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Nuove frontiere per il fundraising

  • Pubblicato il: 10/01/2014 - 15:04
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Articolo a cura di: 
Andrea Silvestri

Il finanziamento di iniziative in campo sociale, culturale, formativo costituisce in questi anni una sfida sempre più impegnativa per le organizzazioni del Terzo Settore.
Come è noto, infatti, si assiste ad una progressiva riduzione delle risorse pubbliche disponibili, e allo stesso tempo a vincoli stringenti nell’utilizzo di quelle a disposizione, a causa dell’esigenza di un complessivo contenimento del debito pubblico a tutti i livelli.
Anche le risorse private destinate a scopi di utilità sociale, come quelle provenienti dalle Fondazioni di origine bancaria, hanno subito contrazioni, seppure molto diverse tra un territorio e l’altro, ed al contempo sono contese da un numero crescente di organizzazioni.
Difficili da intercettare anche le donazioni di «responsabilità sociale» da parte delle imprese, in molti casi concentrate a far fronte alla congiuntura economica sfavorevole, ed in genere non coinvolte con le modalità opportune nella destinazione e nella gestione delle risorse economiche offerte.

Ma, come spesso accade, un quadro problematico è l’occasione per creare innovazione, spingendo verso l’identificazione di canali e forme di finanziamento nuovi. Si possono individuare due strategie emergenti: la raccolta di contributi a fondo perduto con modalità nuove e la ricerca di investimenti a sostegno delle iniziative da realizzare.

Riguardo a quest’ultima, vale la pena di fare solo un cenno al vasto tema degli investimenti con ricaduta sociale e alle opportunità che gli investitori locali (imprese, istituzioni, ma anche individui) potrebbero offrire ad iniziative in campo sociale che siano in grado di sostenersi e di fornire un minimo ritorno. Nei Paesi anglosassoni una legislazione apposita consente la creazione di imprese con impatto sociale, vincolate ad un tetto massimo nella distribuzione degli utili ai soci, che sono in grado di attrarre capitali da quegli investitori disponibili a rinunciare ad una parte della redditività, a fronte di un’utilità per la propria comunità locale. In Italia la legislazione è un po’ più rigida, le imprese sociali hanno il divieto della distribuzione degli utili ai soci, tuttavia soggetti come le cooperative sociali hanno gli strumenti per poter fornire un certo ritorno ai soci finanziatori e stimolare una forma di investimento più diffusa di quanto oggi avvenga, anche da parte dei cittadini e delle imprese.

La maggiore creatività si registra oggi nelle modalità innovative di raccolta di contributi a fondo perduto. Si parla di crowd funding, per identificare le iniziative benefiche che vengono lanciate sul web con lo scopo di raggiungere una somma obiettivo attraverso migliaia di piccoli contributi dei cittadini; di “investimenti di prossimità”, in cui la raccolta delle donazioni riguarda una causa sempre più vicina ai cittadini donatori, che divengono in tal modo allo stesso tempo fruitori. In alcuni casi le iniziative sociali vengono finanziate anche coinvolgendo imprese e banche del territorio, attraverso l’emissione di social bond, che garantiscono risorse per uno scopo sociale a fronte delle sottoscrizioni obbligazionarie collegate. Anche le fondazioni di comunità nascono con lo scopo di avvicinare le donazioni dei cittadini alla loro destinazione sociale.
Il denominatore comune degli strumenti che si stanno diffondendo è rappresentato dal forte coinvolgimento della realtà locale, maggiormente stimolata alla donazione a fronte di un maggior controllo della destinazione dei fondi e di una maggior possibilità di fruire dei benefici dell’iniziativa.

Tuttavia, al di là dell’efficacia in termini di risorse raccolte, queste iniziative portano con sé un altro risultato fondamentale: aiutano i cittadini a riscoprire la cultura del dono e lo spirito di solidarietà, elementi necessari per ricostruire un tessuto di relazioni e di iniziative in comunità e fasce sociali provate dalla crisi economica.
La riscoperta della cultura del dono ha implicazioni notevoli: aiuta l’uomo di oggi a vivere la sua dimensione di essere sociale, diverso da quell’homo oeconomicus che gli economisti classici immaginavano esclusivamente concentrato a perseguire il proprio vantaggio personale, e, in definitiva, contribuisce alla ricerca di senso delle proprie azioni e della propria vita, importante sfida per l’uomo contemporaneo.
Ma la pratica del dono è anche un’azione lungimirante, con la quale i cittadini che possono permetterselo contribuiscono a mantenere una società coesa, aperta, in sviluppo. D’altra parte, senza la riscoperta dell’aiuto di prossimità, della mutua solidarietà, rischiamo di subire inermi, ad ogni taglio di budget, una restrizione dei servizi sociali che abbiamo conosciuto, in una spirale preoccupante.

Le Fondazioni possono svolgere un ruolo significativo in questo processo, di promozione, di incentivo, di accompagnamento: occorre, da parte delle organizzazioni attive sul territorio, uno sforzo aggiuntivo di creatività e di fantasia, e la creazione di progetti o di organizzazioni in grado di rappresentare una destinazione attrattiva per le donazioni private. Esempi in tal senso non mancano: basti pensare al recente progetto GrandArte, un’iniziativa originale, capace di raccogliere, attorno ad una importante finalità sociale, l’impegno del gran numero di artisti coinvolti, delle istituzione e infine dei cittadini che vorranno contribuire in varia misura al progetto, in un concorso di solidarietà che lascerà tracce positive nella comunità locale e aprirà la strada ad altri progetti condivisi.

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da Risorse, Rivista della fondazione cassa di RispaRmio di Cuneo, dicembre 2013