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Alzheimer e Arteterapia

  • Pubblicato il: 16/12/2014 - 09:34
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Duccio Mannucci

Lo scorso 18 novembre, la Fondazione Palazzo Strozzi, con il sostegno della Regione Toscana e sotto il patrocinio del Comune di Firenze,  ha organizzato “A più voci”, secondo convegno internazionale dedicato a progetti museali per le persone con Alzheimer e a chi se ne prende cura.

L’iniziativa ha offerto agli operatori museali, ma anche ai medici, agli operatori specializzati, ai familiari delle persone con Alzheimer e a tutta la cittadinanza, la possibilità di conoscere i progetti della Fondazione Palazzo Strozzi e delle principali realtà museali italiane e straniere per condividere esperienze, successi, sfide e confrontare metodologie di approccio diverse, generando nuovi modi di coinvolgere le persone con demenza all’interno dei musei. Corre l’obbligo ricordare che la malattia di Alzheimer è la forma più diffusa al mondo di demenza associata all'invecchiamento. Attualmente, le persone affette da questa patologia a livello globale sono circa 36 milioni (500.000 in Italia) e il loro numero è inevitabilmente destinato a crescere a causa del progressivo allungamento della vita media e dell'aumento della quota di soggetti anziani. Secondo le stime ufficiali, nel 2050 i malati di Alzheimer nel mondo saranno circa 115 milioni. L’Alzheimer esordisce nella maggior parte dei casi dopo i 60 anni, con un'incidenza che raddoppia ogni cinque anni, arrivando a interessare circa una persona su tre dopo gli 80 anni. La probabilità di svilupparla è, in parte, legata alle caratteristiche genetiche individuali, ma soltanto nel 2-3% dei casi si riconoscono forme ereditarie. Avere un nonno o un genitore con demenza esordita in età avanzata non espone, quindi, a un maggior rischio di esserne colpiti a propria volta. La crescente incidenza di questa patologia nella popolazione generale in tutto il mondo è accompagnata da una crescita equivalente del suo enorme costo economico e sociale: allo Stato, secondo un’inchiesta della rivista scientifica “The Lancet”, il costo economico per la cura dei pazienti affetti da demenza a livello mondiale è di circa 600 miliardi di dollari all'anno, con un trend di crescita che lo porterà nel 2030 ad aumentare dell'85% (e con un carico crescente anche per i paesi in via di sviluppo), facendolo divenire uno degli oneri con maggior impatto economico per i sistemi sanitari nazionali e le comunità sociali dell'intero pianeta. Anche se al momento non esiste una cura efficace, sono state proposte diverse strategie terapeutiche per tentare di influenzare clinicamente il decorso della malattia. Per quanto rigurda le forme di trattamento non-farmacologico consistono prevalentemente in interventi comportamentali, di supporto psicosociale e di training cognitivo, e solitamente vanno a integrare il trattamento farmacologico. E` stato poi dimostrato che, soprattutto nelle fasi intermedie della malattia, una moderata attività fisica e motoria, e forme specifiche di “musicoterapia” e “arteterapia”, possono incidere sul benessere fisico e sulla regolarizzazione dei disturbi comportamentali, determinando anche un netto miglioramento del tono dell'umore. Tornando al convegno, premesso che tutti gli interventi e i workshop sono stati assai stimolanti e hanno incontrato un grande apprezzamento da parte del pubblico, ci sono state alcune testimonianze su cui vorrei porre l’attenzione. In particolare, Carrie McGee (Assistant Director, Community & Access Programs del MoMa di New York) ha presentato i risultati di Meet Me at MoMa, il programma da 12 milioni di dollari, nato in seno al museo newyorkese, che ha fatto da caposcuola in oltre 100 musei nel mondo per lo scambio di conoscenze e l’affinamento di metodologie formative; la Dott. ssa Sandra Oppikofer ha esposto i risultati di “Awakened Art Stories”, lo studio condotto dal Zentrum für Gerontologie dell’Università di Zurigo in collaborazione con l’Associazione Alzheimer del Cantone di Zurigo e diversi musei svizzeri, basato sul metodo TimeSlips (ideato da Ann Devis Basting, direttrice del Center on Age & Amp Community dell’Università del Wisconsin, che si caratterizza per l’utilizzo di speciali tecniche rieducative, finalizzate a stimolare in modo “alternativo” il meccanismo della memoria negli anziani affetti dal morbo di Alzheimer); Stefanie Metsemakers dello Stedelijk Museum di Amsterdam ha presentato “Unforgettable”, progetto modellato sul programma del MoMa di New York, che prevede visite interattive e laboratori museali; John Zeisel, ha fatto conoscere il programma della Fondazione I’m still  here di Boston, di cui è presidente e cofondatore, dimostrando come l’attività di percezione creativa con un coinvolgimento significativo dei partecipanti può ridurre i sintomi della demenza e contribuire a un positivo cambiamento nella percezione della malattia; l’intervento di Cristina Bucci e Chiara Lachi del Museo Marino Marini di Firenze, ha invece dato modo al pubblico di conoscere “L’arte tra le mani”,  programma nato nel 2012, che prevede incontri in cui vengono sperimentati percorsi multisensoriali, l’invenzione di poesi e storie, laboratori creativi e attività sull’arte contemporanea. Dalla loro relazione si è anche appreso che grazie al sostegno della Regione Toscana, nel novembre del 2013, il Museo Marini ha potuto organizzare un corso di formazione che ha portato alla nascita di 12 progetti in 12 diversi musei toscani, dando vita a quello che è stato definito il “Tuscany Approach”. Infine, Irene Balzani e Luca Carli Ballola della Fondazione Palazzo Strozzi hanno presentato il progetto “A più voci”, nato nel 2011 dalla collaborazione tra il Dipartimento Educativo della fondazione e AnnA (Associazione gestita da animatori geriatrici). Il progetto, come ci ha spiegato Devorah Block, Responsabile del Dipartimento Educazione della Fondazione Palazzo Strozzi «è una delle principali iniziative dedicate all’accessibilità promosse dalla fondazione fiorentina, ed ha coinvolto oltre 1.500 persone in Toscana. Per ogni mostra, compresa quella attualmente in corso “Picasso e la Modernità Spagnola”, vengono organizzati una serie di incontri per esprimersi attraverso l’arte facendo ricorso all’immaginazione e non alla memoria, tenendo viva nelle persone con demenza la capacità di utilizzare la parola e di conversare, assecondando le loro necessità di esprimere emozioni profonde, essere ascoltate e rispettate. L’opera d’arte è il punto di partenza per un’osservazione approfondita e per la creazione di un racconto collettivo che arricchisce la mostra di nuove voci. Il progetto prevede il coinvolgimento dei familiari e dei caregiver professionali in modo da elaborare nuove modalità di comunicazione attraverso l’arte».

