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Tiziano, una eurostar che esportava il Rinascimento

  • Pubblicato il: 15/02/2013 - 09:05
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Francesca Romana Morelli
Tiziano Vecellio

Roma. Con la mostra su Tiziano, dal 5 marzo al 16 giugno, le Scuderie del Quirinale, gestite dall'Azienda Speciale Palaexpo, ente strumentale di Roma Capitale, concludono la rilettura della cultura artistica veneziana al fine di delinearne meglio il ruolo centrale avuto nella civiltà rinascimentale, come dichiara il curatore Giovanni Carlo Federico Villa, docente presso l’Università degli Studi di Bergamo, che in precedenza ha firmato o contribuito a realizzare anche le mostre di Antonello da Messina, Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto e Tintoretto.
Quarantacinque opere, provenienti dalle maggiori istituzioni museali del mondo e da chiese veneziane, ricostruiscono la lunga e fertile stagione creativa tizianesca. Già nel Quattrocento la solidità politica ed economica di Venezia dà luogo a una scuola pittorica di livello altissimo, grazie a maestri come Giovanni, Jacopo e Gentile Bellini, Vittore Carpaccio, e all’apporto del soggiorno di Antonello da Messina. Tiziano (Pieve di Cadore 1490 ca - Venezia 1576) si forma con Giovanni Bellini e nel 1508 al Fondaco dei Tedeschi apprende da Giorgione la nuova «maniera» di costruire l’immagine direttamente con il colore. Di questa fase sono esposte, tra le altre opere, «Orfeo ed Euridice» (1508 ca) e «Madonna con Bambino» (1507 ca) entrambe prestate dall’Accademia Carrara di Bergamo, «Cristo portacroce» (1509 ca) dalla Scuola Grande di san Rocco di Venezia e il «Concerto» (1510-11) dalla Galleria Palatina di Palazzo Pitti di Firenze. Nel tempo Tiziano rinnova la struttura dell’immagine, dando una connotazione nuova alla radice del classicismo veneto, più carnale rispetto agli esiti fiorentini e romani. Trasforma così i generi della pala d’altare, della composizione storico-religiosa, dei soggetti mitologici e allegorici e del ritratto. Le sue complesse allegorie contribuiscono all’elaborazione di temi neoplatonici al centro delle riflessioni dei circoli intellettuali più avanzati in ambito veneto.  Presto iniziano le committenze dei dogi, degli Este, dei Della Rovere, fino alla corona imperiale (Carlo V e poi Filippo II). Tra le pale d’altare, figurano in mostra «Il battesimo di Cristo» (1511-12, Musei Capitolini, Roma), «Madonna in gloria con il Bambino, san Francesco, san Biagio e il donatore Luigi Gozzi» (1520) e il «Martirio di san Lorenzo» (1546-59, Chiesa dei Gesuiti, Venezia). Tra i ritratti, quelli raffiguranti Giulio Romano (1536-38, Museo Civico di Palazzo Te, Mantova), «Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino» (1536-38, Uffizi, Firenze), «Paolo III a capo scoperto» (1543, Capodimonte, Napoli), «Carlo V stante col suo cane» (1533, Prado, Madrid) e il «Doge Francesco Venier» (1554-56, Fundación Colección Thyssen-Bornemisza, Madrid). Infine, giungono in mostra «Allegoria del tempo governato dalla prudenza» (1550-65, The National Gallery, Londra) e lo «Scorticamento di Marsia» (1576 ca, Museo Nazionale, Kromeriz). Nel percorso espositivo sono inoltre documentati gli esiti delle indagini scientifiche realizzate su gran parte della produzione di Tiziano con lo scopo di definire i rapporti tra le opere autografe e quelle di bottega; le indagini sono state compiute dal Centro di Ateneo di Arti Visive dell’Università di Bergamo (nel cui laboratorio si trovano tutte le strumentazioni scientifiche necessarie come IR, XRF, SPF ecc), che dal 2011 è diretto dallo stesso Villa.
Nel catalogo il curatore è autore di un saggio introduttivo e delle schede delle opere risalenti alla fase formativa, della quale Villa, che la ritiene l’unica nella carriera tizianesca ancora oggetto di discussione tra gli studiosi, ha «rivisto» al cuni aspetti; la biografia è affidata alla scrittrice Elisabetta Rasy, che ha riletto i documenti storici; seguono poi interventi di Mauro Lucco, Peter Humfrey, Miguel Falomir, conservatore del Prado, e Roberto Contini (Silvana Editoriale).

Professor Villa, per il numero di mostre, pubblicazioni e convegni Tiziano sembra quasi rivaleggiare con Caravaggio. Sono recenti la monografia di Augusto Gentili e l’Epistolario curato da Lionello Puppi [cfr. Il Giornale dell'Arte n. 326, dic. ’12, p. 26 e n. 323, set. ’12, pp. 51 e 52]. Può spiegare le motivazioni di tale fenomeno mediatico?
A parte la ricerca di Puppi, molto utile, quella di Gentili è soprattutto un aggiornamento di un suo vecchio studio, Da Tiziano a Tiziano, e le mostre hanno trattato solo parzialmente l’opera tizianesca. Bisogna tenere presente che Tiziano è il primo artista ad affermarsi a livello europeo, ricercato da imperatori, sovrani e principi. Questa mostra cerca di evidenziarne l’estrema autonomia intellettuale in una Venezia che ospita Dürer, Leonardo e intellettuali come Erasmo da Rotterdam, che pubblica nella bottega di Aldo Manuzio (l’editoria veneziana è molto feconda).
Si tratta di argomenti che gli studi avevano messo a fuoco da tempo. Che cosa aggiunge di nuovo questa mostra alla conoscenza dell’artista?
Per l’Italia si tratterà di vedere unicamente un Tiziano di qualità altissima, per il pubblico straniero sarà diverso. L’anno scorso a Parigi, quando curai la mostra di Cima da Conegliano al Musée du Luxembourg, «Le Monde» commentava con stupore l’importanza della cultura veneta nel Rinascimento, pensando che questo fosse un fenomeno culturale legato alla scuola toscana. Personalmente mi interessa come Tiziano percepisce l’uomo in un’epoca di profondi sconvolgimenti.
La Venezia del Cinquecento sembra affascinarla...
Nel Cinquecento Venezia è un mondo denso e stratificato: ogni «rivoluzione» culturale da un intellettuale come Pietro Bembo, inventore di una cultura ermetica legata al mondo greco, filtra fino agli artigiani del vetro e dei tessuti. Per Einaudi sto scrivendo una sorta di manuale su questo argomento, che ho definito l’ «altro Rinascimento».
In mostra sembrerebbe poco documentata la produzione di soggetti mitologici fondamentale nella poetica tizianesca, come i cosiddetti Baccanali.
La scelta della mostra è quella di raccontare Tiziano con cinque o sei opere per decennio che ne rappresentino al livello più alto la qualità pittorica e innovativa. In tale ottica, i soli dipinti mitologici utili all’esposizione erano le due tele del duca di Sutherland, acquistate congiuntamente dalle National Gallery di Londra ed Edimburgo, «Diana e Atteone» e «Diana e Callisto»: due tele, per statuto d’acquisto, non prestabili.

da Il Giornale dell'Arte numero 328, febbraio 2013