Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Il colore dei soldi

  • Pubblicato il: 16/09/2011 - 08:22
Autore/i: 
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Laura Lombardi
Ludwig von Langenmantel

Firenze. Il taglio critico della mostra «Denaro e bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità», organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi dal 17 settembre al 22 gennaio, è frutto del confronto di opinioni tra una storica dell’arte, Ludovica Sebregondi (autrice di Iconografia di Girolamo Savonarola 1495-1998) e uno scrittore, Tim Parks (autore di La fortuna dei Medici).
Firenze è il luogo che meglio ha dimostrato come la duplicità denaro-bellezza possa esistere perché, sottolinea la Sebregondi, «proprio nel suo fervore si sono sviluppati in parallelo il moderno sistema bancario e il Rinascimento». Infatti, mentre il denaro aveva una connotazione negativa in ambito cattolico e luterano, la rappresentazione della ricchezza che si accompagna alla bellezza è un perfetto escamotage per affrancare il denaro dalla volgarità del peccato. A Firenze tutto questo porta a uno splendore culminante nell’ascesa della dinastia medicea, in origine carbonai nel Mugello, poi commercianti e infine banchieri: e fu proprio Lorenzo il Magnifico a invitare a Firenze il frate domenicano Girolamo Savonarola, che divenne il suo principale oppositore, impietoso anche contro la corruzione ecclesiastica. Nei famosi roghi voluti dal frate nel 1498 bruciarono, tra libri e opere d’arte, tanti simboli di quella ricchezza, finché Savonarola non venne arso pochi mesi dopo nella stessa piazza.
La prima sezione della mostra («Il fiorino, immagine di Firenze nel mondo») si apre con due oggetti emblematici: il fiorino, il cui primo conio risale al 1253, moneta d’oro puro su cui era impressa l’effigie di san Giovanni Battista, e la monumentale «Incoronazione della Vergine», dipinta nel 1372-73 da Jacopo di Cione (fratello dell’Orcagna), con Niccolò di Tommaso e Simone di Lapo, e destinata alla residenza dei Signori della Moneta, dove i banchieri portavano dal 1237 il loro denaro (è nota infatti come «Incoronazione della Zecca») e qui restò fino al 1863. La pala riassume quella volontà di conciliare tramite l’arte il conflitto tra il denaro e il regno dell’invisibile fondendo destinazione civica con significato devozionale e politico: all’incoronazione assistono infatti i santi protettori della città e sotto vi sono gli stemmi delle corporazioni. L’opera è stata restaurata da Lucia Biondi sotto la direzione di Daniela Parenti della Galleria dell’Accademia (dove è conservata): nell’Ottocento le gravi abrasioni prodotte da un drastico restauro erano state occultate da pesanti stesure di colle che neppure l’ultimo intervento, nel 1962, aveva asportato. Ora il dipinto, che ha riacquistato luminosità e morbidezza di modellato, colpisce per la raffinatezza di esecuzione, dove il colore in molti punti è applicato direttamente sulla foglia d’oro e poi graffito per ottenere una ricca decorazione.
Anche le sale successive della mostra seguono un filo tematico, illustrato da opere di Beato Angelico, Memling, Orcagna, Botticini, Lorenzo di Credi, Jan Provoost e altri, oltre che da carte, lettere, ricami eccetera.
Nella sezione conclusiva, quella sulla «Crisi» (ovvero la cacciata dei Medici da parte di Savonarola) opere di Botticelli, tra cui la «Calunnia», ne testimoniano il passaggio, con riverberi sullo stile, da artista mediceo a seguace del frate domenicano; qui figura anche l’imponente dipinto di Ludwig von Langenmantel «Savonarola predica contro il lusso e prepara il rogo delle vanità» del 1881 (catalogo Giunti).

© Riproduzione riservata
da Il Giornale dell'Arte, settembre 2011