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La Capitale Europea della Cultura, non solo cultura

  • Pubblicato il: 27/06/2014 - 17:40
Autore/i: 
Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Cecilia Conti

Sempre di più il titolo di Capitale Europea della Cultura (ECoC – European Capital of Culture) rappresenta per una città l’occasione per costruire un percorso di rinnovamento e di sviluppo di lungo periodo, in cui la cultura diviene un concetto ampio e trasversale. Il titolo permette di accelerare processi amministrativi fermi o rallentati, di sperimentare alleanze tra pubblico e privato, di attivare nuovi percorsi di concertazione e di condividere un’identità comune. Rappresenta un laboratorio di esperienza, e offre nuove opportunità alla comunità artistica, per la formazione di competenze e professionalità specifiche, all’industria turistica, alle istituzioni coinvolte e ai cittadini, che possono godere di nuovi stimoli e opportunità culturali e partecipare a innovativi programmi di volontariato.
La prima sfida è, dunque, saper aggregare più soggetti possibili attorno al progetto e rendere tutti consapevoli e convinti che attraverso il titolo di Capitale Europea della Cultura ci si gioca la possibilità di dare nuovi stimoli all’economia (e non solo quella turistica), alla cultura, alla società in ogni sua componente, alla dotazione infrastrutturale e al processo di riqualificazione e valorizzazione del patrimonio artistico e architettonico locale.

