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Cronaca di un disastro scampato. Il MaGa ricorda l’incendio di 4 anni fa e il rischio di una collezione in fumo

  • Pubblicato il: 15/09/2017 - 09:30
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Benedetta Bodo di Albaretto

L’incendio divampato il 14 febbraio 2013 al MaGa, la nuova sede della Galleria d’Arte Moderna di Gallarate inaugurata nel 2010, ha visto la movimentazione di emergenza della collezione per evitare danni irrecuperabili alle opere. Dal 2015 è in atto una campagna di manutenzione e restauro dei lavori coinvolti nell’incidente, la cui organizzazione mostra un valido esempio di gestione pratica di un evento straordinario
 


 
Il 14 febbraio di quattro anni fa il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Gallarate – più famoso al pubblico come il MaGa – è stato gravemente danneggiato da un incendio divampato sul tetto dell’edificio proprio mentre erano in corso alcuni lavori di manutenzione. Un incidente in seguito ricollegato all’utilizzo improprio di una fiamma ossidrica da parte di due operai dell’impresa edile, impiegata per sciogliere il ghiaccio sul tetto senza tenere conto del rivestimento - una guaina infiammabile - a causa del quale l’incendio si è propagato in brevissimo tempo ed ha bruciato per diverse ore.
 
Fortunatamente l’incidente non ha provocato feriti tra lo staff della Fondazione Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Silvio Zanella, dal 2009 responsabile del MaGa e delle sue collezioni, né si sono perdute opere della suddetta a causa delle fiamme, anche grazie all’intervento tempestivo dei vigili del fuoco e dei custodi del museo. La dottoressa Giulia Formenti, conservatrice responsabile delle collezioni, ricorda quei momenti con precisione «Sono stati i vigili del fuoco ad evacuare le opere dalle sale espositive, sia il nucleo della collezione permanente sia quelle in prestito per l’esposizione temporanea degli artisti Omar Galliani e Alessandro Busci. In quel momento erano presenti diverse opere esposte al primo piano e al secondo piano del museo, ovvero quello più vicino al tetto e dunque più a rischio.»
 
Durante l’arco di tutto quel lungo pomeriggio e fino a sera non solo i vigili del fuoco, ma anche il personale del MaGa ed alcuni volontari hanno lavorato in parallelo per spegnere l’incendio e per mettere in sicurezza le opere, a cominciare dunque da quelle esposte all’ultimo piano del museo e poi via via le altre allocate in zone più sicure dell’edificio. «Si è formata una sorta di catena umana sulla scala antincendio: i vigili del fuoco hanno consegnato a noi del personale le opere da mettere in salvo, che a nostra volta le abbiamo trasportate all’esterno del museo ed in seguito, dato il numero consistente, abbiamo iniziato a ricoverarle nei depositi organizzati negli spazi della vecchia Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Gallarate, già dotata di sistemi d’allarme.» Una staffetta straordinaria, organizzata per portare in salvo le opere prima che non solo le fiamme, ma anche l’acqua, il fumo e il calore potessero provocare danni irreparabili alla collezione del MaGa, famosa per i capolavori di artisti nazionali realizzati tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta, per le declinazioni della pittura informale e le ricerche spazialiste, e per gli sviluppi dell’arte dagli anni Settanta ai giorni nostri. Molti i nomi prestigiosi in collezione, da Giorgio Morandi, Carlo Carrà, Mario Sironi e Renato Guttuso, ai contemporanei Loris Cecchini, Adrian Paci, Alis/ Filliol, Diego Marcon, Riccardo Arena, Luigi Presicce.
 
A livello logistico, l’impegno del personale sul momento è stato quello di verificare i numeri di inventario delle opere, per essere certi di aver messo in salvo tutti i lavori esposti prima di caricarli sulle proprie automobili per portarli in deposito. «Abbiamo portato in salvo tutto ciò che era possibile movimentare in una situazione di emergenza, ad eccezione di una scultura in cemento armato di Vittorio TavernariDonna che si spoglia, 1965 - e di alcune opere collocate all’interno dei pannelli estraibili incassati a muro, che i vigili del fuoco non avevano visto».
 
