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Plart, una Fondazione di plastica con la coscienza ecosostenibile

  • Pubblicato il: 02/01/2012 - 10:48
Rubrica: 
FONDAZIONI D'IMPRESA
Articolo a cura di: 
Anna Saba Didonato
Il presidente della Fondazione Maria Pia Incutti

Napoli. Difficile poter definire una realtà così composita che tende a sfuggire alle classificazioni, innovativa nel suo genere e dinamica nel suo evolversi, in soli quattro anni di vita. E’ l’esito di un’alchimia generata dalla passione per l’arte contemporanea, l’interesse per la produzione di artefatti in plastica, l’intuizione di chi comprende anzitempo l’importanza della storia della plastica quale predicato storico della società. Plart è un centro polivalente nato da un’idea di Maria Pia Incutti che per oltre trent’anni ha raccolto con curiosità e passione oggetti in materiale plastico dando vita a una collezione di quasi 2000 pezzi, dalle plastiche di fine Ottocento agli oggetti di design degli anni Settanta. E in cui sono presenti sia oggetti di design anonimo che opere di artisti e designers di fama come Piero Gilardi, Gaetano Pesce, Franco Mello, Felix Policastro, Marcello Cinque, Haim Stainbach, Guido Drocco, Tony Cragg, solo per citarne alcuni. Una collezione di pregio, unica nel suo genere, a cui è stata dedicata la mostra “In Plastica”, nel 1990, allestita negli spazi del Museo Pignatelli di Napoli. E’ stata esposta anche al Grand Palais di Parigi, in occasione dell’ottava mostra di design di S. Etienne, e a San Paolo del Brasile, sull’onda di un processo di internazionalizzazione ancora in corso, che vedrà Londra e il Design Museum come prossima tappa. Accanto alle attività legate alla collezione permanente di plastiche storiche - esposta a rotazione per questioni di spazio -, il Plart è impegnato nella ricerca scientifica e nell’innovazione tecnologica per lo studio e la messa a punto di tecniche di conservazione e restauro delle opere d’arte e di design in materiale plastico e sintetico. Attualmente collabora con la Triennale, il Politecnico di Milano, l’Accademia di Belle Arti di Napoli, L’Università del Salento, la Seconda Università degli Studi di Napoli. Svolge anche attività didattica, organizza corsi e seminari per promuovere la conoscenza della storia della plastica e del suo utilizzo nell’ambito dell’arte e del design. Infine la sezione multimediale, “Plastiche Alchemiche” - sottotitolata esaurientemente “Da un mare di petrolio a un campo di girasoli” -, che racconta il mondo della plastica promuovendo logiche di sostenibilità ambientale, con l’ausilio di postazioni interattive e ambientazioni tematiche.

Come nasce questa passione per la plastica che ha poi generato un’intera collezione?
Maria Pia Incutti: “E’ nata dalla mia fantasia, prima di tutto. A questo si aggiunga che sono una collezionista di arte d’avanguardia. Ho iniziato con la Pop Art in tempi lontanissimi, con un certo signore che si chiamava Lucio Amelio. Sono stata una dei pochi collezionisti che ha iniziato a comprare avanguardia. Questa, la spinta culturale. Ho poi intuito che certa plastica - normalmente poco o nulla considerata -, se raccolta, poteva diventare la storia della plastica, e quindi degli usi e costumi di un’intera società. Così mi è sembrato necessario che una materia così importante, che coi polimeri ha determinato uno sconvolgimento sociale nel mondo, non andasse perduta nelle discariche. E su questa idea ho lavorato trent’anni, credo”.

Perché creare una fondazione?
MPI: “A un certo punto mi sono chiesta che cosa ne avrei fatto di questa collezione. Avevo un forte interesse a socializzarla e così, dopo un po' di tempo e non poche traversie passate col pubblico, ho deciso di rimanere nel privato e creare una fondazione cui ho donato tutta la mia collezione, riconosciuta “museo di interesse regionale”. Nel 2010 è poi entrata a far parte della rete dei “Giacimenti del Design Italiano”, segnalata dalla Triennale e nominata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

In un periodo difficile come questo, com’è supportata economicamente?
MPI: “Non vivo certo di denaro pubblico, anche se qualche piccola collaborazione c’è stata. Io sono un’aziendalista, ho sempre lavorato nel mio gruppo industriale. E quattro o cinque anni fa, appoggiata proprio dall’AET, ho deciso di comprare questo spazio di circa 1000 metri quadrati e creare un centro polifunzionale, che non intendo neanche definire strettamente museale, avendo un'idea di museo molto interattiva”.

