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Stingel a tappeto

  • Pubblicato il: 07/04/2013 - 21:24
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Articolo a cura di: 
Lidia Panzeri
Una veduta dell'installazione

Venezia. Non è una semplice personale di Rudolf Stingel, quella che si è inaugurata ieri a Palazzo Grassi, sede della François Pinault Foundation (fino al 31 dicembre): è una reinterpretazione dell’architettura del palazzo, che ha precedenti in altri interventi dell’artista, ma mai in queste proporzioni che investono 5mila metri quadrati di superficie. Un ambiente che ha la magia colorata del suk, ma non il suo vitale e confuso chiasso, anzi, il rumore dei passi attutiti e il conseguente spontaneo abbassamento della voce, quasi a sussurro: un cambiamento radicale nella percezione acustica dell’ambiente, sottolinea Martin Bethenod, amministratore delegato di Palazzo Grassi. Può sconcertare, di certo non lascia indifferenti. Perché quest’operazione, audace, apre una serie di interrogativi.
A parte i riferimenti storici: l’Oriente; la Venezia del XV e XVI secolo, con i suoi scambi commerciali, ma anche, per ammissione di Elena Geuna, che ha assistito l’artista nell’allestimento, la Mitteleuropa, quella Vienna di primo Novecento dove Freud riceveva i suoi pazienti nel suo studiolo, coperto da tappeti.
L’interrogativo più integrante è costituito dall’intreccio con le opere di Stingel. Al primo piano i suoi quadri astratti, virati su un grigio luminoso, ricchi di arabeschi che richiamano i decori dei tappeti. Quadri di dimensioni diverse, a volte frammenti in un mare colorato, altri trittici di rilevante consistenza.
Al secondo piano riemerge la cultura altoatesina di Stingel: nei quadretti a olio in bianco e nero che riprendono la tradizione delle sculture lignee di santi nelle chiese locali, pressoché tutti di piccole dimensioni, spesso dettagli di una statua; quasi naufraghi di un tempo ormai consegnato al passato. Esemplare, a questo proposito, la rappresentazione della morte che cavalca un leone dalle fauci spalancate, opera del 2013, appartenente alla collezione Pinault. A cui appartengono anche i due ritratti esposti: quello di Franz West, grande amico di Stingel scomparso l’anno scorso, che ha condiviso con lui progetti artistici. Il suo è uno sguardo, forse venato da malinconia, puntato dritto sullo spettatore. Occupa il posto d’onore nel salone al primo piano.
Appartato nell’atrio, invece, l’autoritratto dell’artista, oscuro, dallo sguardo sfuggente sembra essere strappato da un qualche documento. Quasi a sottrarsi alla curiosità popolare.

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da Il Giornale delle Fondazioni, edizione online, 7 aprile 2013