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Nel forte si apre il forziere

  • Pubblicato il: 09/12/2011 - 09:17
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Johann Kräftner
«Mazzo di fiori in un vaso» di Cornelis Kick

Dal 9 dicembre al 31 maggio 2012, il Forte di Bard, l’imponente piazzaforte della prima metà del XIX secolo situata all’imbocco della Valle d’Aosta, ospita la mostra «I tesori del principe. Rubens, Brueghel, Rembrandt, Cranach, Hayez, Canaletto...», che riunisce ottanta opere (75 oli, 3 sculture, un cabinet di pietre dure e un arazzo) selezionate dalla collezione del principe del Liechtenstein, Hans Adam II, conservata nei suoi palazzi a Vaduz e in parte accessibile al pubblico nel Palais Liechtenstein di Vienna.

Il testo che segue, tratto dal catalogo (Edizioni Forte di Bard), è di Johann Kräftner, che con Gabriele Accornero ha curato la mostra.

Al Forte di Bard, le Collezioni del principe del Liechtenstein presentano per la prima volta in Italia una ricca selezione del loro patrimonio artistico. Questa collezione, che è anche l’ultima delle collezioni private della nobiltà austriaca ancora esistenti, è la prova tangibile dell’attività collezionistica del Casato che è stata avviata poco dopo il 1600 con grande impegno e intensità e che, a parte alcune brevissime interruzioni, continua tutt’oggi. L’attenzione era da sempre rivolta all’arte neerlandese, che abbraccia quella settentrionale con l’arte olandese e quella meridionale con la pittura fiamminga, e all’arte italiana che è magnificamente rappresentata con stupendi capolavori che si estendono dal primo periodo della pittura italiana su tavola fino al Classicismo della fine del Settecento, e all’Epoca Biedermeier della prima metà dell’Ottocento. Un primo momento culminante dell’attività collezionistica risale al principe Johann-Adam Andreas I von Liechtenstein, il quale verso il 1700 riuscì ad acquisire soprattutto le grandi opere della pittura fiamminga, fra cui figurano Peter Paul Rubens e Van Dyck. Come già il nonno, principe Karl I, e il padre, principe Karl Eusebius I, anche lui nutriva un grande amore per la scultura. Questo «debole» della famiglia traspare nelle opere di Adriaen de Vries, Giambologna, François Duquesnois e Massimiliano Soldani-Benzi, ed è comunque strettamente connesso all’arredamento dei palazzi edificati in pieno periodo barocco. Nel 1705, il Palais viennese era pressoché terminato, al punto che un piano fu adibito per la prima volta a museo, per accogliere le opere della collezione e presentarle a una cerchia ristretta di visitatori scelti. Alla sua morte nel 1712, pare che il principe Johann-Adam Andreas possedesse una cinquantina di quadri del solo Peter Paul Rubens, senza contare tutti gli altri. Contemporaneamente si cominciò ad acquisire anche opere d’arte dell’Europa centrale, soprattutto dipinti tedeschi e austriaci, dallo stile Gotico fino all’800 che, insieme alla singolare collezione Biedermeier, costituisce un punto di forza della collezione. Sin dal 1807 la famiglia cominciò a immaginare un museo proprio, un’idea che prese forma diventando realtà con l’inaugurazione, nel 1810, del primo museo a pagamento nel Palazzo estivo del casato. Fino al 1938 il museo restò un centro predominante nel campo dell’arte, distinguendosi per la sua politica espositiva che accomunava tutti i generi artistici. Infatti, nella seconda metà dell’Ottocento, Wilhelm von Bode rinnovò la disposizione di quadri, mobili e sculture riunendoli in un allestimento assai denso. Dopo l’annessione dell’Austria alla Germania nel 1938 (l’accesso al museo doveva essere vietato ai concittadini ebrei) la famiglia fece chiudere il museo. A seguito di una vasta azione di espropriazione di proprietà in Cecoslovacchia nel 1945-48 e alle ingenti perdite patrimoniali, fu solo nel 2004 che la famiglia riuscì a riaprire le porte del museo, dopo necessari lavori di restauro e di risanamento. Nel frattempo, il principe reggente Hans-Adam II von und zu Liechtenstein diede rinnovato slancio all’attività collezionistica e infatti una buona parte delle opere esposte oggi nel museo e che ora sono visibili al Forte di Bard, fanno parte delle acquisizioni realizzate sotto la sua reggenza durante l’ultimo trentennio. Delle oltre 700 opere acquisite, mi limiterò a citare soltanto il Badminton Cabinet, un capolavoro dell’arte ebanistica fiorentina del Settecento e «Gli esattori delle tasse» di Quentin Massys.
L’esposizione al Forte di Bard si sforza di dare un’immagine concisa di questa lunga storia dalle prime opere di Lucas Cranach, attraverso i maestri fiamminghi, Rubens e Van Dyck, quelli olandesi fra cui Rembrandt e Frans Hals, fino all’Ottocento. Degna conclusione di questa mostra particolarmente interessante per il pubblico italiano, è «Il consiglio alla vendetta» di Francesco Hayez, che rivestiva una grandissima importanza per lo sviluppo e la riforma dell’Accademia e dunque per la pittura Biedermeier a Vienna.

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da Il Giornale dell'Arte numero 315, dicembre 2011