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Il miglior collezionismo parla sottovoce

  • Pubblicato il: 15/02/2013 - 09:26
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Laura Lombardi
Piotr Uklanski

Firenze. Al Museo Marino Marini prende il via un nuovo progetto annuale «The Player. Viaggio nelle passioni contemporanee», un’indagine su collezioni private italiane d’arte contemporanea meno conosciute dal grande pubblico. Abbiamo intervistatoAlberto Salvadori, dal 2009 alla direzione del museo che ospita la collezione delle opere di Marino Marini donate al Comune di Firenze.

Perché questo interesse per il collezionismo privato?
Questo ciclo di mostre dialoga con la vocazione di Firenze al collezionismo: una città dove i musei d’arte antica e moderna hanno origine quasi tutti da collezioni private. Lo stesso Leon Battista Alberti, la cui Cappella Rucellai è contigua a questo edificio e alla quale si può ora accedere dal museo stesso, lavorò per mecenati privati. Metaforicamente si può dire che le collezioni private sono un po’ come un «deposito», che esponiamo a rotazione, in mostre tematiche, come si fa nei grandi musei.

Da qui il titolo «The player», lo stesso del film di Robert Altman?
Il titolo fa riferimento al doppio significato che può avere la parola in inglese. «Player» è l’attore ma anche il giocatore, che sintetizza il meccanismo del collezionista. Sandra e Giancarlo Bonollo, i protagonisti di questa edizione, hanno riunito, con raffinatezza, discrezione e intelligenza, opere di artisti di fama internazionale, acquistate al di fuori del circuito delle aste e in anni in cui quei nomi non erano ancora così noti. Per esempio, in mostra si trova uno dei primi lavori di Urs Fischer, o di Giuseppe Gabellone. Nei Bonollo, che conducono un’esistenza molto appartata nei pressi di Vicenza, la passione per l’arte si accompagna a quella per la letteratura e il cinema.

Gabriel Orozco, Simon Starling, Darren Almond, Rineke Dijkstra, Damián Ortega, Sarah Lucas, Stefano Arienti, Tacita Dean, Jeremy Deller, Mona Hatoum, Eliasson, Pawel Althamer, Piotr Uklanski, Keith Edmier & Farrah Fawcett, Marepe: qual è il legame tra i lavori selezionati?
Direi quello del viaggio nel senso più esteso del termine: viaggio come spostamento, ma anche viaggio con la mente, il peregrinare in cerca di qualcosa, per giungere a nuove visioni della realtà. D’altronde la personalità di alcuni di questi artisti è evocata anche dai film che presentiamo, grazie alla ormai consueta collaborazione con «Lo schermo dell’arte film festival».

In tre anni il museo ha acquistato una sua fisionomia nel panorama contemporaneo, producendo progetti con artisti giovani, come la mostra, in corso, di Andrea Kvas, «Campo», a cura di Barbara Casavecchia, per il ciclo «Early one morning», e svolgendo numerose attività collaterali. Da dove provengono i fondi?
La Fondazione Marino Marini di Pistoia, privata, gode di una partecipazione del Comune di Firenze, che si fa carico delle spese dell’esercizio ordinario. A questo si affianca la nostra attività di fundraising, e quest’anno abbiamo dalla Regione Toscana un sostegno di 26.200 euro.

da Il Giornale dell'Arte numero 328, febbraio 2013