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Count down. L’Egitto sta per spalancare le porte

  • Pubblicato il: 16/02/2015 - 16:16
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OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Catterina Seia

Torino. Una grande clessidra in piazza San Carlo scandisce, granello dopo granello, lo scorrere del tempo dell’attesa per la rivelazione di un nuovo tesoro che emergerà dalla sabbia: venerdì si è rivelata la testa di Iside che ha catturato un’esplosione di scatti. E’ la nuova compagna di comunicazione dell’Egizio voluta dalla Compagnia di San Paolo. Il museo che si trova in una fase molto importante della sua storia, al completamento di una grandiosa e stupefacente opera di ristrutturazione e ampliamento e dà appuntamento al 1° aprile 2015 per la grande inaugurazione.
Ne parliamo con Dario Disegni, già Responsabile dell’Area Arte e Cultura della Compagnia di San Paolo, su designazione della quale siede nel CdA della Fondazione Museo delle Antichità Egizie, realtà della quale ha seguito la genesi dalla costituzione, dall’impianto di governance.
 
 
 
La Fondazione Museo delle Antichità Egizie, apripista nei modelli di gestione partecipati di un bene statale. Un formula di governo efficace che, sorprendentemente, non ha avuto repliche in altri contesti. Perché è rimasto un unicum?
La collaborazione tra il pubblico, rappresentato da MiBACT, Regione Piemonte, Città di Torino e Provincia di Torino, e il privato, rappresentato dalle due fondazioni di origine bancaria torinesi, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT, nella governance della Fondazione creata per la gestione del Museo Egizio ha costituito un modello innovativo, non a caso nato a Torino. La tipologia delle Fondazioni partecipate dal pubblico e dal privato per la gestione di Musei dello Stato venne infatti introdotta all’interno del Codice dei Beni Culturali dall’allora Ministro Giuliano Urbani, proprio con riferimento a quella straordinaria sinergia di risorse progettuali ed economiche venutasi a realizzare nel capoluogo piemontese in occasione del progetto di riallestimento dell’Egizio e, più in generale, del recupero del centro storico della città.
Questo modello, che ha prodotto risultati estremamente positivi, è purtroppo rimasto un unicum nel contesto nazionale, per l’oggettiva difficoltà di ritrovare in altre realtà territoriali situazioni analoghe a quelle determinatesi a Torino, con la presenza di ben due Fondazioni di origine bancaria, tra le più grandi del Paese, e con la costituzione di una vera e propria «cabina di regia” tra Fondazioni, Enti Locali e Ministero per affrontare le grandi sfide della valorizzazione del patrimonio culturale del territorio.
La creazione della Fondazione Museo delle Antichità Egizie ha rappresentato la conditio sine qua non per realizzare uno straordinario progetto di riallestimento del Museo su uno spazio raddoppiato rispetto al precedente, grazie alla progettualità strategica e agli ingenti fondi stanziati dai Fondatori.
 
 
 
Risorse economiche considerevoli.

Certamente, lo stanziamento complessivo ammonta a ben 50 milioni di euro, di cui 25 messi a disposizione dalla Compagnia di San Paolo e il restante 50% da Fondazione CRT ed Enti Locali.
 
 
 
Le fondazioni di origine bancaria hanno avuto un ruolo che supera il mero finanziamento.
Le fondazioni di origine bancaria, prima ancora delle pur importantissime risorse economiche, hanno apportato in questa operazione, come in tutte le iniziative strategiche che sono solite promuovere, risorse progettuali e competenze. Per la Compagnia, in particolare, il Museo Egizio ha rappresentato fin dagli Anni Novanta (o dagli Anni Ottanta, se consideriamo anche gli interventi dell’allora Fondazione San Paolo) uno dei progetti strategici all'interno di un disegno sistemico, incentrato sul recupero e la valorizzazione del cosiddetto «distretto centrale dei musei torinesi”. La Compagnia ha promosso innanzitutto analisi conoscitive, studi di fattibilità, masterplan, che hanno rappresentato la base per un confronto con gli attori istituzionali sui grandi interventi da porre in essere. Interventi che si sono poi realizzati attraverso quello straordinario «gioco di squadra” tra Ministero, Enti Locali e Fondazioni, che ha consentito di realizzare una vera e propria trasformazione della città da grigia metropoli industriale a grande capitale culturale, capace di migliorare sensibilmente la qualità di vita dei residenti, nonché di attrarre un turismo qualificato dall’Italia e dall’estero.
 
 
 
Un progetto pluriennale in un orizzonte temporale ventennale.

