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La Vita Nova delle Ceramiche Vaccari

  • Pubblicato il: 08/03/2014 - 19:05
Autore/i: 
Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Alessandro Bollo

L’ex fabbrica di ceramiche Vaccari è una presenza assenza dell’entroterra ligure spezzino che vale la pena raccontare. È un complesso industriale dormiente dalle dimensioni esagerate e impressionanti per l’occhio contemporaneo sempre meno abituato ai luoghi e alle forme produttive della grande stagione della manifattura industriale del secolo scorso, ma è anche un pezzo di storia della produzione ceramica italiana che è rimasto inspiegabilmente ignoto ai più.
Nel percorso aziendale e produttivo della fabbrica Vaccari sono iscritte traiettorie industriali, sociali e anche umane che hanno accomunato più di un’esperienza dell’industrializzazione italiana. Abbiamo gli slanci visionari, la perseveranza a innovare e le felici intuizioni nella prima parte del Novecento, la crescita, il consolidamento e la possibilità tangibile di generare ricchezza e benessere negli anni del boom economico, per arrivare alle tensioni sociali, al confronto di fine millennio con la globalizzazione e alla resa dei conti che impietosamente ha messo in luce la fatica e spesso l’impotenza nel leggere la complessità e le insidie di mercati, logiche produttive e attori lontani.
Negli anni Trenta la fabbrica coinvolgeva artisti futuristi del calibro di Prampolini e Filia commissionando opere di decorazione murale a mosaico per interventi di architettura pubblica realizzati con i prodotti ceramici dell’azienda. A proposito di arte e impresa. Venti anni più tardi, nel periodo di massima espansione, negli stabilimenti di Santo Stefano di Magra lavoravano più di duemila persone alla produzione delle piastrelle di gres ceramico, il prodotto per cui l’azienda era famosa ed esportava in tutto il mondo. Non a caso Carlo Vaccari amava ripetere «ovunque io nel mondo camminerò, camminerò sempre sulla mia terra».
Quello che rimane adesso sono circa 180.000 mila metri quadri tra superficie coperta e scoperta di archeologia industriale incredibilmente nascosti tra l’abbraccio di un entroterra precollinare qui ancora dolce, le propaggini portuali di La Spezia e le Cinque Terre a portata di sguardo se lo si punta verso nord-ovest. Rimane anche il patrimonio intangibile della Vaccari: le storie, le tecnologie, i prodotti, le vicende commerciali, che si possono fortunatamente studiare e restituire alla collettiva grazie al lavoro di recupero e di salvataggio dell’archivio storico a opera del Comune di Santo Stefano[1].
In realtà quello che rimane adesso è molto di più. E’ l’inizio di una storia nuova che vale la pena raccontare.
Si tratta di un progetto di rimessa in moto e di riqualificazione dell’ex spazio industriale attraverso la cultura e la creatività basato su un’alleanza inusuale tra pubblico e privato in cui i ruoli e le parti sembrano invertiti. Il comune, grazie alla visione e alla perseveranza del suo sindaco Juri Mazzanti, ha acquistato e ottenuto in comodato gratuito una parte del complesso dalla proprietà privata italiana. Una biblioteca ad alta digitalizzazione, l’archivio storico, l’Urban Center e uno spazio per residenze creative e artistiche rappresentano il primo lotto di lavori a iniziativa comunale, ma soprattutto è in fase di avvio il progetto NOVA – Nuovo Opificio Vaccari. Si tratta di processo di rivitalizzazione che mira a traguardare non solo la nascita di un polo produttivo e ricreativo a matrice culturale, ma la riprogrammazione urbana di tutta l’area. Più di 8.000 mila metri quadri saranno affidati gratuitamente per otto anni attraverso bandi pubblici a soggetti culturali e creativi capaci di portare proposte insediative congruenti con lo spazio, in grado di creare coinvolgimento territoriale e soprattutto di dimostrare la loro sostenibilità da un punto di vista gestionale ed economico. Si tratta di una sfida che è appena iniziata, ma che può rappresentare un banco di prova interessante a livello nazionale perché in Italia sono moltissimi gli spazi industriali abbandonati su cui l’amministrazione e i privati (siano essi proprietari o gestori) saranno chiamati a sperimentare nuovi approcci di rivitalizzazione e nuove regole di ingaggio in alternativa a logiche e costi di demolizioni spesso insostenibili. Una recente indagine ha, infatti, misurato che poco meno del 3% di tutta la superficie costruita nelle aree urbane è costituita da aree industriali dismesse.
Il tema della rigenerazione degli industriale a matrice culturale ha ormai una storia più che ventennale (tra tutte la rigenerazione di Glasgow a metà degli anni ‘90 e il recentissimo processo di recupero del waterfront di Marsiglia con la Capitale Europea della Cultura del 2013), ma mai come ora occorre affrontare i nodi della sostenibilità, della tenuta nel medio e lungo termine, valutando apertamente successi e insuccessi di una stagione caratterizzata da grandi entusiasmi e da “mitologie” che spesso si sono rilevate incapaci di dare risposte efficaci ai molti stakeholder coinvolti. Di questo si parlerà in occasione di Nova Cantieri Creativi. Spazi mutanti | Spazi mutati, due giornate evento curate da Fondazione Fitzcattaldo sulla rigenerazione creativa in Europa e in Italia, il 14 e 15 marzo dentro gli spazi suggestivi della Vaccari ovviamente.

[1] Recentemente è stato pubblicato un volume “Ceramica Ligure Vaccari. Storia, archivio, produzione”, di Alice Cutullè che racconta la storia della fabbrica.