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La filantropia è innovazione: tendenze globali che cambiano il mondo organizzato

  • Pubblicato il: 15/06/2015 - 23:08
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Ugo Bacchella

Questo il tema del convegno promosso a Milano il 18 maggio da ASSIFERO, l’associazione nazionale che riunisce oltre 100 Fondazioni filantropiche italiane, che ha dato il via a una settimana di incontri di rappresentanti di Fondazioni convenuti in Italia per l’annuale Assemblea Generale dell’European Foundation Centre
 
 
 
 
 
A inquadrare il dibattito sul futuro delle Fondazioni in una prospettiva globale, Brad Smith, presidente del Foundation Center, già direttore programmi nella Fondazione Ford, e Rien Van Gent, una vita trascorsa in posizioni di responsabilità nel mondo della filantropia internazionale e attualmente Presidente dell’Associazione delle Fondazioni olandesi.
Smith ha illustrato la dimensione dell’universo delle Fondazioni in USA e in Europa, sottolineando la sviluppo tumultuoso del fenomeno (il 40% della metà delle fondazioni filantropiche a livello globale è stato costituito negli ultimi quindici anni) e il loro crescente protagonismo, ma anche alcune significative debolezze che caratterizzano il loro operato, tra le quali la carenza nella pubblicizzazione di dati e informazioni sulle attività (solo il 7% delle Fondazioni USA ha un website).
Van Gent ha delineato le principali tendenze nella filantropia a livello globale, esemplificandole con esperienze di Fondazioni erogative in contesti diversi. Tra le più significative: l’orientamento a investire maggiori attenzioni e risorse in campagne e azioni di advocacy e sensibilizzazione su determinati temi rispetto a interventi specifici negli stessi ambiti; la crescita di interesse e di partecipazione rispetto ai grandi questioni dell’agenda globale; lo sviluppo di partnership operative tra Fondazioni attive in ambiti differenti (istruzione, sociale, culturale); la crescente diffusione di strumenti quali il prestito a lungo termine, la partecipazione azionaria, la messa a disposizione di garanzie, in alternativa all’erogazione o all’investimento; la maggiore attenzione ad esplicitare la loro identità, così come il valore aggiunto prodotto nei territori o nelle aree di intervento.
Van Gent ha chiuso l’intervento segnalando la necessità di affrontare una questione poco dibattuta , ma essenziale nel futuro delle fondazioni: come devono reagire le fondazioni alla diminuzione dei rendimenti finanziari che appare destinato a caratterizzare un periodo medio lungo? Rinunciare alla «longevità», smobilizzando costantemente il patrimonio per mantenere l’attività erogativa o abdicare all’indipendenza, trasformandosi in un Fondo dedicato ad una causa specifica all’interno di una Fondazione più ampia, condividendo con altri soggetti le strutture base di funzionamento?
 
Nella tavola rotonda successiva l’ex presidente ISTAT e ministro del lavoro Giovannini ha richiamato le Fondazioni, in tempi di disinvestimento generalizzato da parte del Pubblico a tutti i livelli e di crescita esponenziale degli investimenti privati nelle aree di business più redditizie, a dare priorità a programmi e interventi orientati ad individuare e a ridurre la drammatica crescita di divari di reddito e di opportunità, non solo tra Paesi ricchi e poveri ma a livello italiano tra Nord e Sud. La raccolta sistematica di dati e informazioni e la loro interpretazione è determinante per cogliere i segnali deboli, e tra questi i bisogni in primis.
Se le Fondazioni avvertono la responsabilità di attore sociale, devono investire prioritariamente sull’innovazione sociale, facendosi carico di una attenta analisi dei bisogni per orientare gli investimenti e di di una altrettanto accurata misurazione degli impatti degli interventi.
Una assunzione di responsabilità delle Fondazioni rispetto all’innovazione sociale potrebbe far leva sull’intelligenza collettiva e qualificare la filantropia italiana come «attore di resilienza sistemica», superando il carattere periferico della resilienza italiana alla crisi e contribuendo così a costruire pensiero sul futuro.
Decisamente controcorrente, anche considerando le posizioni ricoperte, Rosa Gallego, segretario generale dell’Associazione spagnola delle Fondazioni, e presidente di DAFNE, la rete delle associazioni nazionali, che ha messo in guardia con fermezza sul pericolo rappresentato a suo avviso dalle misurazioni di impatto, incapaci di restituire il valore sociale degli interventi.

Gli argomentati interventi finali di Van Gent e Gerry Salole, Chief Executive dell’European Foundation Centre hanno messo al centro la questione della legittimazione dell’operato delle Fondazioni erogative, cruciale negli anni a venire per ottenere un pieno riconoscimento della loro rilevanza da parte dei governi nazionali e dell’Unione europea. A comprovare quanta strada vada ancora percorsa in questa direzione Salole ha ricordato la confitta registrata con la bocciatura dell’accordo sull’approvazione dello Statuto Unico delle Fondazioni Europee, lo strumento che avrebbe potuto permettere alle fondazioni di operare in tutti i paesi dell’Unione Europea, superando le barriere giuridiche nazionali.
L’esiguità delle risorse complessivamente messe in campo dalle Fondazioni rispetto ai budget pubblici impone inoltre come priorità assoluta, sempre secondo Salole , la ricerca di efficacia degli interventi da perseguire non solo migliorando le capacità operative delle singole fondazioni, ma lavorando in modalità cooperative a programmi e progetti comuni tra soggetti privati e sviluppando coalizioni «tematiche» tra fondazioni e pubbliche autorità.
Van Gent ha sostenuto con determinazione la necessità imperativa e non più rinviabile delle Fondazioni di “spiegare con chiarezza come le loro azioni generino cambiamento”. Occorre andare oltre la messa a disposizione di dati generali e di racconti delle singole esperienze, analizzando e sistematizzando le esperienze e investendo in comunicazione con informazioni chiare e argomenti semplici. Una recente esperienza della fondazione olandese Bernard Van Leer indica che questa modalità può fare la differenza nella percezione dell’opinione pubblica e influenzare le autorità pubbliche, anche spostando risorse dal sostegno diretto ad una causa a un budget finalizzato a una campagna di advocacy sullo stesso tema.
Con le parole di Flaviano Zandonai, efficace animatore del convegno, «narrazione e rendicontazione delle azioni devono procedere di pari passo per ricostruire la legittimazione», in una nuova modalità di trasparenza. L’individuazione di buone pratiche e di metodi di intervento può in parallelo orientare la realizzazione di progetti pilota che indichino innovazioni di sistema.
Tutti inviti raccolti da Scalvini e Mancini di Assifero che candidano l’organizzazione ad un ruolo più incisivo nello scenario nazionale, ponendo al centro della sua attività una serie di azioni di ricerca e di comunicazione degli interventi e dei risultati delle fondazioni socie.
 
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Ugo Bacchella è Presidente della Fondazione Fitzcarraldo