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«Punti di vista»

  • Pubblicato il: 30/11/2012 - 20:56
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Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Redazione

Torino. Una giornata per riscoprire «l’altro diverso da noi», per sovvertire una volta per tutte resistenze e tabù nei confronti della disabilità e della diversità.
E’ la Giornata Mondiale della Disabilità che siterrà lunedì 3 dicembre, un’ iniziativa promossa annualmente dall’ONU per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di abbattere gli ostacoli sociali e materiali che minano la qualità della vita dei disabili.
Il tema/claim scelto quest’anno dall’ONU è «Rimuovere le barriere per creare una società inclusiva e accessibile per tutti», un dovere per salvaguardare i diritti della più grande minoranza del mondo: oltre un miliardo di persone, pari al 15% della popolazione mondiale.

A Torino una fitta serie di appuntamenti e incontri legato all’accessibilità della cultura avranno luogo nei musei della Fondazione Torino Musei: Gam, Palazzo Madama, Mao e Borgo Medievale.
Da anni impegnate nella realizzazione di un «museo per tutti» le istituzioni culturali torinesi daranno vita a visite guidate e workshop con l’utilizzo di materiale didattico in braille orientati ad aumentare la fruibilità e la partecipazione di tutti i tipi di pubblico. Il museo sempre più come luogo di conoscenza, incontro e inclusione.

La giornata sarà anche l’occasione per presentare ufficialmente al Teatro Carignano, ore 20.30, una realtà innovativa che sovverte totalmente la comunicazione della disabilità, trovando un punto di mediazione tra noi e l’altro, l’altro e noi. A un anno dalla sua costituzione Liborio Termine, Presidente dell’ I.R.C.D.D., ci racconta cosa è stato fatto e quali gli obiettivi della Fondazione Istituto di ricerca per la comunicazione della disabilità e del disagio.
Un incontro, con ospiti d’eccezione, tra disabilità e arte e un confronto su come vivere la diversità, come abbattere i tabù e come comunicare le differenze. Punti di vista diversi per scoprire l’altro e farci scoprire, valorizzando le differenze e abbattendo le barriere, fisiche ma soprattutto mentali.
L’alterità non è un limite, ma un patrimonio per la collettività.

Che cos’è l’avventura e quale il percorso?
La Fondazione Istituto di ricerca per la comunicazione della disabilità e del disagio/I.R.C.D.D. non vuole essere una struttura che lavora solo sui mass media, sulla comunicazione diretta.
Intendiamo la comunicazione come un sistema di interrelazioni personali dove i codici e i modelli di comunicazione sono diversi e quindi necessitano un punto di mediazione comune in quanto incidono sulla salute, sul lavoro.

Come nasce la Fondazione?
Nasce da una suggestione. Lessi un’intervista ad una rock star che alla domanda «che cos’è per lei tabù» rispose «la disabilità» . Da un’indagine svolta in Inghilterra sui bambini disabili risulta che il 40% di loro crede che crescendo morirà o diventerà sano. Perché non vede, né sui giornali né in tv, adulti con handicap.
Ho tenuto corsi di comunicazione sia in enti pubblici che privati e i medici mettevano in evidenza che, per legge, sono tenuti ad ospitare un certo numero di disabili nella convinzione che questi, inseriti nel mondo del lavoro, possano migliorare il loro stato. Normalmente accade il contrario, perché peggiora il proprio e anche quello dell’ambiente di lavoro. Questo perché mancano gli strumenti di una comunicazione interattiva. Manca un linguaggio comune e una metodologia di elaborazione.
Così è nata la volontà di mettere su una struttura di questo tipo: una fondazione di diritto privato, una struttura snella il cui consiglio di amministrazione e comitato scientifico sono composti in larghissima parte dalle università, che ne sono i fondatori.
Allo stato attuale, grazie anche all’apporto dell’università del mediterraneo, abbiamo aggregato 220 atenei di 45 Paesi. In un anno si è creato qualcosa di molto più grande di me. Con tre sedi, Torino, Roma, Enna e pensiamo sia maturo il tempo per presentarci.