Nel caso dell’Egizio la Compagnia si è proposta come catalizzatore del vasto dibattito sviluppatosi in città sulla sede del Museo, che necessitava di spazi molto più ampi per un complessivo riallestimento delle collezioni, da tutti ritenuto non procrastinabile. Diverse le proposte allora avanzate da più parti: dal mantenimento del Museo nella sua sede storica, da ampliare, al trasferimento nella Reggia della Venaria Reale, appena ristrutturata e in cerca di una sua vocazione, ovvero nel Palazzo del Lavoro di Pierluigi Nervi nell’area di Italia 61, ovvero ancora nella stazione di Porta Nuova, che avrebbe dovuto perdere il suo ruolo di principale scalo ferroviario della città.
Oltre a uno studio di fattibilità sulle ipotesi alternative di collocazione, in particolare considerando quelle della sede storica nel Collegio dei Nobili e della Reggia di Venaria, la Compagnia promosse un incontro internazionale sul futuro del Museo, chiamando a discuterne i direttori dei principali Musei egizi del mondo (o dei Dipartimenti di antichità egizie all’interno dei grandi Musei). Le conclusioni dello studio di fattibilità, che indicavano con chiarezza l’opzione del Collegio dei Nobili come quella ottimale, ricevettero una significativa conferma e validazione da quel Seminario di studi, che ribadì nelle sue conclusioni la convinzione degli autorevoli esperti convenuti che l’Egizio dovesse essere rimanere nel centro storico della città, all’interno del Palazzo che l’aveva ospitato fin dal 1824.
 
 
 
La Compagnia ha avuto una funzione propositiva?
Molto significativa. Una volta condivisa da parte del Ministero, con l’assenso degli Enti Locali, la scelta motivata posta sul tavolo dalla Compagnia, il passo successivo è stato rappresentato dal progetto, strettamente connesso, di trasferire la Galleria Sabauda, che condivideva il Palazzo del Collegio dei Nobili con l’Egizio, in una sede propria, individuata nella «Manica Nuova” di Palazzo Reale, fino a quel momento adibita a sede di uffici della Regione Piemonte.
Scelta importante per consentire l’ampliamento dell’Egizio, ma non meno essenziale per la Sabauda, straordinaria pinacoteca di livello internazionale, che soffriva della coabitazione con il più famoso Museo ospitato nel medesimo edificio, raggiungendo a stento 40mila visitatori all’anno.
 
 
 
40mila visitatori. Marginali per essere una pinacoteca assolutamente straordinaria.
Assolutamente. Del resto, i turisti, sfiniti dall’impegnativa visita all’Egizio, non avevano più tempo e desiderio di visitare anche la Sabauda, mentre va anche detto che non molti torinesi conoscevano e frequentavano la Galleria.
Oggi, dopo il complesso lavoro di ristrutturazione della Manica Nuova (anch’esso sostenuto economicamente per il 50% dalla Compagnia), che ha permesso di adibire a destinazione museale anche questo edificio, la Galleria si è felicemente insediata nei nuovi splendidi spazi a essa dedicati, registrando fin da subito un’affluenza di visitatori decisamente superiore al passato, che induce a ottimistiche aspettative per il futuro.
Il trasferimento della Sabauda ha così dato il via al grande cantiere dell’Egizio, che, recuperando i due piani superiori del Collegio dei Nobili e con due nuovi piani ipogei, raddoppia gli spazi a sua disposizione.
 
 
 
Un cantiere complesso, con tutte le incognite di un intervento nel centro storico, lavorando a livello ipogeo.
Infatti in un cantiere di questa complessità e dimensione alcuni problemi sono inevitabilmente emersi, ma sono stati tutti affrontati e risolti con grande abilità e tempismo. Il rispetto rigoroso dei tempi e dei costi ha rappresentato, del resto, l’impegno ferreo assunto dall’attuale Consiglio fin dal suo insediamento nell’autunno 2012 e garantito dallo straordinario impegno della Presidente Evelina Christillin, che svolge con grande autorevolezza e rigore un ruolo di vero e proprio supervisor del cantiere, con la collaborazione di un RUP, Andrea Conci, dotato di elevata professionalità.
Il complesso lavoro di riallestimento scientifico è invece diretto, in modo veramente ammirevole, dal nuovo giovane direttore, Christian Greco, 39 anni, che ha vinto, esattamente un anno fa, un bando internazionale, al quale hanno partecipato ben 101 candidati.
 