La dottoressa Formenti e il personale del museo si sono quindi messi al lavoro a cominciare dal giorno successivo l’incendio per catalogare e verificare le condizioni conservative delle opere «Il lavoro di verifica ha richiesto tempo e la partecipazione della Soprintendenza, oltre che di restauratori specializzati o di fiducia per conto di alcuni artisti. In accordo con le parti ci siamo affidati al Centro di restauro di Paola Zanolini e Ida Ravenna di Milano, con cui abbiamo concordato quattro fasi di restauro, per un totale di quarantanove opere su cui intervenire».
 
Se si considera che solo alcuni pezzi della vasta raccolta erano organizzati in mostra permanente al MaGa, e che la totalità della collezione conta in realtà oltre 6.000 opere tra quelle esposte in Museo e quelle conservate nei depositi, si tratta comunque di un nucleo ristretto di dipinti, sculture e disegni su cui è stato necessario intervenire. Oltretutto, la dottoressa Formenti ha precisato che «le opere non hanno subito danni ingenti, perché il protocollo di sicurezza ha funzionato bene e siamo riusciti a lavorare velocemente, evitando che le fiamme oppure l’acqua impiegata per spegnerle danneggiassero le opere. I problemi maggiori li abbiamo avuti con la fuliggine – perché chiaramente nonostante i guanti i segni delle movimentazioni, le ditate, si sono impressi sul retro delle opere e sulle tele non protette da vetro e cornice – e con le opere che erano state allestite a muro mediante ancoraggi che prevedevano avvitamenti. In questi casi lo stacco dal muro è stato più invasivo, inevitabilmente. Penso ad una tela di Francesco Bordoni, che era incorniciata e dotata di vetro protettivo, per cui abbiamo dovuto rompere il telaio e la tela si è strappata: non c’era modo e tempo di staccarla da muro utilizzando l’avvitatore. Oppure l’opera estroflessa Grigio di Agostino Bonalumi, un monocromo senza cornice del 1967 che in queste condizioni è risultato ancor più delicato da movimentare - poichè per sua natura la tela è più esposta a distacchi di colore – e che non è stato possibile mettere in sicurezza in quest’occasione, su cui è stato necessario intervenire in seguito. In generale però il lavoro di restauro si è concentrato su puliture e piccoli consolidamenti di colore e materiali».
 
Il piano di emergenza del Museo ha dunque funzionato bene, ed il lavoro di squadra ancora meglio «Dopo aver sgomberato i locali e dopo l’arrivo dei vigili del fuoco, il salvataggio delle opere si è messo in atto da sé: hanno collaborato tutti gli operatori del MaGa, molte persone. Siamo stati anche fortunati, perché nel caso della scultura in cemento di Tavernari, che si trovava all’interno di una teca di vetro, il giorno dopo l’incendio l’abbiamo trovata sepolta dalle macerie ma intatta, non solo lei ma anche la teca. Una cosa incredibile».
 
Un episodio drammatico che non ha interrotto l’attività del MaGa, ma ha di certo portato nuove consapevolezze a livello gestionale «Da quel giorno è cambiato tutto, dal punto di vista logistico e soprattutto da quello progettuale. Nessun corso e nessun master di museologia insegna che cosa accade e come deve comportarsi un direttore dopo un momento tragico come quello» il commento di Emma Zanella, direttrice del MaGa, che per volontà della Fondazione Silvio Zanella ha provveduto ad organizzare l’esposizione di parte della collezione in due prestigiose sedi temporanee - la Triennale di Milano e Villa Reale di Monza – per evitare che il pubblico rimanesse penalizzato dall’accaduto.
 
La nuova sede museale ha infatti riaperto al pubblico dopo due anni di lavori, il 19 aprile 2015, ed in occasione della ripresa delle attività la presidente in carica dal dicembre 2016, Sandrina Bandera, e il consiglio della Fondazione Zanella hanno potuto ricollocare all’interno della collezione le quarantanove opere danneggiate dall’incidente, pronte a sostenere la ripresa dell’attività espositiva.
 
 
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