Come viene garantita la sostenibilità di questo percorso?
E’ garantito dalle università. Noi abbiamo sede nell’ università di Torino, che ci ha fornito delle strutture, delle strumentazioni tecnologiche. Viene quindi capitalizzato l’apporto delle Università.
Poi cerchiamo con enti pubblici, fondazioni di reperire i fondi per la gestione delle ‘piccole cose’.
Un programma europeo per il 2013 sarà dedicato proprio a questi temi, molto attuali. Uno studio attesta come la popolazione europea affetta da disabilità e disagio sia del 15%

Qual è la linea strategica della fondazione?
Consiste nell’elaborazione di una metodologia di progetti che mirino a creare modelli e strutture  di comunicazione, anche con nuove tecnologie, e il Politecnico di Torino è particolarmente interessato a questo aspetto, da una parte per migliorare le condizioni di comunicabilità dell’intero tessuto sociale, dall’altra parte per far uscire dal cono d’ombra, da questo silenzio assoluto, una parte dell’umanità dell’Italia che si aggira tra il 12 e il 14% della popolazione. All’incirca 6-7 milioni di abitanti.
Portiamo avanti anche un progetto sulla terza età che, nell’ambito del disagio ha delle punte drammatiche verso cui scarsamente ci si sofferma.

I vostri progetti e le vostre ricerche servono anche per informare i policy maker e per avere un circuito di advocacy?
Certamente, e anche per avere un circuito di partenariati e collaborazioni che sono fondamentali. Un settore che è tutto da costruire e che ci auguriamo di farlo a partire dal prossimo 3 dicembre, durante la presentazione al Teatro Carignano.

Come sarà organizzata la serata del 3 dicembre?
La presentazione ufficiale sarà organizzata in due momenti, uno di «vetrina», l’altro di confronto e dibattito. Nella prima parte della serata il fotografo Franco Fontana presenterà le immagini del workshop svolto con i disabili a Palazzo Madama, con una decina di portatori di handicap. Ne sono emerse delle immagini estremamente poetiche. Un mondo angosciante, ognuno costituisce un mondo a sé, anche nell’organizzazione dello spazio.
Bernardo Bertolucci poi, che da qualche tempo è costretto su una sedia a rotelle, offrirà la sua personale visione della disabilità.
Lo stato della disabilità è uno stato in cui ci si trova, è un mondo che viene configurato all’interno di coordinate che esistono. Ma quale il dramma di chi si ritrova disabile?
Un tema tabù che non è mai stato trattato, di una delicatezza enorme. Il tema delle riprese del Maestro è quello del passaggio, della metamorfosi, dell’entrare in un mondo diverso, visto da altri punti di vista.
Pippo Del Bono farà una video performance, che di fatto è la voce di un dizionario. Si intitola infatti
«Diversità: sost., sing., fem.», in cui parla della diversità come di un ribaltamento: non loro hanno bisogno di noi ma noi abbiamo bisogno di loro, proprio per incrociare i temi della vita e della morte.
Infine, Salvatore Serlita presenterà un’antologia – il volume si intitola «Diversamente Eroi» - sulla disabilità e il disagio, dal ‘900 a oggi. La cosa sconvolgente è che i venti maggiori scrittori italiani, da Pirandello a oggi, nei loro scritti, hanno tutti affrontato il tema della disabilità.

Quattro personaggi eccezionali che anticiperanno la presentazione vera e propria della Fondazione e dei suoi progetti che si compone attraverso conversazioni tra il mondo delle Istituzioni e della cultura e rappresentanti del mondo della disabilità. Ci saranno Giancarlo Caselli, Gustavo Zagrebelsky, Cristina Caironi, Ernesto Ferrero e Amara Lakhous, Carlo Freccero e Alessandra Comazzi, Edgar Morin, filosofo e Presidente onorario della Fondazione.

Colloqui, confronti tra punti di vista diversi, qualche volta opposti, per capire che la società è una pluralità e la diversità è una parte di questa varietà dentro la quale ci troviamo.
La normalità è un’astrazione.

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