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Il teatro per la cura della persona

  • Pubblicato il: 25/08/2017 - 15:18
Autore/i: 
Rubrica: 
CULTURA E WELFARE
Articolo a cura di: 
CS

Nasce a Torino, nell’ambito della Fondazione Teatro Stabile, l’Istituto di Pratiche Teatrali per la Cura della Persona, capitalizzando le esperienze di Gabriele Vacis, Roberto Tarasco, Antonia Spaliviero e il gruppo vasto di collaboratori che li hanno seguiti in questi anni. Dalle varie edizioni di SCHIERA, metodo di allenamento all’attenzione, ai laboratori che sono confluiti nel film La paura siCura, dalle pratiche con i disabili fisici e psichici fino al progetto ideato da Antonia Spaliviero e realizzato con il Ministero della Gioventù, Cerchiamo Bellezza. Regione Piemonte e Compagnia si San Paolo credono nel progetto e lo sostengono. “Oggi c’è molta più gente che fa teatro, che danza, di quanta non vada a vederli teatro e danza”, considera Vacis. “L’inclusione è ormai la poetica di molti tra gli attori, registi, drammaturghi più innovativi. (…) La bellezza genera sempre meno forme e nasce sempre più dall’inclusione, La bellezza nuova nasce dalla comprensione di artisti, educatori, operatori sociali, medici, psicologi… persone”.
Rubrica di ricerca in collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo 
 


L’arte, quella vera, che viene dall’anima, è così importante nella nostra vita perché ci consola, ci solleva, ci orienta, ci cura.
 Noi non siamo solo che mangiamo e l’aria che respiriamo. /Siamo anche le storie che abbiamo sentito, le favole con cui ci hanno addormentato da bambini, i libri che abbiamo letto, la musica che abbiamo ascoltato e le emozioni che un quadro, una scultura, una poesia ci hanno dato
(Tiziano Terzani)
 
 
Il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale sostiene da tempo l’importanza del teatro come opportunità di integrazione, condivisione e coesione ed è proprio in quest’ottica di teatro inclusivo, impegnato ad operare in aree disagiate della società, che ha deciso di accogliere e sviluppare un progetto di Gabriele VacisRoberto Tarasco e Barbara Bonriposi dotandosi, grazie al sostegno della Regione Piemonte e della Compagnia di San Paolo, di una nuova funzione e dando vita all’Istituto di Pratiche Teatrali per la Cura della Persona.

A partire da 2017, infatti, è operativo un nuovo dipartimento all’interno dello Stabile – considerato anche dal MiBACT quale progetto pilota a livello nazionale – che realizza attività, laboratori, seminari, performance e “ambienti” dedicati alla cittadinanza, concentrandosi, in una prima fase, sulle comunità dei migranti presenti nell’area metropolitana di Torino e sul territorio piemontese.
Il Presidente del Teatro Stabile Lamberto Vallarino Gancia e il Direttore Filippo Fonsatti, considerano strategico il contributo del teatro alla creazione di “competenze di cittadinanza”. «Da sempre – scrivono i curatori del progetto – il teatro impiega le proprie tecniche oltre lo spettacolo: lo psicodramma, la musicoterapia, la danza come antidoto alla nostra vita statica, l’animazione nelle periferie più degradate, sono consuetudini diffuse e ormai popolari. Si impiega la narrazione in campo medico e il gioco teatrale nella gestione delle disabilità. Tutte queste pratiche si fondano sulla consapevolezza di sé, degli altri, del tempo e dello spazio, che è alla base del teatro di ogni tempo. Oggi c’è molta più gente che fa teatro, che danza, di quanta non vada a vederli teatro e danza. Grandi registi e grandi attori hanno ispirato queste strade del teatro da più di un secolo. E oggi accade che molti artisti non percepiscano più l’azione sociale come un dovere civile o una benevola elargizione. Il coinvolgimento del cittadino, della persona, nel lavoro artistico è ormai la poetica di molti attori, drammaturghi, registi. Il nostro presente tecnologico produce forme a getto continuo: l’arte non è più solo creazione di forme ma anche inclusione. L’Istituto di Pratiche Teatrali per la Cura della Persona, nasce per comprendere questa articolazione del teatro».

Le attività dell’Istituto sono iniziate nel marzo del 2017 con la partecipazione al Festival dell’Europa Solidale e del Mediterraneo di Settimo Torinese, tre giornate ideate da Abdullahi Ahmed, ex rifugiato somalo ora cittadino italiano. Nel maggio 2017 sono stati realizzati, al Teatro Gobetti di Torino, i primi video-colloqui con migranti e operatori sociali di differenti cooperative e centri d’accoglienza dell’area metropolitana e regionale (Torino, Settimo, Pecetto, Chieri, Cavoretto, Chivasso; i materiali saranno pubblicati nelle prossime settimane sul sito).

Dal 3 al 16 luglio 2017, alle Fonderie Limone di Moncalieri, si è svolto l’Awareness Campus: un percorso rivolto ad attori, attrici, mediatori culturali, animatori, danzatori, assistenti sociali, medici, psicologi, fisioterapisti, formatori, ginnasti, musicisti, cantanti e studenti, mirato al consolidamento di un gruppo per la conduzione di pratiche teatrali per la cura della persona e in particolare per il Progetto Migranti che si svilupperà sul territorio piemontese tra il 2017 e il 2018.

