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L’Oriente: da Shozo Shimamoto ora si passa ad Antonio Fontanesi e Francesco Hayez e agli altri esponenti dell’Orientalismo nel secondo Ottocento

  • Pubblicato il: 20/01/2012 - 09:22
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Stefano Luppi
Antonio Fontanesi

Reggio E. Un appuntamento costruito intorno a una gloria artistica locale, poi universalmente nota, come il pittore Antonio Fontanesi e il maggior artista romantico italiano, Francesco Hayez.
Sono questi i protagonisti della prossima mostra della Fondazione Palazzo Magnani. «Incanti di terre lontane. Hayez, Fontanesi e la pittura italiana tra Otto e Novecento» in programma nella sede di corso Garibaldi dal 4 febbraio al 29 aprile per la cura di Emanuela Angiuli e Anna Villari (catalogo Silvana editoriale). L’ente artistico, già emanazione amministrativa della Provincia sotto la direzione di Sandro Parmiggiani, è da circa un anno fondazione aperta a soci e capitali privati, presieduta da Avde Iris Giglioli, già sindaco del piccolo comune reggiano Montecchio Emilia, laureata in Lettere e insegnante di professione.
L’appuntamento pare legarsi, seppur indirettamente, con la rassegna chiusa lo scorso 8 gennaio e dedicata al maestro del Gutai Shozo Shimamoto: il percorso infatti evidenzia come Antonio Fontanesi ebbe numerosi contatti con il Giappone tanto da trasferirsi a Tokyo dal 1876 al 1878 dove diresse la neonata Accademia di Belle arti.
Ma il tema sottostante la rassegna è l’orientalismo e l’esotismo, diffusi anche in Italia, e in tutta Europa, nel corso dell’Ottocento. All'inizio fu l'Oriente vicino e la seduzione degli hammam e degli harem, le avventure narrate nei deserti popolati di beduini e cammelli o i meravigliosi colori delle terre del Magreb. Questo per quanto riguarda il Vicino Oriente, ma numerosi artisti si occuparono anche del lontano Oriente, andandovi fisicamente come appunto nel caso del reggiano Fontanesi. I due protagonisti innanzitutto, Hayez e Fontanesi. L'Oriente del primo è appunto quello vicino, mediterraneo, dove non si recò mai, ma lo evocò in numerosi quadri. Intorno ai due, i molti altri che lungo gran parte dell'Ottocento hanno descritto queste terre lontane. In tutto i lavori scelte dai curatori sono un centinaio con alcune delle maggiori opere di Hayez: «L'Odalisca» della Pinacoteca di Brera di Milano, la «Ruth» delle Collezioni Comunali d’arte di Bologna e «Un'odalisca alla finestra di un Harem» di nota collezione privata. Vediamo lungo il percorso quali sono gli altri artisti convocati in mostra per il secondo Ottocento italiano. Alberto Pasini, Roberto Guastalla, il cosiddetto «Pellegrino del sole», entrambi di Parma percorsero l’oriente portandosi dietro, oltre a tavolozza, cavalletto e pennelli, anche uno strumento nuovo, la macchina fotografica. Da Firenze partì alla volta dell'Egitto Stefano Ussi che subito dopo l'apertura del Canale di Suez, lavorò per il Pascià prima di trasferirsi in Marocco. Al fascino della scoperta che si fa suggestiva visione di mondi così lontani dall’Europa soggiacquero anche il modenese Eugenio Zampighi, oltre a Pompeo Mariani, Augusto Valli, Giulio Viotti, Achille Glisenti, Giuseppe Molteni, a conferma della trasversalità e del dilagare in tutta la penisola di un'affascinante attrazione. Dall'Orientalismo non sfuggì neppure il Mezzogiorno d'Italia. Ne fu testimonianza, a Napoli, Domenico Morelli che, senza mai aver messo piede nei territori d'oltremare, descrisse magistralmente in numerosi quadri velate odalische, figure di arabi, mistiche atmosfere di preghiere a Maometto. Visioni esotiche soffuse di raffinato erotismo si ritrovano anche negli olii scenografici di Fabio Fabbi, del siciliano Ettore Cercone e del pugliese Francesco Netti. E poi il percorso presenza la sezione dedicata ad Antonio Fontanesi. Egli, tra il 1876 e il 1878, venne chiamato, insieme al altri artisti italiani, ad insegnare alla neo-fondata Accademia di Belle Arti di Tokyo, dove realizzò tre dipinti (tutti esposti) e disegni che per la prima volta vengono mostrati in un rassegna. Questa affinità elettiva tra Fontanesi e l'Oriente, sebbene forse non del tutto meditata, emerge in modo evidente se si analizza la vicenda artistica del pittore dalla sua formazione alla maturità. La sua attenzione per il Giappone si innestava sulla «moda» del Siapponismo che ha affascinato nel corso dell'Ottocento tutta Europa grazie in particolare alla diffusione delle raffinate stampe giapponesi ukiyo-e di artisti quali Utamaro, Hiroshige e Hokusai, che vennero avidamente collezionate da intellettuali, mercanti d'arte e, naturalmente, artisti.
Ma i contatti tra l'arte italiana con l'estremo Oriente saranno nella seconda metà dell'Ottocento più articolati e profondi e tanti artisti italiani compirono viaggi di lavoro, chiamati dai governi locali a portare la loro arte in quelle città. Così Galileo Chini, nel favoloso Siam dove si recò insieme all'architetto torinese Annibale Rigotti, tra il 1911 e il 1914, per partecipare alla fastosa decorazione del Palazzo del Trono a Bangkok. E Salvino Tafanari che con lui aveva già lavorato a Firenze e che qui venne incantato dalla flessuose danzatrici dell'isola di Giava.

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Per informazioni e prenotazioni:
Palazzo Magnani, Corso Garibaldi 29
Biglietteria Tel. 0522 454437
E-mail. info@palazzomagnani.it