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Da che parte stai?

  • Pubblicato il: 26/10/2018 - 19:29
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CS
“Abitiamo in un tempo difficile. Il bisogno di legalità è fuori discussione. La giustizia internazionale viene spesso calpestata. Pur sapendo cosa accadde quando l’antisemitismo sfociò in tragedia, oggi il linguaggio dell’ostilità classista e razziale sta tornando a ruggire indisturbato. La coscienza dei problemi non può tradursi nel veleno che vediamo a fiumi riversarsi sui social contro chi vive ai margini. (…) Arriverà un giorno nel quale l’Italia proverà vergogna per le azioni che ha lasciato correre, per le parole che ha lasciato correre, ha lasciato pronunciare contro i più deboli della società, oggi particolarmente i migranti, uomini e donne umiliati con i loro bambini dalla propaganda di Stato, indicati come minaccia dagli italiani, come problema da isolare e respingere. Un clima sprezzante, segregante che entra nel linguaggio delle nuove generazioni contro il diverso.”. Nei giorni in cui celebrando il passato lo condanniamo, Alberto Riccadonna, direttore della Voce e il Tempo, con la lucidità che lo contraddistingue ci invita all’azione.

Ciascuno deve avere l’onestà di rispondere a un quesito, oggi, non domani, quando il vento sarà cambiato e partirà il gioco delle attenuanti, delle distinzioni e delle prese di distanza: da che parte sto? Ci vuole un fisico bestiale, cantava Luca Carboni nella mia e nella sua gioventù. E occorre oggi per reggere all’aggressione delle regressioni. Ma all’inevitabile crampo allo stomaco, nausea che coglie gran parte della popolazione all’ascolto di ogni telegiornale, all’improvvisazione imperante, ci sono risposte forti e concrete. “Forse il giorno in cui ci vergogneremo è lontano, forse è vicino perché tante persone stanno esprimendo sdegno per la brutta aria che si respira nel paese e stanno rispondendo con solidarietà concreta”. E’ così anche secondo noi.

Nell’esplorazione che connota la preparazione di ogni numero di questo giornale, incontriamo fiumi di competenze, energie costruttive, antidoto al malessere.
Innovazione culturale, che è innovazione sociale e non può esistere senza innovazione civica. Ritorniamo in questo numero a Favara (Ag), che ieri era solo punto nella cartina della Sicilia e oggi è diventato emblema della possibilità di rigenerazione dal degrado urbano e sociale attraverso la cultura. Con un progetto di vita, una coppia di visionari volitivi, Florinda Saieva e Andrea Bartoli, rispettivamente avvocato e notaio, hanno costruito un centro culturale diffuso, scuole di architettura che richiamano menti dal mondo e generano cittadinanza attiva. Favara, con il Farm Cultural Park, ci dimostra di poter essere una città cosmopolita, con un’ottima e diversificata offerta abitativa, accogliente e divertente, per giovani, creativi, tutto l’anno. La loro nuova sfida di sostenibilità e indipendenza è SPAB- Società per Azioni Buone, un nuovo modello di governance territoriale partecipata che propone ai cittadini di investire anche solo il 10 % del loro patrimonio (stimato per la loro città in 50milioni di euro), di capitali e immobili strategici per lo sviluppo da destinare a luoghi dell’educazione, della formazione e dell’inserimento lavorativo. Una società aperta, in cui ogni cittadino azionista possa diventare proprietario di una parte della propria città al lavoro per il futuro. Spazi da trasformare in luoghi, professionalità, economie. In questo numero raccontano il modello giuridico al quale tendono, esportabile ovunque: una spa impresa sociale, un’alternativa di investimento in tempi cupi, ma soprattutto di cittadinanza. Utopia?
Matteo Bagnasco, Responsabile dell’Area di Innovazione Culturale di Compagnia di S. Paolo di Torino, racconta di come intendono capitalizzare l’esperienza faro del Polo del ‘900, uno dei casi più sfidanti e riusciti del cambiamento in corso delle istituzioni culturali. Un luogo pulsante, che non c’era, nato dal convergere delle competenze e del patrimonio di 19 istituti di ricerca sociale, prima diffusi, verso nuovi processi di impatto civico. Un percorso che dà spazio ai temi dell’attualità per coinvolgere attivamente la popolazione, in primis i giovani sui temi dei diritti, della democrazia, del lavoro… Lo stanno facendo con la direzione di Alessandro Bollo. Da questa esperienza, per stimolare processi di sistema, nasce un nuovo bando, CiviCa. 650mila euro stanziati per costruire nuove risposte a bisogni civici: migliorare la convivenza, la coesione sociale e la qualità della cittadinanza, contrastare le discriminazioni, favorire la consapevolezza sui diritti individuali, civili e sociali, reagire alle disuguaglianze nella distribuzione delle opportunità che consentano alle persone di vivere in modo attivo e rispettoso di sé e degli altri. Troppo? Utopie? Il bando richiede un atteggiamento che pare desueto, “uno scatto di profondità (…) per nulla scontato, per capire i bisogni civici. Occorre tutta la serietà, professionalità e competenza (…)  e ci sono grandi conoscenze nei centri di ricerca che possono essere “applicate””. Innovazione che contribuisca a innescare cambiamenti, che partano dalla cittadinanza. Come accade a Milano grazie alla Fondazione Feltrinelli.