 In riferimento al programma di arteterapia della Fondazione Palazzo Strozzi, occorre precisare che nel 2012 la fondazione ha ricevuto dalla multinazionale farmaceutica Eli Lilly una donazione di circa 25 mila euro che ha permesso lo sviluppo di un progetto pilota (il primo del genere in Toscana, che nel 2013 ha portato Palazzo Strozzi a vincere il Premio Cultura e Impresa), la realizzazione di una pubblicazione sull'esperienza e l'organizzione del primo convegno internazionale focalizzato sui progetti museali per le persone con Alzheimer e chi se ne prende cura. Nel 2014 grazie all’intervento della  Regione Toscana, che ha inserito il programma di Palazzo Strozzi all'interno di un ampio e lungimiramte progetto dedicato alla diffusione delle best practices museali, la fondazione ha potuto organizzare il convegno internazionale del 18 novembre. Devorah Block, ci ha poi anticipato, che in futuro, già a partire dal 2015 «l'impegno della fondazione sarà quello di mantenere vivo questo programma e in base ai soggetti che riuscirà a coinvogere (tra le ipotesi allo studio c’è anche un progetto da presentare alla Commissione Europea) realizzare pubblicazioni e video-documentari che raccontino le esperienze maturate e in cui sia dato ampio spazio alle testimonianze degli operatori specializzati, dei pazienti e delle loro famiglie».

 

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