In occasione della VII Giornata del Contemporaneo, Plart è stato affiancato dalla Galleria Lia Rumma, in una mostra allestita negli spazi napoletani della fondazione. Una collaborazione che non sembra destinata a rimanere isolata.
MPI: Nasce proprio qui, due mesi fa, il progetto con Lia Rumma, una delle galleriste più importanti a livello internazionale, oltre ad essere mia sorella. Noi esponevamo Botanica di FormaFantasma, Lia Rumma era presente con opere di Michele Guido e Alfredo Jaar. Speriamo adesso di poter combinare un progetto unitario su Milano, proprio accanto alla galleria di Lia Rumma dove, come gruppo industriale AET, stiamo costruendo un edificio a più piani e, come Plart, ci siamo riservati una parte molto interessante dove poter distaccare una sezione della Fondazione. Un progetto che è nato l’anno scorso, quando Lia ha inaugurato la sua galleria a Milano. Il progetto edilizio è stato approvato; il punto è il progetto culturale.

Quali saranno le attività su cui si concentrerà la programmazione milanese?
MPI: “Su Milano si sposterà la parte più attiva della Fondazione. Accanto alle attività di ricerca e innovazione tecnologica legate al restauro, saranno promosse residenze per giovani designer internazionali, come già è stato fatto ultimamente, qui a Napoli, con Elio Caccavale e tre studenti del suo corso dell’Università di Dundee. E comunque cerchiamo sempre aggregazioni, perché si tratta di progetti impegnativi.

Come conciliare un museo della plastica con un futuro ecologico e sostenibile?
MPI: “Accanto alla parte storica della collezione Incutti, dalla quale certamente non si può prescindere, perché questa storia nasce da lì, siamo orientati al futuro, un futuro etico naturalmente, perché noi, pur avendo una collezione di plastiche di varie tipologie, parliamo sempre dell'etica della plastica e lavoriamo con artisti internazionali attenti al tema dell’ecosostenibilità”.

L’iniziativa in corso presso gli spazi di via Martucci (fino al 14 gennaio), a Napoli, ne è un esempio. Organizzata in collaborazione con il “collettivo transdisciplinare” 137A e lo Spazio Rossana Orlandi, la mostra intitolata “Senza fine: dodici tavoli per una sedia” suggerisce un ribaltamento di rapporti e relazioni alla luce della “poetica senza fine” - com’è stata definita da Luciano Romano, curatore della mostra – della sedia “Endless”. Progettata dal designer olandese Dirk Vander Koji, fa parte dell’omonima serie di elementi di arredo realizzati interamente in plastica riciclata, grazie all’impiego di un robot dismesso, recuperato in una fabbrica cinese e dotato di un nuovo software, specifico per il tipo di produzione. E a proposito di ecosostenibilità, non si può non citare Botanica, il progetto di Andrea Trimarchi e Simone Farresin dello Studio FormaFantasma, commissionato da Plart ed esposto a Milano in occasione dell’ultima edizione del Salone del Mobile. Ai due designer è stato chiesto di immaginare un loro personale omaggio al mondo delle plastiche, ed è così che hanno scelto di riscoprire le plastiche naturali del periodo pre-petrolio, conducendo una ricerca incentrata sulla possibilità di utilizzare polimeri naturali estratti da elementi vegetali. “Una scelta in cui è presente una forte componente politica provocatoria”, come sottolinea Marco Petroni, curatore del progetto. Importanti i riscontri da parte della critica, uno per tutti: Paola Antonelli, Senior Curator del dipartimento Design e Architettura del Moma, ha disposto che un pezzo della collezione Botanica venga acquisito dall’importante museo newyorkese. Il progetto di FormaFantasma fonde etica, estetica e ricerca e riporta l’attenzione sulle materie e le forme naturali, in sintonia con lo spirito di Plart. Tra i prossimi impegni della Fondazione, c’è la partecipazione al Salone del Mobile, con un nuovo progetto da realizzare in collaborazione con il Royal College of Art di Londra e la galleria Lia Rumma; oltre all’ampliamento della sezione multimediale con la progettazione di tavoli interattivi. Una mole di impegni niente male per una fondazione che “brilla di luce propria, e dove per luce si intende denaro” – per usare le parole di Maria Pia Incutti.

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