I fermenti quindi ci sono. Lo scorso venerdì veniva presentato il diciannovesimo Rapporto Giorgio Rota 2018 su Torino, che palesava segnali di fragilità anche per i settori cardine della città post industriale, come turismo e cultura. La Sindaca cittadina rispondeva con vittimismo, antitetico alla sua giovane età, additando come nemico numero uno sempre Milano, città con atteggiamento aggressivo muove scippi (sindrome latente di un territorio con la palma di Archimede che perde primati, dalla moda al cinema). Ma nel contempo, a esorcizzare il mesto profilo tratteggiato dal rapporto, dalla società civile prendeva corpo una maratona di pensiero degna di una capitale: il festival "Utopian Hours" organizzato da Torinostratosferica. Ingresso gratuito, budget di 100 mila euro di cui 40 mila dalla Compagnia di San Paolo e 60 mila da sponsor privati, neppure un centesimo dagli enti pubblici. Un progetto che nasce da chi ha scelto da che parte stare. Think tank, laboratorio collettivo di city imaging, ha raccolto menti creative, qualificate e indipendenti che si pongono una semplice domanda: come vorremmo che fosse la nostra città nel futuro? E azzardano risposte originali, coraggiose e contemporanee, alcune realizzabili, altre utopiche, senza vincoli e preconcetti, contribuendo a un racconto positivo e condiviso. Un progetto che è allo stesso tempo branding e rafforzamento di reti informali. Un contributo appassionato e collettivo alla riflessione sulla città, al suo sviluppo, all’avanguardia culturale. La politica non c'entra. Contano le idee. Creare connessioni tra le migliori energie in campo, in un tempo in cui le città sono i motori dello sviluppo e della competizione economica e culturale globale. E Torino, dalle Olimpiadi del 2006, sa bene che il modo in cui viene raccontata la città influisce in modo diretto sulla sua percezione generale. A "Utopian Hours" sono andate in scena riflessioni che si legano all’architettura, al design urbano (progetto, paesaggio, ambiente) e a tutte le componenti decisive per la qualità di vita urbana: cultura, creatività diffusa, impresa, mobilità, tecnologia, innovazione. Hanno parlato trenta relatori di valore e esperienza internazionale, arrivati da tutta Europa, dagli Usa e dal Canada: esperti, studiosi e visionari del cambiamento urbano, gente come lo scrittore Aaron Foley da un anno e mezzo primo Chief Storyteller ufficiale che dà voce a Detroit, o Martin Barry responsabile di progetti innovativi nel centro di Praga, o ancora Jeff Stein direttore di Arcosanti, la città utopica costruita in Arizona dall'architetto torinese Paolo Soleri, o Mikael Colville-Andersen, uno dei più reputati e innovativi esperti mondiali di mobilità urbana... Quanta energia e competenza. “Insomma, per un pubblico amministratore c'era tanto da imparare.” E come hanno rilevato attenti commentatori “in ascolto in sala si sono visti diversi assessori, alcuni consiglieri comunali, nonchè sindaci e altri rappresentanti di Comuni del Torinese. Un'attenzione ancora più confortante”.