Evolve, così, all’interno del programma di ogni città insignita, il ruolo della cultura, che entra a pieno titolo all’interno delle politiche urbane, per attivare processi di rigenerazione economica e sociale, per stimolare la produzione creativa e la partecipazione, raggiungendo nuovi pubblici, per promuovere l’integrazione, la valorizzazione dell’identità all’interno di una dimensione europea, per migliorare la capacità di governance, non solo nel settore culturale.
Come sottolinea Franco Bianchini nell’intervista proposta all’interno di questo speciale, e Beatriz Garcia, Head of Research all’Institute of Cultural Capital, Glasgow è stata la prima a lanciare l’idea di «utilizzare» il titolo non solo per celebrare città già riconosciute come centri culturali, ma per aiutarne altre a sviluppare la propria scena culturale e a costruire il proprio progetto di rigenerazione a partire dalla cultura.
Con gli stessi obiettivi hanno affrontato l’anno europeo della cultura le città di Linz, impegnata ad unire l’identità legata all’industria e alla tecnologia con quella culturale, e Liverpool.
Per Liverpool il riconoscimento di Capitale Europea della Cultura, vinto nel 2008, ha rappresentato non un titolo, ma una «scholarship», con un investimento distribuito su 6 anni, dal 2003 al 2008, di 130 milioni di sterline (di cui 75 dall’amministrazione locale di Liverpool e 14 da aziende private). Essa ha riposizionato la propria immagine, anche a livello mediatico, per farne una meta turistica nazionale e internazionale, ha aumentato la partecipazione della comunità alla vita culturale, attraverso «The Creative Communities programme», realizzato tra il 2004 e il 2008, con un impegno di 11 milioni di £. Con un impatto economico derivante dall’anno europeo della cultura pari a 753.800.000 £ e il 20% delle entrate complessive provenienti da sponsorship e ricavi propri, tutti i risultati raggiunti da Liverpool 2008 sono stati oggetto di analisi all’interno di un piano di monitoraggio e valutazione elaborato dall’Università della città.
Anche Lussemburgo, l’unica ad aver goduto del titolo per due volte, nel 1995, come «Città Europea della Cultura», e nel 2009, ha sviluppato un piano di monitoraggio e valutazione, che ha il merito di aver raccolto dati longitudinali, dal 2004 fino a dopo l’anno europeo.
I risultati del programma ECoC devono essere giudicati, anche e soprattutto, a partire da cosa sopravvive all’anno della cultura. Per il 2004 Lille ha sviluppato, primo caso nella storia del programma ECoC, una partnership transnazionale tra 193 comuni del Nord-Pas de Calais e Belgio. Ha, così, creato un programma diffuso sul territorio, anche grazie alla creazione di 12 Maisons Folie, nuovi poli culturali sparsi sul territorio, al coinvolgimento di 17.800 ambasciatori per la creazione di un sistema di comunicazione capillare, e a «Commerçant Lille 2004», rivolto ai commercianti della città.
Nel 2010 è capitale della cultura Essen per la Ruhr. Per un territorio così ampio il budget di 81 milioni di euro era parso «modesto» in rapporto alle dimensioni dell’area, alla popolazione coinvolta e al programma, ma l’impatto generato è stato positivo, sia per le opere di riconversione del patrimonio industriale a fini culturali, sia per la partecipazione di partner privati e di oltre 1.000 volontari, coinvolti attraverso un innovativo e diffuso programma di volontariato.
Una delle misure del successo della manifestazione è la capacità di attivare collaborazioni a tutti i livelli ed entrare a far parte di  network. In particolare, per quanto riguarda il programma culturale, l’ECoC rappresenta un’opportunità per internazionalizzare l’offerta, aumentarne la qualità, anche grazie alla competitività tra gli operatori. Stavanger2008, al contrario di altre ECoC, in particolare città post-industriali come Lille, Glasgow e Liverpool, ha prediletto a progetti infrastrutturali e di rigenerazione urbana un programma culturale mirante a mettere in contatto artisti del territorio con le più potenti forze creative a livello internazionale. Con lo stesso obiettivo, si è sviluppato il programma di Cork 2005, risultato di «public calls», che hanno raccolto oltre 2.000 proposte a livello locale, nazionale e internazionale per celebrare il potenziale creativo dell’intera Europa e metterlo a contatto con l'identità della città. E con 600 workshop creativi «community-based», a cui hanno partecipato 30.000 tra bambini, giovani, immigrati e anziani, Cork ha trovato la strada per il coinvolgimento della comunità.
Con un ampio utilizzo di co-produzioni con 80 istituti di cultura stranieri provenienti da 31 paesi Maribor, per ovviare alla mancanza di risorse, ha fatto leva su competenze, expertise e risorse di partner culturali esterni.
A Graz, durante il 2003, è cresciuta la consapevolezza dell'importanza della creatività nello sviluppo economico e sociale della città e nel 2007, in linea con lo spirito dell'anno europeo, è nata CIS - Creative Industries Styria GMBH.
Le industrie creative hanno rappresentato uno dei settori strategici di Turku 2011, che ha trasformato una ex fabbrica di treni in hub permanente a queste dedicato, e lo stesso ha fatto Guimarães. La città portoghese ha creato, con un investimento di 15 milioni di euro, la Piattaforma per le Arti e la Creatività, ricavata nell’area di un ex mercato, con al suo interno un business incubator centre.
Quasi tutte le città, che negli ultimi dieci anni hanno goduto del titolo di ECoC, si sono impegnate nell’attrazione e nell’utilizzo di risorse, anche grazie ai Fondi Strutturali Europei,  per lo sviluppo di progetti di rigenerazione urbana e nuove infrastrutture culturali, come nei casi di Pécs (140 milioni di €, di cui il 75% da fondi strutturali), Sibiu con 137 milioni, Genova con 200 milioni utilizzati per lo sviluppo di 40 progetti, Cork, con 196 milioni impiegati in interventi a favore di infrastrutture pubbliche, «community facilities» e spazi legati alla cultura e al turismo.

Il programma ECoC è sì un grande evento culturale lungo un anno, ma si dimostra essere sempre di più. L’interesse crescente da parte dei paesi di volta in volta chiamati a candidare le proprie città li impegna in una lunga maratona, la cui sfida è mostrare all’Europa la propria identità e al tempo stesso il proprio ruolo all’interno della mappa culturale e creativa europea.

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