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Il corpo della madre

  • Pubblicato il: 14/02/2016 - 10:20
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di: 
Chiara Tinonin

Come l’arte e la cultura portano ben-essere e salute, partendo dalla gravidanza
 
 
Roma. Quando nel 2000 l’artista Sandra Matthews e Laura Wexler, docente in Women’s, Gender, and Sexuality Studies a Yale, pubblicarono il libro «Pregnant Pictures» (Routledge, 2000)[1], resero la gravidanza un particolare genere visivo, un soggetto di indagine estetica.
Quel libro, una vera e propria enciclopedia fotografica costruita attraverso un lavoro attentissimo su una pluralità di fonti – manuali medici, editoria specialistica sul parto, immagini pubblicitarie di prodotti e servizi dedicati alle donne in gravidanza e archivi fotografici di famiglia – diventò immediatamente uno strumento per scardinare i tabù legati al corpo trasformato della donna incinta.
Fino ad allora, negli Stati Uniti come in Europa, la rappresentazione del corpo della donna in gravidanza costituiva motivo di «ansia culturale», nelle parole delle autrici, e la cultura visiva mass-mediatica offriva pochissimi spunti alla donna incinta per riflettere su se stessa come individuo, un individuo che, al pari di tutti gli altri, costruisce il proprio senso identitario anche grazie alle rappresentazioni di sé proposte dalla società.
Del resto solo dieci anni prima, nel 1991, lo scatto di Annie Liebovitz a Demi Moore in avanzato stato di gravidanza aveva fortemente spaccato l’opinione pubblica americana sull’opportunità di concedere al pubblico un fatto così intimo, forse il più privato di tutti.
Tracciando una narrazione storica delle evoluzioni sociali attraverso la rappresentazione della gravidanza, «Pregnant Pictures» ispirò un’interruzione, un’inversione di tendenza, e aprì la strada a ricerche visive che hanno via via costituito un interessantissimo campo di studi, oggi in costante espansione.
 
In Italia, un esempio particolare è il progetto «Partorire con l’Arte ovvero l’Arte di Partorire»[2] (al Museo MACRO di Roma tutti i martedì fino al 1 marzo 2016) che invita artisti, medici ed esperti di varie discipline a confrontarsi sui molteplici aspetti della gravidanza[3] a partire da un’indagine iconografica sulla rappresentazione della maternità, nell’arte antica come in quella contemporanea.
Nato nel 2014 da un’idea del ginecologo e collezionista Antonino Martino e dalla psicologa dell’arte Miriam Mirolla, il progetto si fonda su un approccio poietico della donna incinta a cui è offerta un’esperienza di apprendimento attraverso l’arte, la cultura e il sapere specialistico, come in un vero e proprio corso pre-parto, al fine di migliorare il suo benessere psicofisico e quello del bambino.
Le immagini guida dell’edizione in corso al Museo MACRO di Roma (il progetto è già stato realizzato al MAXXI, al MADRE di Napoli e alle Gallerie d’Italia a Milano) sono quattro: Madonna di Foligno (1511) di Raffaello, Madonna col Bambino (1522-24) di Michelangelo, Madonna col Bambino (1610) di Artemisia Gentileschi e Intellettuale (1975) di Fabio Mauri, che rovescia il rapporto corporale madre-figlio fotografando Pier Paolo Pasolini sul cui ventre è proiettato il ritratto della madre tratto da un fotogramma del film «Il Vangelo secondo Matteo».
A leggere queste opere, fornendo alle donne incinte spunti di riflessione multidisciplinari, intervengono artisti come Luigi Ontani, Pietro Ruffo, Paola Gandolfi; storici dell’arte tra cui Claudio Strinati, Francesco Buranelli e Vittorio Sgarbi; il sociologo Domenico De Masi, psicoanalisti del calibro di Domenico Arturo Nesci e Muriel Drazien; medici ginecologi, genetisti e rappresentanti di diverse istituzioni culturali pubbliche e private del paese.
Gli studi sulla comunicazione tra madre e feto, approfonditi fin dagli anni ’50 da una letteratura di derivazione psicoanalitica, dimostrano infatti che non solo le condizioni fisiche, ma anche le emozioni materne hanno un effetto sullo sviluppo del bambino e se la gravidanza costituisce un momento di grande complessità per la donna – di trasformazione del corpo, dell’identità e dello status sociale – la gestione positiva di queste emozioni attraverso i processi di apprendimento attraverso l’arte può produrre enormi benefici al nascituro.
«L’esperienza intrauterina modula lo sviluppo del feto e influisce sull’efficienza cognitiva, l’equilibrio psicosomatico e sulla personalità del futuro individuo» scrive l’esperta Anna Maria Della Vedova, e precisa: «oggi sappiamo che, ancor prima di vedere la luce, il bambino impara a riconoscere l’odore della madre, i sapori della sua dieta, il battito del suo cuore, la sua voce e i rumori dell’ambiente famigliare tra cui la voce del proprio padre. Non bisogna però dimenticare che la prima nascita del bambino non è nel corpo materno ma nella mente dei genitori. Le fantasie, le emozioni, i progetti e i desideri… danno forma al bambino immaginato costituendo un’impronta precoce e indelebile che segnerà il suo futuro sviluppo. Anche l’arte, attraverso volti materni e paterni, ci riporta alla profondità delle dinamiche psichiche, turbamenti ed emozioni della genitorialità»[4].
 
