ma si continua, si mantiene e si rinnova una tradizione. L’innovazione cerca di migliorare il mondo e la società, illudendosi di raggiungere l’obiettivo senza un criterio saldo alla base; viceversa, la tradizione ha sempre e comunque una sorta di “debito” con il tempo passato, con quello che è stato.” Proprio questo legame con un tempo che non sarà più consente alla tradizione di avere dei criteri che ammettono il giudizio sul tempo presente.

Innovare per i territori e le comunità dell’Appennino è oggi imperativo per la loro stessa sopravvivenza, ma non avrebbe senso farlo se non nel rispetto totale, nella salvaguardia delle eccellenze e nella valorizzazione della cultura e del proprio genius loci. Questa visione ha trovato concorde anche Enrico Resmini, Presidente di Fondazione Vodafone Italia, che in questo processo di rinascita vede il digitale come quel vettore capace di imprimere un’accelerazione necessaria a ridurre lo scollamento delle aree colpite dal sisma rispetto al resto del Paese, favorendo al contempo lo sviluppo di nuovi modelli di business sostenibili nel tempo.

Per Resmini la tecnologia diventa promotrice di sviluppo e innovazione sociale a supporto del territorio solo a patto che non sia sinonimo di “istantaneità”. ma di pazienza, sperimentazione, formazione culturale, resilienza. In sostanza la tecnologia è un vero acceleratore capace di garantire nuove forme di sostenibilità, solo quando resta strumento e non contenuto, quando favorisce l’incontro tra i giovani e i territori, quando facilita la costruzione di reti tra comunità, imprese, associazioni del territorio, in un’ottica sempre più glocal, narrativa e relazionale.

Questo progetto meriterà nel tempo ulteriori riflessioni non solo per raccontare i risultati delle diverse piattaforme digitali e l’implementazione dei servizi previsti da ciascuna App, come ad esempio quella dei Cammini, che ad oggi prevede solo alcuni itinerari completi, ma soprattutto per condividere l’impatto sociale generato in termini di risposta da parte degli operatori dei territori (attualmente su foodrating.it sono 135 i produttori presenti contro i 432 previsti per la fine dell’anno) e la partecipazione delle imprese nazionali e internazionali.

“Save the Apps” è partito con tutte le carte in regola per essere annoverato tra quelle buone pratiche di innovazione sociale, al confine tra profit, non profit, pubblico, privato e società civile, trasversali e frutto di interessanti contaminazioni di valori e prospettive, in collaborazione tra molte altre realtà (imprese, università, associazioni del terzo settore, etc.) che trovano un allineamento di interessi per il raggiungimento di un obiettivo sociale comune: salvare l’Appennino.

Un’idea di comunità quindi dove a prevalere è una spiccata dimensione collettiva che non appartiene solo all’immaginazione e alla creatività del singolo attore, quanto alla capacità collettiva di partire da un’intuizione e di svilupparla sino a trasformarla in una pratica diffusa, generatrice di consenso, fiducia, futuro.

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