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Obiettivo: controinformazione

  • Pubblicato il: 15/12/2018 - 07:55
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Articolo a cura di: 
Monica Poggi, da Il Giornale dell'Arte numero 392, dicembre 2018

L’Italia dagli anni Cinquanta a oggi vista dai fotografi: la cronaca è un’arte. Al museo M9 della Fondazione di Venezia


Mestre (Ve). Le danze e i giochi dei seminaristi sulla neve, ritratti da Mario Giacomelli; la vita dietro le quinte dei film di Fellini, immortalata da Tazio Secchiaroli; gli sguardi dei travestiti genovesi, fissati dall’obiettivo di Lisetta Carmi; i vuoti e le attese della nebbiosa pianura padana, rappresentati da Luigi Ghirri; le tonalità vivaci di colline soleggiate, fotografate da Franco Fontana; le feste religiose del Sud, documentate da Ferdinando Scianna; le fabbriche milanesi dalle architetture geometriche, riprese da Gabriele Basilico.

Sono alcune fra le più note serie fotografiche del nostro Paese nel Novecento. A queste e altre celebri fotografie, entrate nell’immaginario collettivo, il Museo M9 dedica una mostra dal 22 dicembre al 16 giugno. Intitolata «L’Italia dei fotografi. 24 storie d’autore», prodotta da Casa dei Tre Oci - Civita Tre Venezie e curata da Denis Curti, raccoglie 230 immagini di 24 fotografi italiani, che con modalità e finalità differenti hanno documentato i maggiori cambiamenti del secolo scorso: ogni progetto è una storia nella Storia. Suddiviso per aree tematiche (ricerca sociale, città, paesaggio, sperimentazione, cinema, nuovi orizzonti), il percorso illustra alcune delle tappe più significative delle vicende italiane e dell’approccio alla fotografia.

In linea con le coeve ricerche internazionali, dagli anni Cinquanta in poi anche i fotografi italiani non sono più semplici testimoni di eventi, ma soggetti attivi nei contesti in cui operano. Dalle indagini sulla miseria nell’immediato dopoguerra realizzate dai neorealisti, l’impegno sociale è una costante in molte delle serie esposte. La fotografia è uno strumento di cambiamento e di controinformazione, come avviene con la denuncia sulle condizioni degli internati nei manicomi, realizzata alla fine degli anni Sessanta da Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati, o nei reportage di Letizia Battaglia sulla Palermo mafiosa, le cui stragi riempivano i giornali.

Più riflessive, invece, le ricognizioni degli autori della «Scuola di paesaggio italiana», realizzate negli anni Ottanta osservando il territorio e le sue implicazioni economiche, sociali e culturali. La mostra dà spazio anche a ricerche più recenti, come quelle di autori  come  Francesco Jodice, Massimo Vitali e Maurizio Galimberti, che rinnovano questi approcci con uno sguardo contemporaneo.

Ph: Nino Migliori, Il tuffatore (da Il Giornale dell'Arte)

 

da Il Giornale dell'Arte numero 392, dicembre 2018