 
 
Un giovane italiano che da 17 anni lavorava in Olanda, a Leiden, dove ha costruito la sua carriera ed è arrivato a dirigere la quinta collezione egizia del mondo…
La sua effettivamente è una bellissima, e rara, storia del rientro di un «cervello in fuga» che, dopo una brillante laurea in lettere antiche a Pavia, si trasferisce a Leiden, in Olanda, dove consegue una seconda laurea e inizia la sua attività lavorativa, che lo porterà, dopo aver insegnato greco (in olandese) nei licei classici, e dopo aver nel frattempo conseguito anche un dottorato in egittologia alla Normale di Pisa, alla direzione della collezione egizia della Fondazione del Museo di Antichità di Leiden, all’incarico di docente di archeologia funeraria egizia nell’Università di quella città e alla co-direzione della missione archeologica olandese a Saqqara!
Un curriculum ineccepibile, al quale si è accompagnata una visione strategica del futuro del Museo Egizio di Torino e un entusiasmo che hanno letteralmente affascinato i membri della Commissione selezionatrice, di cui ho avuto il privilegio di far parte, insieme al Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione, alla Soprintendente per i Beni Archeologici del Piemonte e a uno dei più autorevoli manager culturali del nostro Paese.
Da un anno a questa parte, con il suo arrivo, oltre all’impegno gigantesco per il riallestimento, ha saputo rendere il Museo un centro vivo di cultura e di ricerca, organizzando, tra l’altro, periodiche conferenze di insigni egittologi italiani e stranieri, che stanno incontrando uno straordinario successo.
Il suo valore e le sue grandi capacità sono state, del resto, riconosciute dal Ministro Franceschini, che lo ha nominato, a pochi mesi dal suo arrivo a Torino, membro del Comitato Tecnico-Scientifico del MiBACT per i Beni Archeologici.
 
 
 
Quale budget ha il Museo Egizio?
Il totale di bilancio della Fondazione nel 2013 (ultimo dato ufficiale disponibile) è stato di circa 3,7 milioni di euro, con una copertura dei costi da autofinanziamento dall’attività ordinaria che ha superato l’80%, nonostante un prezzo del biglietto di ingresso, fino all’inaugurazione del nuovo allestimento, molto inferiore a quello di tutti gli altri grandi Musei torinesi. Una percentuale straordinaria, che colloca l’Egizio in testa alla classifica dei Musei italiani su questo terreno.
 
 
 
Ha toccato i 600.000 visitatori?   
Ci siamo andati vicini. Il numero dei visitatori nel 2014 è stato di 567.688, sfiorando i risultati record dell’anno del 150° anniversario dell’unità d’Italia (2011) e dell’Ostensione della Sindone (2010) e superando di quasi 40.000 persone il dato dell’anno delle Olimpiadi invernali (2006). Un risultato tanto più straordinario se si considera che il Museo era coinvolto in un grande cantiere e che solo una parte (mostra degli highlights nell’ipogeo, statuario e tomba di Kha) era visitabile. La decisione del Consiglio era stata comunque di non chiudere, nonostante il cantiere, il Museo, principale attrattiva culturale per i visitatori che giungono a Torino, neppure per un giorno!
 
 
 
Nel nuovo Museo ci saranno anche mostre temporanee?
Sì, questo è l’obiettivo: ora i nuovi spazi consentiranno di avere anche sale a ciò destinate. Dal 2016 si prevede di avere una o due mostre all'anno, con l’obiettivo di far tornare più volte nel Museo i visitatori, a cominciare dai torinesi.
 
 
 
Riprenderanno gli scavi?
Sì, anche questa è una buona notizia: il Museo è un Ente di ricerca e l’attività di ricerca in campo egittologico è strettamente collegata con le campagne di scavo in Egitto, che riprenderanno, insieme alla missione olandese a Saqqara, nel mese di maggio, appena inaugurato il nuovo Museo.
 
 
 
La vostra attività è collegata con il torinese Centro Scavi e con il MAO, il Museo di Arti orientali della città?
Si sta cercando naturalmente di fare rete con tutte le istituzioni torinesi coinvolte in questo campo: siamo in una fase molto attiva di consolidamento di relazioni istituzionali e di reti a livello locale, nazionale e internazionale.
 
 
 
Le posso confessare il mio grande sogno? Un ruolo politico per i musei.

Che i musei, favorendo la comprensione della storia, siano fonte d'interpretazione delle complessità del presente, di conoscenza e rispetto di culture altre, di mediazione culturale, un contributo alla creazione di una società inclusiva. Se non ora quando? Viviamo da spettatori il pieno mutamento degli equilibri geopolitici, nell’Oriente, nell'Africa sub-sahariana, nelle moltitudini migranti.
Sottoscrivo al 100%. Le collezioni museali, così come tutte le testimonianze sulle civiltà extraeuropee, devono essere valorizzate per far conoscere culture che sembrano lontane, ma che in realtà oggi sono vicinissime, e per sviluppare relazioni improntate al reciproco rispetto e al dialogo, necessarie per poter costruire un futuro di pace e di cooperazione internazionale.
 
 
 
Torino può esercitare un ruolo di grande peso per una convergenza di visioni, unite anche alla grande vocazione di laboratorio sociale, di integrazione di culture.
Sì, Torino può essere una città-laboratorio anche in questo campo, così come in passato lo è stata in molti altri. E i Musei come l’Egizio possono dare un contributo essenziale in questa direzione.
 
 
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