Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Il dark side della cultura

  • Pubblicato il: 27/09/2013 - 11:04
Autore/i: 
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Micole Imperiali
David Anderson

Where is the Life we have lost in living?
Where is the wisdom we have lost in knowledge?
Where is the knowledge we have lost in information?
T. S. Eliot

Bologna. «LEM – The Learning Museum», progetto finanziato dal programma europeo «Lifelong Learning» per il triennio 2010-2013, e nato con l’obiettivo di creare un networktra istituzioni museali e culturali dedicate alla formazione e interscambio di figure professionali del settore e loro esperienze, si è chiuso a Bologna il 20 settembre 2013.
La conferenza internazionale bolognese, a cui hanno partecipato più di 120 istituzioni, è stata concepita con l’obiettivo di fare, non solo, il punto della situazione rispetto a quanto analizzato e stabilito durante i tre anni di durata del progetto, ma anche di prevedere future sinergie secondo una precisa continuità d’intenti.
A delineare il quadro finale è stato David Anderson, direttore dei National Museums of Wales, che ha chiuso la conferenza con un intervento incentrato sull’analisi della situazione di crisi corrente che, come si sa, non è solo finanziaria, ma sociale, politica, e anche - in un certo senso - democratica.
Come ha detto Anderson, «la crisi che ha colpito il settore culturale riguarda i fondi nella loro struttura e ripartizione e, in questo senso, la democrazia. Uno studio recente portato avanti da «Arts & Business» - istituzione che analizza la sponsorizzazione dell’arte in UK - ha dimostrato che più dell’80% dei finanziamenti privati destinati all’arte vanno solo a Londra, e in particolare alle istituzioni più ricche come il British Museum o il Southbank Centre, mentre al resto della Gran Bretagna spetta solo il 19%, cosa che comporta la morte di musei locali o regionali più piccoli. Molte istituzioni, inoltre, utilizzano la crisi come scusa per appropriarsi dei fondi destinati alle aree finalizzate all’apprendimento del pubblico, del cui supporto alcuni musei non si sono mai preoccupati».
Quella di Anderson è stata una vera e propria denuncia, riguardo ad un settore come quello culturale del tutto disunito, che necessiterebbe un’azione comune, cooperazione, l’individuazione di una vision autonoma dai tempi decisionali governativi, così come della consapevolezza delle responsabilità che musei e istituzioni hanno verso la società, liberandosi di atteggiamenti equivoci che privilegiano le fasce più abbienti e acculturate della comunità culturale e respingono un accesso alla cultura che sia egualitario. Manca, insomma, un codice etico, un obiettivo prestabilito.
«In pratica – precisa Anderson – non abbiamo storia. E se non abbiamo storia è perchè ci è mancata una leadership. Da un certo punto di vista siamo stati lasciati eticamente e professionalmente senza difese. Ma questa è una colpa anche nostra, siamo arrivati ad un punto al quale non saremmo dovuti arrivare. C’è un dark side per ogni aspetto della vita umana e lo stesso per la cultura: le istituzioni culturali raccontano storie alle persone, ma lo fanno a modo loro. Gli diciamo cos’è importante nella loro vita e nella nostra storia, e cosa non lo è gli mostriamo che noi abbiamo la conoscenza e loro no. Un esempio: la Enlightenment Gallery del British Museum, dove l’ironia sta nella sua ridotta accessibilità; bisogna avere una cultura particolare per capire di cosa tratta».
Il punto principale della questione è che il settore culturale si è trovato ad essere «ossessionato» da concetti quali informazione e conoscenza, perdendo di vista quelli di saggezza, luce.
La Dichiarazione Universale dell’UNESCO definisce la partecipazione alla vita culturale come diritto umano. Non è un caso, conclude Anderson, che la parola usata sia proprio «partecipazione». È fondamentale recuperare il concetto di «servizio pubblico» - il senso dell’essere del museo -, recuperare il supporto della comunità come strumento necessario all’evoluzione delle strutture culturali, fare del pubblico un partner fondamentale nella definizione dei servizi adibiti alla cultura e loro funzionalità, guardare al passato per usufruire di preziosi esempi del ben fare troppo velocemente dimenticati.
Dobbiamo trovare una storia, e da lì ripartire.
© Riproduzione riservata