Il metodo di apprendimento applicato si fonda sull’esercizio costante e rigoroso della consapevolezza (awareness) e dell’attenzione, tramite la pratica dell’azione fisica, vocale e della narrazione e sulla pratica della SCHIERA, uno strumento articolato di costruzione della propria presenza e un modo di riflettere sullo spazio e sulle relazioni.  Le giornate di lavoro di luglio sono state  suddivise in diverse attività: momenti di lavoro sul corpo (Di.CO.) insieme a Barbara Bonriposi, alla pratica del canto e voce (DI.VO.) con Domenico Castaldo per arrivare fino al lavoro sulla narrazione (DI.NA.) insieme a Gabriele Vacis, con ospiti tra gli altri Gerardo Guccini (Università di Bologna), Claudio Bernardi (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Domenico Quirico (La Stampa), Suor Giuliana Galli (Mamre Onlus), Fabio Giommi (AIM-Associazione Italiana per la Mindfulness) e Rosario Porrovecchio (Istituto di Psicosomatica e Yoga). Il campus, che ha visto la candidatura di 150 persone provenienti da tutta Italia, tra artisti (attori, danzatori) e professionisti (insegnanti, educatori, mediatori culturali, fisioterapisti e psicologi) è  totalmente gratuito.

Nel settembre 2017 riprenderanno i video-colloqui e gli incontri con diverse associazioni torinesi, a partire dal Centro Polifunzionale C.R.I. “T. Fenoglio” di Settimo Torinese (TO), Mamre Onlus (TO), CasaOz (TO) e AlmaTeatro (TO); e dall’ autunno sarà implementata la mappatura regionale per la realizzazione di laboratori teatrali e video-colloqui in provincia di Cuneo con il Consorzio Compagnia di Iniziative Sociali (Bra – CN), con Hub Terramadre e Slow Food (Bra), a Novara con i Centri d’Accoglienza rivolti a migranti coordinati dalla Fondazione Nuovo Teatro Faraggiana, e in provincia di Alessandria con i Centri d’Accoglienza e le realtà coordinate dal Teatro Sociale di Valenza.

Il 18 dicembre 2017, alle Fonderie Limone di Moncalieri verrà programmato un evento per celebrare la Giornata internazionale per i diritti dei migranti.
Il primo esito spettacolare che nascerà dall’Istituto di Pratiche Teatrali per la Cura della Persona sarà Cuore/Tenebra. Migrazioni tra De Amicis e Conrad con la regia di Gabriele Vacis, prodotto dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale che andrà in scena in prima assoluta dal 22 maggio al 10 giugno 2018 al Teatro Carignano di Torino.
Vi proponiamo una riflessione di Gabriele Vacis per aiutarci a comprendere il contesto e le potenzialità.
 
Nel secolo scorso era di moda un dibattito che contrapponeva il teatro e lo spettacolo. Erano tempi di contrapposizioni: il teatro contro lo spettacolo, l’arte contro il mercato, il processo contro il prodotto… Quello che è accaduto negli ultimi anni è una sorta di “compensazione”.
 Per capirci: la globalizzazione marcia sui McDonald, ma contemporaneamente nasce e cresce SlowFood. Credo che nel teatro stia accadendo qualcosa del genere: i maestri del Novecento hanno fondato pratiche che comprendevano processi e prodotti.
Oggi: da una parte lo spettacolo sta assumendo dimensioni impensabili fino a pochi anni fa. Dall’altra il para-teatro, il teatro sociale, il teatro di comunità e di inclusione, assumono dimensioni forse insperate dagli stessi maestri che li hanno fondati
Le tecnologie permettono uno sviluppo dell’entertainment che coinvolge fisicamente lo spettatore. Mutano radicalmente i tempi e gli spazi dello spettacolo. E’ una bella sfida governare queste esplosioni spettacolari, che non sono più ambienti, ma iper-ambienti. Non più ambientazioni in scala ridotta, ma fenomeni di incremento della scala, realtà aumentata. Tutto molto divertente e appassionante.D’altra parte il teatro, incalzato dalla tecnologia, può finalmente permettersi di abbandonare all’entertainment i suoi caratteri più spettacolari per rivolgersi alla cura della persona.
 Oggi c’è molta più gente che fa teatro, che danza, di quanta non vada a vederli teatro e danza. E’ una buona notizia. 
Ormai è pratica comune l’impiego delle tecniche teatrali per l’integrazione dei disabili, per la narrazione medica, per il recupero delle periferie disagiate. Il lavoro dei più significativi artisti contemporanei non percepisce più l’azione sociale come un dovere ideologico o una caritatevole elargizione. L’inclusione è ormai la poetica di molti tra gli attori, registi, drammaturghi più innovativi.
 Questa realtà comporta un mutamento radicale delle figure stesse dell’attore, del regista e del drammaturgo. Un loro ripensamento profondo. Il grande interprete di culto, l’esclusivo oggetto del lusso popolare, avrà sempre il suo posto nel cuore del grande pubblico, continuerà a parlare ai propri spettatori. Ma già da decenni questo fenomeno riguarda più che altro il cinema, la musica, lo sport…In teatro, gli spettatori, potendo essere sempre più attivi, genereranno, stanno già generando, nuove figure di attori indirizzate all’azione con le persone. Questi attori non parlano agli spettatori, agiscono con interlocutori consapevoli. Lo stesso discorso vale per la drammaturgia. L’accesso alla scrittura attraverso i social network, produce narrazioni finora sconosciute. Naturalmente questo porta con sé un pericolo: se tutti possiamo fare il teatro non servono più gli artisti… Siamo tutti artisti. Non è così. La bellezza genera sempre meno forme e nasce sempre più dall’inclusione, La bellezza nuova nasce dalla comprensione di artisti, educatori, operatori sociali, medici, psicologi… persone. E questo vale sia per il grande entertainment che impiega migliaia di figuranti in scena, sia che parliamo di inclusione sociale e di teatro di comunità. L’attore, il regista, il drammaturgo che serve adesso è una agente della comprensione.”
 

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