U-topia? O forse dalla pronuncia inglese, possiamo disegnare, a 500 anni dalla pubblicazione di Tommaso Moro, una Eu-Topia, un luogo buono. Se fosse Europa? Alternative?

In questo numero molto di più
Nuove consapevolezze e ruoli per la filantropia che cresce anche dimensionalmente. Secondo la recente indagine Istat dati 2016, sono 7509 le fondazioni in Italia, in crescita del 16,4% rispetto al biennio precedente. Impiegano oltre 98mila persone (+10,3%). Rockfeller Brothers che ha partecipato al primo incontro delle fondazioni di famiglia organizzato in Italia da Assifero, ci parla di audacia nella sperimentazione per aumentare l’efficacia nella risposta alle grandi sfide sociali, in modo sostenibile e scalabile per creare valore. E da Brescia, dalla seconda conferenza delle Fondazioni di Comunità, leggiamo una nuova capacità e una volontà di cooperare a livello nazionale e internazionale e un nuovo posizionamento nelle governance territoriali delle comunità di riferimento. Molto più di infrastrutture del dono, ma “Orchestratori” che attivano capitale sociale e catalizzano innovazione. Il 22 e 23 novembre a Palermo (diventato the place to be), in collaborazione con Dafne Donors and Foundations Network in Europe, Assifero porta in Italia, The european corporate foundations exchange, del quale come partner vi restituiremo la visione.
Maura Viezzoli ci parla dell’Agenda 2030 come cornice di una “teoria del cambiamento”. Non è più pensabile proporre strategie di intervento sociale che non contribuiscano alla creazione di un modello di sviluppo sostenibile (…) all’interno del quale nessuno sia lasciato indietro.
Mentre vi scriviamo a Ravello Lab-colloqui internazionali, il laboratorio di politica culturale promosso da Federculture, dal quale nascono idee per il futuro, come l’idea della Capitale Italiana della Cultura. “Serve cultura per tenere insieme l’Europa” e oggi “occorre ratificare e applicare al più presto in Italia la Convenzione di Faro, farla conoscere. Consolida la nozione di patrimonio comune e la lega ai diritti umani”, come richiama in quella sede Gabriella Battaini Dragoni, vice segretario generale del Consiglio d’Europa.
A Bari e Matera si conclude il tour di ArtLab, il Forum itinerante condotto dalla Fondazione Fitzcarraldo. Amministratori pubblici capitanati da Anci, la filantropia, le istituzioni culturali discutono tra l’altro sulla valorizzazione dell’immenso patrimonio pubblico-e con questo il territorio- a finalità culturale e di innovazione sociale. Ci sono fatti e strumenti per costruire partneriati pubblico-privato, come leggiamo dal contributo di Franco Milella. Citando Aldo Patruno, direttore del dipartimento di Economia della Cultura della Regione Puglia, “E’ finito il tempo delle parole”.

Il resto ve lo lasciamo scoprire. Eu-topie?
 

 
 

In redazione: Vittoria Azzarita, Claudio Bocci, Benedetta Bodo di Albaretto, Roberta Bolelli, Ivana Bosso, Franco Broccardi, Claudio Calveri, Federico Castelli Gattinara, Chiara Ciaccheri, Annalisa Cicerchia, Anna Chiara Cimoli, Stefania Crobe, Alessandro Crociata, Luca De Biase, Antonio De Rossi, Luca Dal Pozzolo, Marco D’Isanto, Emanuela Gasca, Giuseppe Mancini, Francesco Mannino, Franco Milella, Valentina Montalto, Bertram Niessen, Ilaria Nizzo, Amerigo Nutolo, Francesca Panzarin, Irene Sanesi, Maria Elena Santagati, Catterina Seia, Alessia Tripaldi, Giorgia Turchetto, Maura Viezzoli, Massimiliano Zane, Alessia Zorloni
 
In ascolto di Matteo Bagnasco, Andrea Bartoli, Maria Vittoria Rimbotti Colonna, Stephen Heinz, Iacopo Mellio, Valerie Rockfeller, Florinda Saieva, Marco Scotini, Alberto Vanderbilt Cavalli
 
Grazie ai partner: LuBEC, Ravello Lab, ArtLab, Italia Non profit, Fondazione CRC, Fondazione Marino Marini- Firenze, Fitzcarraldo, Assifero.