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Dietro le quinte di Culturability

  • Pubblicato il: 14/06/2016 - 16:42
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Francesca Vittori

La prima fase del bando Culturability si è conclusa il 31 maggio 2016 con la comunicazione dei 15 progetti finalisti. Tante le richieste di partecipazione e l'interesse nei confronti di una call che rappresenta un'opportunità di ripensamento per spazi, edifici ed ex siti industriali abbandonati. In crescita anche la qualità delle proposte. Ne parliamo con Roberta Franceschinelli, responsabile culturability Fondazione Unipolis
 
 
Anche per la terza edizione culturability continua ad affermare il proprio ruolo di catalizzatore di idee e progettualità innovative a livello nazionale. Nelle precedenti due edizioni la Fondazione Unipolis ha ricevuto ben 1820 proposte. Quest'anno la call aveva un focus più preciso e si è concentrata sugli spazi abbandonati: siete soddisfatti del numero e della qualità dei progetti arrivati?
Al bando hanno partecipato 522 progetti provenienti da tutta Italia. Un numero elevato visto il focus specifico di questa terza edizione di culturability, dedicata a individuare e supportare progetti culturali innovativi che, recuperando e dando nuova vita a spazi ed edifici abbandonati o con altre destinazioni d’uso, siano in grado di restituirli alle proprie comunità e di produrre un impatto sociale positivo. La quantità delle proposte evidenzia l’emergere di un trend interessante e l’esistenza di molteplici sperimentazioni che si stanno avviando su tutto il territorio nazionale. Venendo alla qualità, come sempre, è molto variabile, ancora fortemente connessa  a logiche geografiche. L’individuazione di un ambito specifico, con l’idea di lavorare sugli spazi, ha consentito quest’anno di ridurre in parte la quantità delle proposte (non sempre pertinenti) e di intercettare progetti mediamente più “maturi”.
 
 
 
Quali sono stati i criteri della selezione e quali gli aspetti che vi hanno colpito nei progetti selezionati?
La valutazione dei progetti è stata fatta sulla base dei sette criteri già indicati nella call, che saranno poi utilizzati anche per il secondo step di selezione sui 15 finalisti: valore e innovatività della proposta dal punto culturale; coesione e innovazione sociale; capacità di promuovere la collaborazione attivando reti e coinvolgendo cittadini/comunità di riferimento; sviluppo e creazione di lavoro; fattibilità e sostenibilità economica, con riferimento anche alla capacità di pensare modelli ibridi in cui la ricerca della sostenibilità e del profitto si combina con quella di produrre un impatto sociale e culturale dimostrabile; sviluppo e creazione di lavoro; valutazione del team proponente; rilevanza e qualità dello spazio oggetto dell’intervento.
 
 
 
Ci sono delle peculiarità o tratti ricorrenti che emergono dai progetti candidati (ovviamente oltre alla rigenerazione di un luogo)?
Sì, dalla lettura delle proposte sono emerse diverse ricorrenze, alcune delle quali già evidenti nelle precedenti due edizioni del bando (in totale parliamo di 2.342 progetti raccolti…). Per quanto riguarda il profilo dei partecipanti, l’età dei candidati si aggira sui trent’anni (da tenere presente che le nostre call richiedono una prevalenza di under 35), la maggior parte hanno percorsi di studio post universitari, sono sempre più i team interdisciplinari. Venendo ai contenuti delle proposte, la maggior parte spingono per una progettazione, produzione, distribuzione e fruizione della cultura innovativa rispetto a quella del passato (come fra l’altro richiesto dal bando). C’è molta contaminazione e vicinanza con il mondo dell’innovazione sociale, così come un’attenzione verso nuova forme di ruralità e agricoltura, con attenzione al tema della sostenibilità ambientale. Ibridazione è anche la parola chiave che caratterizza i sistemi di governance e i modelli di sostenibilità economica dei progetti (spesso la formula è “con gli incassi del bar ci pago le attività culturali”). Tende a ridursi la distinzione profit VS non profit, emerge una sensibilità verso l’innovazione di processo con alcuni tentativi di partnership pubblico-privato (molti degli spazi presentati sono di proprietà pubblica e vengono concessi a soggetti del terzo settore). Grande attenzione a co-progettazione ed engagement della cittadinanza, con processi però spesso poco dettagliati. Da questo punto di vista, interessante notare come si inizi ad affermare una nuova idea di publicness relativa a fini e uso dei beni, non degli attori coinvolti. La maggior parte dei progetti nascono dal basso, anche se non mancano alcuni esempi in cui il Comune è il soggetto promotore attorno a cui si è riunito il team. Rispetto agli scorsi anni, sono in aumento le partnership con le istituzioni culturali, una tendenza sulla quale varrebbe certamente la pena investire.
 
 
Ecco i 15 progetti: Cascina Marsiglia – una Rivolta AgriCulturale! (Rivolta d’Adda – Cremona), CasciNet: rigenerare terra, persone, territori (Milano), Caserma Archeologica + Art Sweet Art (San Sepolcro – Arezzo), CulturACT3: Acceleratore Culturale Territoriale (Reggio Calabria), DLF: cantieri interculturali per una città inclusiva (Pisa), expostModerno (Bari), Hostello delle idee (Terni), LAB+: Piazza Gasparotto Urban Living Lab (Padova), Mana Grika – Hub Culturale della Grecìa Salentina (Calimera – Lecce), MUFANT – MuseoLab del Fantastico e della Fantascienza di Torino (Torino), Piazza dei Colori, il giro del mondo in una piazza! (Bologna), Rinasce Pozzo Sella (Iglesias), Stazione Chiaravalle Project (Milano), Terzo Paesaggio (Roma), viadellafucina16 (Torino).
 
I team selezionati seguiranno workshop, avranno un’assistenza individuale e momenti di revisione critica dei progetti, che dovranno poi essere rinviati a Unipolis entro il 4 agosto. Nel mese di settembre, una Commissione di esperti selezionerà, tra questi, i 5 progetti che riceveranno 50 mila euro ciascuno e continueranno l’attività di mentoring. Complessivamente, 400 mila euro stanziati da Fondazione Unipolis, tra contributi economici per lo sviluppo dei progetti selezionati, attività di accompagnamento per l’empowerment dei team, rimborsi spese per partecipare alle attività di supporto.
Il percorso di mentoring, così come le altre fasi del bando, è sviluppato in collaborazione con Avanzi/Make a Cube³ e Fondazione Fitzcarraldo.
 
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