Ai linguaggi dell’arte come «potente risorsa per il benessere, rigenerazione e potenziamento creativo per tutti gli esseri umani, a partire dai primi anni di vita, determinanti nello sviluppo della personalità, delle competenze psicomotorie e relazionali…» guarda anche  la Fondazione Medicina a Misura di Donna[5], istituita nel 2009 e ospitata all’interno del Dipartimento di Discipline Ginecologiche e Ostetriche dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, con lo scopo di ripensare la sanità a partire dallo sguardo e dai bisogni delle donne, di umanizzare gli spazi ospedalieri e supportare la ricerca scientifica e tecnologica con un approccio aperto alle medical humanities.
Tra i molti progetti di ricerca azione in corso sulla relazione tra Cultura e Ben-essere spicca «Nati con la Cultura»[6], un programma di distribuzione di un passaporto culturale ai neonati dell’Ospedale Sant’Anna, grazie al quale ognuno degli 8mila bambini nati annualmente nell’ospedale torinese può accedere gratuitamente al Museo di Palazzo Madama, insieme ai suoi genitori, per l’intero primo anno di vita. Dopo la fase pilota, il progetto è in corso di estensione. Attivo al Castello di Rivoli, dall’11 marzo, con un progetto di rete verrà varato a Pavia,  con il coinvolgimento di aziende ospedaliere e istituzioni culturali e museali. Luoghi in cui il dibattito sulla trasformazione della maternità e della paternità, oggi così centrale nell’agenda del nostro paese, potrà forse essere ripensato, riformulato, innovato.
 
© Riproduzione riservata
 
 
Foto: Annie Leibovitz, Demi Moore, Copertina di Vanity Fair, Agosto 1991
 
 

[1] http://www.amazon.com/Pregnant-Pictures-Sandra-Matthews/dp/0415921201

[2] http://lartedipartorire.it/

[3] Il progetto si articola in sei incontri: Psiche, la vergine e l’autopercezione (primo trimestre di gravidanza); Il mistero dell’attesa e la consapevolezza del cambiamento (monitoraggio della gravidanza); La bellezza dello stato interessante (wellness della gravidanza); Origine e iconografia della nascita (la performance del parto); Diventare madre (il neonato e la nuova vita); La cultura fa bene alla salute (La madre e l’artista: genesi di un’opera d’arte – Nati con la cultura)

[4] Della Vedova, La comunicazione gestante-feto, Franco Angeli, 2006

[5] http://www.medicinamisuradidonna.it/

[6] http://www.naticonlacultura.it/